Old Subbuteo Genova

MUNDIAL!, L'Epopea di un SOGNO

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view post Posted on 6/6/2017, 13:27
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La Nazionale di calcio dell'Inghilterra, insieme a quella scozzese, è la più antica del mondo.
Ha conquistato un Campionato del Mondo nell'edizione del 1966 giocata in casa.
Per quanto riguarda i risultati ai Campionati Europei, gli unici piazzamenti di rilievo sono il Terzo posto nell'edizione del 1968 e la Semifinale nell'edizione casalinga del 1996.
Quella inglese è l'unica Nazionale, tra le vincitrici della Coppa del Mondo, a non aver mai conquistato l'alloro continentale.
Il primo incontro internazionale che gli annali del calcio registrarono fu disputato fra le due compagini britanniche all'Hamilton Crescent di Glasgow il 30 novembre 1872 e terminò con un pareggio a reti inviolate.

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Da allora la nazionale albionica ha disputato oltre 800 partite internazionali contro squadre nazionali di tutto il mondo, anche se i primi confronti avvennero quasi esclusivamente all'interno delle isole britanniche sia come amichevoli, sia nell'ambito del cosiddetto Torneo Interbritannico (British Home Championship).
Nelle prime edizioni delle Olimpiadi presero parte rappresentative del Regno Unito variamente composte.
Queste rappresentative vinsero la medaglia d’oro nel 1900, 1908 e nel 1912.
Nel 1900, il calcio era al suo esordio olimpico assoluto, venne disputato un torneo dimostrativo al quale parteciparono sole tre squadre; trionfò la squadra dilettantistica l'Upton Park F.C che, ovviamente, rappresentò il Regno Unito.
Nel 1908 venne disputato il primo torneo Olimpico di calcio ufficiale, in questo torneo e in quello del 1912, il Regno Unito venne rappresentato dalla propria nazionale, questo permise al suo commissario tecnico di raccogliere giocatori dilettanti delle quattro federazioni.
Nonostante ciò, non è del tutto veritiero quello che si riporta da più parti, cioè che gli inglesi si arrogassero il ruolo di inventori del calcio e, di conseguenza, non intendessero mescolarsi alle altre nazionali.
La Federcalcio inglese entrò infatti a far parte della FIFA nei primissimi anni di vita della federazione internazionale (1906), ma ne uscì nel 1928 a causa di una serie di divergenze con i vertici (soprattutto francesi) dell'associazione.
Tra i motivi d'attrito vi era l'idea da parte della FIFA, e di Jules Rimet in particolare, di organizzare un proprio campionato Mondiale di calcio alternativo al torneo Olimpico: questo fatto avrebbe oscurato l'Home Championship e, soprattutto, messo in crisi il sistema delle amichevoli di lusso gestito in proprio dalla potente Federazione Inglese.
Inoltre, vi erano differenze di vedute sull'introduzione del professionismo nel calcio, evento già consumatosi da tempo nelle isole britanniche, ma visto ancora con sospetto da parte della dirigenza mondiale, che condivideva una visione “decoubertiniana” dello sport.
In conseguenza di ciò, la nazionale dei “Three Lions” non prese parte alle prime tre edizioni dei Mondiali di calcio, salvo riservarsi il privilegio di mettere in palio il "proprio" titolo morale invitando a misurarsi con loro le squadre di volta in volta ritenute degne.
Si ricordano a questo proposito i memorabili incontri con il “Wunderteam” di Hugo Meisl nel 1932 e con l'Italia di Vittorio Pozzo, campione del mondo nel 1934 e 1938.
Le due sfide con gli azzurri vennero giocate rispettivamente a Londra (3-2 per l'Inghilterra) e a Milano (2-2).

La prima partita è nota come "La Battaglia di Highbury".


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L'Inghilterra ritornò a far parte del mondo calcistico ufficiale negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, quando uno spirito di collaborazione sovranazionale pareva attraversare il mondo intero, anche quello sportivo.
Nel 1946 la Football Association ridivenne membro della FIFA, nel 1948 si tennero i primi giochi Olimpici del dopoguerra proprio nella capitale inglese e due anni dopo anche il calcio era pronto a ritrovare la sua competizione principale.
Il battesimo inglese nella Coppa Rimet si tenne dunque ai Mondiali brasiliani del 1950, in cui gli inglesi furono eliminati nel girone preliminare.
Infatti, dopo una vittoria per 2-0 contro il Cile, la nazionale inglese patì un'inattesa e clamorosa sconfitta contro gli Stati Uniti, che vinsero 1-0 (gol di Joe Gaetjens).
La successiva sconfitta per 1-0 con la Spagna (rete di Telmo Zarra) affossò definitivamente le loro velleità di riscatto.
Ma lo schiaffo peggiore per i giocatori inglesi arrivò il 25 novembre 1953, quando l'Ungheria guidata da Puskás fu la prima nazionale non britannica ad espugnare Wembley battendo i padroni di casa per 3-6.
Desiderosi di rivincita, gli inglesi vollero organizzare una nuova partita pochi mesi dopo:
il 23 maggio 1954 a Budapest la nazionale dei tre leoni voleva dimostrare che la sconfitta di Wembley era stato solo un episodio, ma i magiari inflissero all'Inghilterra un umiliante 7-1, a tutt'oggi la più pesante sconfitta della nazionale inglese.
Nel Mondiale elvetico del 1954 fu l'Uruguay a sconfiggere gli ex maestri nei Quarti di Finale, mentre nell'edizione del 1958 fu necessario uno spareggio contro l'Unione Sovietica al primo turno, che vide gli inglesi uscire nuovamente sconfitti.
Nel mondiale 1962 in Cile, invece, toccò al Brasile, futuro campione del mondo, eliminare gli inglesi ai Quarti.
La nazionale d'oltremanica dovette attendere il mondiale casalingo del 1966 per riuscire a prevalere.
La squadra di casa si presentava con i favori del pronostico, perché finalmente in grado di schierare una formazione composta da grandi campioni, come i fratelli Jack e Bobby Charlton, Bobby Moore e Gordon Banks, guidati dalla sagacia tattica di Alf Ramsey.
In un mondiale dal basso livello di spettacolo, la formazione di casa superò il primo turno grazie ad un'attenta difesa (quattro gol fatti e nessuno subito).

INGHILTERRA – URUGUAY 0 – 0


INGHILTERRA – MESSICO 2 – 0 (37’ Bobby Charlton, 75’ Hunt)


INGHILTERRA – FRANCIA 2 – 0 (38, 75’ Hunt)


In seguito gli inglesi sconfissero non senza difficoltà l'Argentina per 1-0 (rete di Hurst al 79').
Gli inglesi riuscirono a segnare solo dopo che l'arbitro tedesco ebbe espulso il capitano argentino Antonio Rattín, reo di avergli dato un'occhiata ironica dopo una decisione controversa (come dichiarò in seguito lo stesso arbitro, non gli piaceva l'espressione della sua faccia).
In Semifinale ebbero ragione del Portogallo: un gol di Eusébio non bastò contro la doppietta di Bobby Charlton.

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La Finale contro la Germania Ovest, duecentesima partita nella storia dei Mondiali, fu una tra le partite più importanti di tutti i tempi: nei 90' regolamentari, la Germania andò in vantaggio con Helmut Haller (12').

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L'Inghilterra riequilibrò il risultato sei minuti dopo con Geoff Hurst e si portò in vantaggio con Martin Peters al 78'.


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All'ultimo minuto, quando i giochi sembravano fatti, Wolfgang Weber riportò il risultato in equilibrio segnando un gol assai contestato dai padroni di casa che lamentavano un fallo di mano del difensore tedesco.
All'undicesimo minuto del primo tempo supplementare Geoff Hurst scoccò un tiro rapido e potente: la palla colpì il lato inferiore della traversa, rimbalzò sulla linea e ritornò in campo. L'azione fu molto veloce e l'arbitro, lo svizzero Dienst, non fu in grado di capire se il pallone avesse interamente oltrepassato la linea di porta e chiese il parere dell'assistente più vicino, il sovietico Tofik Bachramov, che convalidò il gol.
Le riprese televisive dimostrarono poi che la palla era rimbalzata sulla linea, senza superarla.

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Recentemente con il supporto della tecnologia si è fatta strada la teoria opposta… (http://calcio.fanpage.it/risolto-il-giallo...966-era-valido/ - http://ilbuzz.it.eurosport.com/xtravaganza...-era-rete-5183/ ).
Con la Germania sbilanciata in avanti alla ricerca del pareggio, i leoni misero a segno un altro gol proprio allo scadere, ancora con Geoff Hurst, che divenne così l'unico giocatore ad aver mai segnato una tripletta in una Finale Mondiale.
Il risultato di 4-2 consegnò agli inventori del gioco del calcio, che ricevettero la coppa dalle mani della regina in persona, il loro unico trofeo Mondiale.

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La Germania Ovest consumò la propria vendetta quattro anni dopo, a Messico 1970.
I supplementari questa volta riuscirono fatali ai sudditi di Sua Maestà, sconfitti nei Quarti per 3 a 2, dopo che durante il match erano passati in vantaggio addirittura di due gol.
Fu la prima vittoria dei tedeschi sugli inglesi.
Dopo il 1970 iniziò forse il periodo più buio per la nazionale inglese.
Per cominciare, furono ancora i tedeschi ad eliminare gli inglesi nei Quarti di Finale degli Europei del 1972, vincendo clamorosamente a Wembley e pareggiando nella gara di ritorno.
L'eliminazione fu ancora più dolorosa perché proprio gli inglesi avrebbero dovuto ospitare (in caso di passaggio del turno) la Fase Finale (Semifinali e Finali) degli Europei del 1972, che invece si svolsero in Belgio e videro la prima vittoria della Germania.
Ma il peggio doveva ancora venire perché gli inglesi non riuscirono a qualificarsi alle due successive edizioni dei Mondiali.
Nei gironi di qualificazione per il Mondiale in Germania Ovest 1974 furono superati dalla Polonia, che sarebbe poi stata la squadra rivelazione del torneo.
A seguito di questo fallimento Ramsey fu esonerato dopo undici anni di Nazionale.
I bianchi furono prima brevemente guidati da Joe Mercer, e poi da Don Revie.
Nemmeno l’ex tecnico del Leeds riuscì a centrare la qualificazione per i Mondiali di Argentina 1978 a favore dell'Italia, che poi sarebbe arrivata quarta nel torneo argentino, e fu costretto a lasciare.
Quella che da molti viene considerata la miglior nazionale inglese dal '66 ad oggi scese in campo nel Mundial spagnolo del 1982.
Per capire la reale caratura di quella nazionale basti pensare che le squadre inglesi, nelle quali militavano pochissimi stranieri, avevano conquistato tutte le edizioni della Coppa dei Campioni dal 1977 al 1982.
Malgrado ciò la formazione britannica guidata da Ron Greenwood fu eliminata nella seconda fase a gironi (ancora dalla Germania Ovest), nonostante avesse fatto sino a quel momento un'ottima impressione (nessuna sconfitta e un solo gol al passivo), tanto da spingere i commentatori a includerli nel novero dei favoriti per la vittoria finale.
Greenwood fu quindi sostituito da Bobby Robson, considerato uno dei migliori allenatori della Nazionale inglese.
La partecipazione dei britannici al mondiale 1986 comprese la storica partita dei Quarti di Finale contro l'Argentina di Diego Armando Maradona.
Il Pibe de Oro stese gli inglesi con due suoi gol, entrambi memorabili, il primo nel male, segnato grazie ad una manata che spiazzò il portiere Peter Shilton (“La Mano de Dios”), e il secondo nel bene, ottenuto dribblando mezza squadra avversaria in una folle corsa fino alla linea di porta (il cosiddetto “Gol del secolo”).

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Nel Mondiale italiano del 1990 gli inglesi centrarono per la seconda volta nella loro storia l'obiettivo della Semifinale, dove però dovettero cedere ai calci di rigore alla Germania Ovest.
Si classificarono quarti dopo essere stati sconfitti per 2-1 dall'Italia nella finale per il Terzo posto.
Robson lasciò la panchina inglese per allenare il PSV Eindhoven.
All'immediata eliminazione dagli Europei 1992 e alla mancata qualificazione ai Mondiali 1994, seguì un'occasione di riscatto quando l'Inghilterra ospitò la decima edizione del campionato europeo.
La squadra di casa giunse in Semifinale, dove fu eliminata nuovamente dalla Germania e, ancora una volta, ai calci di rigore.
La fine del millennio riservò delusioni, con l'eliminazione dai Mondiali di Francia per mano dell'Argentina e l'uscita al primo turno dall'Europeo in Belgio e Olanda a causa delle sconfitte con Portogallo (vittorioso, in rimonta, nella gara d'esordio) e Romania.
Nel 2001 l'ingaggio di Eriksson segnò una svolta storica: lo svedese fu il primo tecnico straniero a sedersi sulla panchina dei Leoni.

La qualificazione ai Mondiali passò dalla netta vittoria, per 1-5, contro la Germania.


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Il cammino nella Fase Finale terminò ai Quarti, contro i futuri campioni del Brasile (1-2 Owen, Rivaldo, Ronaldinho).
Successivamente, le strade della squadra si intrecciarono con quelle del Portogallo.
Il primo incontro fu ai Quarti dell'Europeo 2004 (ospitato proprio nello stato lusitano).
Dopo il 2-2 dei supplementari, i padroni di casa vinsero ai rigori.
L'incrocio successivo si verificò ai Mondiali in Germania, nello stesso turno: anche in questo caso, gli inglesi vennero sconfitti dal dischetto.
Dopo il torneo, Eriksson fu sostituito da Steve McClaren.
La sua esperienza conobbe un avvio difficile con Beckham che rinunciò alla fascia di capitano (decisione su cui l'ala ritornerà poi) e culminò nella clamorosa esclusione dall'Europeo 2008.
La sconfitta contro la Croazia, peraltro già qualificata, al nuovo Wembley (2-3) consegnò alla Russia il secondo posto e l'accesso alla Fase Finale.
Il 14 dicembre 2007 la Football Association nominò un nuovo straniero come allenatore: l'italiano Fabio Capello, plurivincitore di titoli con i club ma alla prima esperienza con una Nazionale.
Capello esordì il 6 febbraio 2008, vincendo un'amichevole contro la Svizzera.
Malgrado la facile qualificazione ai Mondiali 2010, nella Fase Finale la squadra tradì le aspettative uscendo negli Ottavi di Finale contro la Germania: sul punteggio di 2-1, una rete valida di Lampard non fu assegnata (il risultato fu poi di 4-1).
Agli inizi del 2012, Capello rassegnò le sue dimissioni in seguito allo scandalo che vide coinvolto il capitano John Terry: il difensore del Chelsea fu, infatti, accusato di comportamento razzista nei confronti di Anton Ferdinand.
La decisione assunta, in piena autonomia, dalla FA di revocare a Terry la fascia ha portato l'allenatore, contrariato per la mancata richiesta del suo parere, a lasciare la panchina.
Pochi giorni prima degli Europei, la guida della squadra viene affidata a Roy Hodgson:
l'Inghilterra supera il proprio girone, davanti alla Francia, per poi uscire contro l'Italia ai rigori nei Quarti.
L'Inghilterra ritrova gli Azzurri anche ai Mondiali 2014, venendo battuta per 2-1 all'esordio.
La successiva sconfitta contro l'Uruguay, nonostante la prima rete di Rooney ai Campionati Mondiali, costa l'eliminazione al primo turno (come non accadeva dal 1958).
La Nazionale inglese accede quindi agli Europei di Francia 2016 vincendo tutte e dieci le partite di qualificazione, e venendo successivamente inserita nel girone B insieme a Galles, Russia e Slovacchia.
Nella partita d'esordio l'Inghilterra è raggiunta sul pareggio dai russi allo scadere, vincendo poi sempre in extremis il derby britannico contro i gallesi, e ottenendo la qualificazione alla fase a eliminazione diretta dopo un pareggio a reti bianche con gli slovacchi.
Agli Ottavi di Finale, tuttavia, la Nazionale dei Tre Leoni viene eliminata dalla rivelazione Islanda, vittoriosa per 2-1.
La sorprendente sconfitta contro i nordici porta Hogdson a rassegnare le dimissioni.
Sebbene la nazionale inglese abbia giocato in vari stadi, dispone storicamente di uno stadio nazionale a Londra, il celebre Wembley.

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Dal 1913 fino alla costruzione del primo Wembley, la formazione inglese ha disputato i match casalinghi spesso al vecchio Highbury, storico impianto dell'Arsenal oggi demolito.
Il primo e storico Wembley fu costruito successivamente e inaugurato nel 1923 e divenne un'autentica pietra miliare del calcio: chiamato “Tempio del Calcio” infatti, questo impianto è stato teatro di partite di grande rilievo internazionale:

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La Finale del Campionato Mondiale del 1966 (Inghilterra – Germania Ovest 4-2 d.t.s.), la Finale del Campionato Europeo del 1996 (Repubblica Ceca – Germania 1-2 d.t.s.), la Finale della Coppa di Campioni 1962-63 (Milan – Benfica 2-1), 1967-68 (Manchester United – Benfica 4-1 d.t.s.), 1970-71 (Ajax – Panathinaikos 2-0), 1977-78 (Liverpool – Club Bruges 1-0), 1991-92 (Barcellona – Sampdoria 1-0 d.t.s.) e le Finali di Coppa delle Coppe nelle edizioni del 1965-66 (West Ham – Monaco 1860 2-0) e del 1992-93 (Parma – Anversa 3-1).
Vincere a Wembley era impossibile fino agli anni cinquanta, quando riuscì nell'impresa la grande Ungheria di Puskás vincendo con un roboante 6-3 nel 1953. (Vedi UNGHERIA – CROAZIA)
L'Italia vanta due vittorie a Wembley, entrambe per 1-0: nel 1973, grazie ad un gol di Fabio Capello, e nel 1997, con una rete di Gianfranco Zola.

« Wembley è la cattedrale del calcio. È la capitale del calcio. È il cuore del calcio. »
(Pelé)


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Le sue torri gemelle ne sono state per ottant'anni un simbolo inconfondibile.


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Fin dalla sua costruzione fu annualmente designato per ospitare le Finali di FA Cup, League Cup e della Community Shield.


Costruito in vista dell'Esposizione dell'Impero Britannico del 1924, l'impianto venne inaugurato il 28 aprile 1923 dal re Giorgio V con il nome di Empire Stadium.
Il primo evento che ospitò, in quello stesso giorno, fu la Finale della FA Cup di quell'anno (vinta per 2-0 dal Bolton contro il West Ham) durante la quale si raggiunse la capacità massima, pari a 126.945 spettatori, un record da allora imbattuto, dopo che più di 200.000 persone avevano tentato di prendere parte alla partita.

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Lo stadio fu costruito da 1.500 operai in soli 300 giorni, in un'area del Wembley Park Golf Club che era di proprietà del futuro Giorgio VI, all'epoca duca di York, ed era un impianto all'avanguardia: imponente, con un unico grande anello di gradinate capace di ospitare 100.000 spettatori dei quali 45.000 a sedere, aveva una tribuna in parte coperta in cui si trovava il palco reale, con i celebri 39 gradini per accedervi direttamente dal campo.
Wembley è uno dei pochi stadi inglesi ad avere anche una pista di atletica.
L'esterno era caratterizzato dalle facciate in stile vittoriano e le “Twin Towers”, torri bianche alte ben 38 metri che delimitavano l'ingresso alla tribuna principale, la North Stand.

Grazie alla presenza della pista, Wembley poté ospitare nel 1948 il suo primo grande evento internazionale, i Giochi della XIV Olimpiade.


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Oltre al Milan (1962-63) e al Parma (1992-1993) anche la Fiorentina ha vinto a Wembley quando si impose contro l'Arsenal per 1-0 con uno storico gol di Gabriel Batistuta nel girone eliminatorio della UEFA Champions League 1999-2000 (vittoria che permise ai gigliati di passare il turno ai danni della squadra londinese), anche se, considerando le finali del Trofeo Anglo-Italiano, ad esse vanno aggiunte Cremonese, Brescia e Genoa.
La prima partita ufficiale, come sappiamo, fu disputata da Inghilterra e Scozia (1872): gli inglesi si schieravano con l'1-1-8, gli scozzesi con il 2-2-6, questi erano i classici schemi dell'epoca.
Dopo fu la volta della cosiddetta piramide di Cambridge inventata appunto dal Cambridge e utilizzata anche dal Blackburn che a fine 1800 proprio con questa sorta di 2-3-5 vinse diverse F.A.Cup, ma questa è un’altra storia.

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L’attesa è febbrile, l’atmosfera elettrizzante per l’esordio dell’ETERNAL ENGLAND d’EL GUERCIO (Lw 63000 “Giannini” Ref. 719) contro la DANIMARCA (Lw 63000 Ref. 638) di BEIRUT.
Le due Nazionali sono inserite nel Gruppo 3 assieme alla Polonia di Olrik e alla Bosnia di Peter Pan.
A Varsavia, una doppietta di Szarmach ha deciso la sfida tra le due contendenti.

Ecco i 22 a disposizione d’EL GUERCIO, con i titolari con numerazione dall’1 all’11.


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I “Three Lions” si schierano con una 4 – 1 – 4 – 1 dinamica che può mutare, in corso d’opera, in una 4 – 2 – 3 – 1.
In porta c’è Gondon Banks del Leicester City.
Considerato come uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, l'IFFHS ha nominato Banks il secondo miglior portiere del ventesimo secolo, dopo Lev Yashin e davanti a Dino Zoff.
È stato nominato Footballer of the Year nel 1972 (il secondo portiere dopo Bert Trautmann nel 1956) ed è stato nominato FIFA Portiere dell'Anno in sei occasioni.
In un epoca in cui non esistevano allenatori specifici per i portieri, Banks si sottoponeva a sessioni aggiuntive di allenamento per migliorare le proprie capacità.
Partecipò, con il Leicester, alla Coppa delle Coppe 1961-62.
Il 25 Ottobre del 1961, si ritrovò nella difficile posizione di dover scegliere se giocare la gara degli Ottavi di Finale di andata per il suo club contro l’Atlético Madrid o difendere la porta dell’Inghilterra contro il Portogallo, (in quanto regolarmente convocato nonostante la concomitanza degli eventi) in una sfida valida per le qualificazioni ai Mondiali in Cile del 1962.
Scelse di disputare entrambe le gare, lasciando Londra in tempo per raggiungere Leicester mezz’ora prima del calcio d’inizio della gara contro l’Atletico Madrid.
Un gol all'ultimo minuto di Mendonça permise gli spagnoli di ottenere un prezioso 1-1 a Filbert Street.
Nella gara di ritorno, Banks parò un rigore ad Enrique Collar, ma all'Atlético fu assegnato un secondo penalty che Collar trasformò e il Leicester perse per 2-0 venendo eliminato dalla competizione dai futuri vincitori della suddetta manifestazione.
Nella Semifinale di F.A.Cup del 27 aprile 1963, disputata a Hillsborough, il Leicester sconfisse il Liverpool per 1-0.
Le cronache riferiscono che il Liverpool fece 34 tiri in porta, e Banks affermò, in seguito, che quella fu la sua migliore performance a livello di club.
Banks ha ottenuto due presenze nella Nazionale Inglese Under 23 (nelle partite contro il Galles e la Scozia nel 1961) e 73 gettoni nella Nazionale maggiore mantenendo in 35 occasioni la porta inviolata subendo solamente 19 sconfitte.
Il gol su rigore di Eusebio all’82 minuto della Semifinale della Coppa del Mondo del 1966 fu il primo che Banks concesse in 721 minuti di gioco.
Il precedente fu incassato il 2 aprile dello stesso anno, all’81’ minuto nella gara contro la Scozia disputatasi a Glasgow e valevole per il Torneo Interbritannico.
(L’Inghilterra si impose per 4-3 vincendo la classifica finale della manifestazione).
Questo dato costituisce tuttora un record per un portiere in Inghilterra.
Ha difeso, da titolare, la porta dell’Inghilterra nella trionfale Coppa del Mondo del 1966 e nell’edizione del 1970 quando realizzò una delle parate più spettacolari parate di tutti i tempi.


"Pensavo fosse gol” (Pelé)
"Anch’io." (Banks)


Disputò l’Europeo del 1968 in Italia (3° posto finale) e del 1972 in Belgio (l’Inghilterra fu eliminata dalla Germania Ovest).
Il 15 maggio del 1971, a Belfast, durante il Torneo Interbritannio, Banks fu protagonista, assieme e George Best, di un episodio insolito durante Irlanda del Nord – Inghilterra (0-1), quando l’ala del Manchester United soffiò d’astuzia la sfera al portiere che si accingeva al rilancio.

L’intuizione era audace, ma la rete fu annullata dall'arbitro, che giudicò l’azione in gioco pericoloso.



L’Inghilterra vinse quell’edizione del Torneo Interbritannico conquistando la prima posizione con un punto di vantaggio proprio sui nord irlandesi.
Secondo un parere dello stesso Banks, la sua dote più evidente era il senso del piazzamento, sebbene non gli facessero difetto agilità, freddezza e prontezza di riflessi.
Il terzino destro è Jimmy Armfield del Blackpool.
Ha indossato la casacca della Nazionale in 43 occasioni (di cui 15 da capitano) tra il 1959 e il 1966.
Il suo debutto internazionale risale al 13 maggio 1959, contro il Brasile davanti a oltre 120.000 tifosi al Maracanã di Rio de Janeiro.
Ha disputato la Coppa del Mondo del 1962 in Cile , dove è stato acclamato come "il miglior terzino destro del mondo".
E 'stato anche votato come "il miglior terzino destro d’Europa" tra il 1962 e il 1964.
Un infortunio durante una gara amichevole contro la Finlandia gli impedì di essere in titolare anche nella Coppa del Mondo del 1966 pur facendo parte dei 22 convocati.
Jimmy Armfield è stato senza dubbio uno dei migliori laterali che abbiamo mai vestito la maglia dell'Inghilterra.
Ha innovato il ruolo grazie alle sue sovrapposizioni lungo la fascia, attaccando lo spazio quando due o più marcatori aggredivano Stanley Matthews.
Le sue caratteristiche principali sono la velocità, la straordinaria precisione nei passaggi e nei cross, oltre ad una notevole abilità nella marcatura.
La sua tempra eccezionale lo ha reso un grande capitano, non solo per Blackpool, ma anche nella Nazionale Inglese e con ogni probabilità, se fosse stato il titolare, avrebbe indossato lui la fascia al Mundial del 1966.
Sulla fascia sinistra c’è Ray Wilson dell’Huddersfield Town.
Fenomenale velocista e formidabile marcatore, Wilson vanta 63 presenze in Nazionale.
Nobby Stiles ricorda: "Ray Wilson esercitava una grande influenza sui giocatori e anche se Alf Ramsey aveva le sue convinzioni ben impresse, ho notato che tendeva a drizzare le orecchie quando Ray aveva qualcosa da dire."
“Nelle rare occasioni in cui ha commesso degli errori ha sempre avuto il coraggio morale di riconoscerli.
Non si è mai tirato indietro in un momento di difficoltà o di forte pressione per la squadra.
E’ stato fonte d’ispirazione per tutti noi”.
Durante la Coppa del Mondo del 1962, fu votato miglior terzino sinistro del mondo dalla stampa internazionale.
Disputò, sempre da titolare, la Coppa del Mondo del 1966 e gli Europei del 1968.
Neil Franklin dello Stoke City è lo stopper.
Dotato di uno scatto fulmineo nel breve (4-5 metri), possedeva un eccellente senso della posizione, era un gigante nel gioco aereo ed era dotato di grande intelligenza che gli permetteva di mantenere il possesso della palla anche sottoposto al pressing avversario.
Ha disputato 27 gare con la maglia dei Tre Leoni.
Col numero 6 e la fascia da capitano al braccio c’è Bobby Moore del West Ham United.
La sua capacità di intuire lo sviluppo del gioco gli permetteva di compensare la mancanza di rapidità.
Altresì l’intelligenza tattica e la precisione nei passaggi lo rendevano prezioso anche in fase d’impostazione, staccandosi così dallo stereotipo del difensore possente il cui gioco è basato soprattutto sulla forza fisica.
Gentiluomo fuori e dentro il campo era un leader eccezionale.
Franz Beckenbauer, ha detto di lui:
”Bobby è stato il mio idolo. L’ho sempre ammirato. Sono orgoglioso di aver giocato contro di lui”.
Fu definito da Pelé il difensore più corretto che avesse mai affrontato e anche… ”senza dubbio il miglior difensore che io abbia incontrato in tutta la mia carriera".
Esordì in nazionale il 20 maggio 1962 a Lima contro il Perù, per poi disputare i successivi Mondiali del Cile che videro l'eliminazione dell'Inghilterra ai Quarti di Finale contro il Brasile.
Divenne capitano a 22 anni (il più giovane nella storia della Nazionale inglese), alla sua dodicesima presenza in nazionale, il 20 maggio 1963 contro la Cecoslovacchia.
Fu il capitano della squadra che diede al calcio inglese la sua unica vittoria mondiale che lo consacrò come giocatore, gentiluomo e icona dello sport.
Con pochi secondi rimasti da giocare e l'Inghilterra sotto la pressione dell'ennesimo attacco tedesco, la palla finì a Moore sul limitare dell'area di rigore inglese.
Jackie Charlton e Nobby Stiles urlarono a Moore di disfarsi della palla, ma lui con calma riuscì a metterla sul piede di Hurst a quasi 40 metri di distanza, per il gol del definitivo 4-2.
Delle molte foto di quel giorno, una mostra Moore che si pulisce le mani dal fango sulla piattaforma di velluto dove era appoggiato il Trofeo Jules Rimet, prima di stringere la mano della regina Elisabetta II che gli consegnava la Coppa del Mondo.

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Moore proseguì fiducioso la sua carriera nel West Ham e nella Nazionale, e venne ancora una volta chiamato ad essere il capitano dell'Inghilterra nella trasferta in Messico per difendere il titolo Mondiale nel 1970.
Ci fu una grave interruzione nella preparazione, quando venne fatto un tentativo di implicare Moore in un furto di un braccialetto da una gioielleria di Bogotá (Colombia), dove la Nazionale inglese si trovava per disputare alcune partite di preparazione, allo scopo di acclimatarsi all'altitudine elevata.
Le accuse vennero successivamente lasciate cadere, Moore fu pienamente scagionato e gli fu permesso di raggiungere i suoi compagni di squadra in Messico.
Nell'incontro del girone eliminatorio contro i favoriti del Brasile, ci fu un momento notevole per Moore, quando affrontò il grande Jairzinho con tale precisione e pulizia che molti citano quell'intervento come il contrasto che nessuno riuscirà a migliorare.


Il Brasile vinse comunque l'incontro, ma anche l'Inghilterra si qualificò per la fase successiva.
La sconfitta ai supplementari contro la Germania Ovest vide l'Inghilterra uscire ai Quarti, e occorsero dodici anni prima che l'Inghilterra disputasse nuovamente la Fase Finale di una Coppa del Mondo.

Vanta 108 presenze in Nazionale e 2 gol.


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"Il mio capitano, il mio leader, era lo spirito e il battito cardiaco della squadra, un superbo professionista, il migliore con cui ho mai lavorato. Senza di lui l'Inghilterra non avrebbe mai vinto la Coppa del Mondo ". Alf Ramsey
"Moore è il miglior difensore che abbia mai visto giocare." Sir Alex Ferguson
"Bobby Moore è stato il miglior difensore della storia del calcio" Franz Beckenbauer
"Dovrebbe essere promulgata una legge contro di lui… sa cosa succederà 20 minuti prima di tutti gli altri". Jock Stein
“Immacolato calciatore, difensore imperiale, eroe immortale del 1966, primo inglese ad alzare la Coppa del Mondo, figlio prediletto dell’East End di Londra, magnifica leggenda del West Ham United, tesoro nazionale, maestro di Wembley, signore del gioco, capitano straordinario, gentiluomo per sempre.".

Iscrizione sul piedistallo della statua a lui dedicata allo stadio di Wembley.


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Davanti alla difesa, El Guercio posiziona Duncan Edwards del Manchester United.
A tredici anni, il 1º aprile 1950, gioca il suo primo incontro con la Selezione scolastica nazionale (English Schools XI) a Wembley, contro i pari età del Galles.
In quella circostanza viene anche nominato capitano della squadra, carica che avrebbe ricoperto per altri due anni.
I maggiori club inglesi si muovono per assicurarsi le prestazioni del giovane calciatore.
Tra questi figura il Manchester United, che ha inviato lo scout Jack O’Brien.
Ritornato a Manchester, O’Brien riferisce a Matt Busby:
«Oggi ho visto uno studente di dodici anni che merita un’attenzione particolare. Il suo nome è Duncan Edwards».
E’ l’allora allenatore della squadra delle scuole inglesi Joe Mercer a raccomandare a Busby l’acquisto di Edwards, richiesto anche da Wolverhampton Wanderers e Aston Villa.
L’esordio di Edwards con la prima squadra del Manchester avviene il 4 aprile 1953, nella gara di First Division a Wembley contro il Cardiff City conclusasi sul punteggio di 1-4.
A sedici anni e 185 giorni diviene il più giovane calciatore ad essere sceso in campo nella massima divisione inglese.
Sebbene sia ricordato come centrocampista difensivo, le sue capacità gli hanno consentito di ricoprire praticamente qualsiasi ruolo in campo.
La sua versatilità è stata tale che in una partita fu impiegato inizialmente nella posizione di prima punta in sostituzione di Tommy Taylor, per poi venire spostato da Busby al centro della linea difensiva a causa dell’infortunio di Mark Jones.
Le sue qualità principali sono state la forza fisica, la forte personalità dimostrata in campo (dote notevole e rara in un giocatore giovane) e l’alto grado di resistenza.
Stanley Matthews lo descrisse come «una roccia in mezzo al mare in tempesta», mentre Bobby Moore lo paragonò nella difesa alla «Rocca di Gibilterra», elogiando anche la sua apprezzabile e costante propensione offensiva.

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Per Bobby Charlton è stato «l’unico giocatore che mi abbia fatto sentire inferiore».
«Fisicamente era imponente. Era potente e aveva una fantastica intelligenza calcistica. Era un calciatore completo, sapeva usare entrambi i piedi ed effettuare lanci lunghi e passaggi corti. Faceva tutto istintivamente».
Il suo fisico gli fece guadagnare i soprannomi di “Big Dunc” e “The Tank” (Carro Armato).
Si distingueva per la forza e il tempismo nei contrasti, per l'elevazione e l'efficacia nei colpi di testa e per la capacità di passare e calciare indifferentemente con entrambi i piedi.
Era in grado di scagliare dei potenti tiri dalla media-lunga distanza e, dopo aver segnato un gol alla Germania Ovest nel 1956, gli fu attribuito il soprannome di Boom Boom dalla stampa locale berlinese, perché sembrava che avesse «la stoccata della Grande Berta negli scarpini».
Nella sua carriera professionistica contribuì al successo del Manchester in due edizioni della First Division (1956 e 1957), nonché al raggiungimento della Semifinale di Coppa dei Campioni (edizione 1956-1957) contro i futuri campioni del Real Madrid.
Al termine di tale annata risultò terzo nella graduatoria, stilata annualmente dalla rivista sportiva francese France Football, del Pallone d'Oro (vinto da Alfredo Di Stefano davanti a Billy Wright).
Ha collezionato 18 presenze e 5 gol in Nazionale.
Al suo fianco c’è Robert “Bobby” Charlton suo compagno anche nel Machester United.
Campione del Mondo nel 1966 con l'Inghilterra e d'Europa nel 1968 con il Manchester United.

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Tra i pochi superstiti del disastro aereo di Monaco di Baviera che nel 1958 colpì il Manchester United, fu eletto Pallone d'Oro 1966 (davanti, per un voto, al portoghese Eusebio e al tedesco occidentale Beckenbauer).
Iniziò la sua carriera in una partita con la rappresentativa delle scuole dell'Est Northumberland, alla quale assistette l'allenatore del Manchester United, Matt Busby, che ne notò le doti e gli fece firmare nel gennaio del 1953, all'età di quindici anni, il suo primo contratto.
Esordì in prima squadra nel 1956 contro il Charlton Athletic e segnò due reti nel 4-2 finale.
Nella stessa stagione segnò 10 gol in 14 gare e lo United vinse la Premier League.
Il grandioso inizio di carriera fu però turbato dal disastro aereo di Monaco del 6 febbraio 1958, e la perdita di tanti compagni lasciò ferite profonde nell'animo del giocatore.
Busby cercò di rimettere insieme la squadra e come colonna portante scelse proprio Bobby, all'epoca appena ventunenne.
Il lavoro del mister verrà ripagato con la vittoria nella Coppa d'Inghilterra del 1962-1963 e nei campionati del 1964-1965 e del 1966-1967.
Dieci anni dopo il tragico avvenimento a Wembley Charlton, divenuto capitano, poté alzare al cielo la Coppa dei Campioni dopo aver sconfitto il Benfica di Eusébio per 4-1 (suoi il primo e l'ultimo gol, le altre reti furono messe a segno da Best e Kidd).
L'esordio in Nazionale avvenne il 18 aprile 1958 in Inghilterra-Scozia 4-0 (segnò una rete).
Data la prestazione sublime venne convocato per i Mondiali in Svezia, ma l'Inghilterra fu eliminata subito dall'URSS e Charlton non scese mai in campo.
Durante i Mondiali in Cile del 1962, Charlton venne schierato come ala sinistra e, grazie a un suo gol segnato contro l'Argentina, l'Inghilterra si qualificò ai Quarti di Finale.
Il Commissario Tecnico inglese Walter Winterbottom si pentì di non averlo schierato quattro anni prima.
La Nazionale inglese perse poi contro il Brasile, che vinse il secondo titolo Mondiale consecutivo.
Nel Campionato del Mondo del 1966, che i “Three Lions” giocarono in casa, Charlton segnò una rete nella partita contro il Messico (cavalcata conclusa con un tiro appena sotto la traversa) e una doppietta nella Semifinale contro il Portogallo di Eusebio (una tra le sue migliori partite in Nazionale).
Non segnò nella vittoriosa Finale giocata a Wembley contro la Germania Ovest, dove fu marcato da un giovane Franz Beckenbauer.
In Nazionale vanta 106 presenze (ha disputato quattro edizioni della Coppa del Mondo (1958, 1962, 1966, 1970) e 49 gol.
E’ stato uno dei, se non il più grande, giocatore inglese di tutti i tempi.
I suoi punti di forza erano la velocità, e le conclusioni dalla distanza.
Era anche un eccezionale assist man, possedendo una precisione nel passaggio stupefacente.
Bobby Charlton, uno dei “Busby Babes”, i giovani campioni lanciati dall’allenatore Matt Busby, era un giocatore polivalente in grado di agire da mezz’ala come da centrocampista puro ma anche da esterno (sinistro) o da seconda punta.

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Parte integrante della “United Trinity” assieme allo scozzese Denis Law e al nord irlandese George Best, fino al 21 maggio 2008 è stato il primatista di presenze (758 con 245 gol) con la maglia dei “Red Devils”, superato da Ryan Giggs.

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Nel disegno tattico d’El Guercio ricopre il duplice ruolo di supporto in copertura a Duncan Edwards e di sostegno a Jonnhy Haynes.


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“Il Maestro”, colonna del Fulham (658 presenze (record) e 158 gol), è il numero 10 dell’Eternal.
Con i colori dell'Inghilterra ha realizzato 18 gol in 56 partite disputate, di cui 22 con la fascia da capitano.


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Ha disputato tre Mondiali (1954, 1958, 1962), classificandosi terzo nella classifica del Pallone d'Oro 1961 (vinto da Omar Sivori davanti a Luisito Suarez).
Haynes è stato il primo giocatore a beneficiare di un salario di 100 sterline a settimana, subito dopo l'abolizione del limite di 20 avvenuto nel 1961.
Particolarmente noto per la sua eccezionale abilità nei passaggi e per la capacità di leggere lo sviluppo del gioco fu descritto da Pelé come "il miglior assist man che abbia mai visto".
Debuttò in Nazionale il 2 ottobre 1954, segnando un gol nella vittoria per 2-0 contro l'Irlanda del Nord a Windsor Park.

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Convocato in 32 delle sue 56 presenze quando il Fulham disputava la Seconda Divisione realizzò una tripletta (nel 1958) contro l'Unione Sovietica a Wembley (5-0 il risultato finale).

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“Il Maestro” pur essendo un buon finalizzatore eccelleva nell’impostazione del gioco e nelle rifiniture.


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Il Fulham rifiutò la notevole offerta di £ 80,000 sterline da parte del Milan.
Giocatore di grande dedizione e professionalità possedeva una grazia nei movimenti unica, che esaltava la sua classe cristallina.
Bobby Moore ha detto di lui: "Una volta abituati ad ammirare quella perfezione riuscivi a comprendere il resto delle sue abilità:
John era sempre disponibile, sempre motivato ed appassionato al gioco.
Ho imparato ad apprezzare il giocatore ma anche l'uomo ".
Haynes è stato inserito nella “Hall of Fame” del calcio inglese in riconoscimento al suo talento e all’impatto che ha avuto per l’intero movimento del calcio inglese.
Il Fulham ha ritirato la “sua” maglia numero 10.
Dopo un serrato ballottaggio con Kevin Keegan del Liverpool, El Guercio ha scelto Chris Waddle dell’Olympique Marsiglia come esterno destro.
“Magic Chris” per i tifosi marsigliesi (che lo consideravano l’erede di Roger Magnusson,”Il Garrincha svedese”) è stato il secondo Miglior Giocatore del Secolo dietro a Jean Pierre Papin per il centenario del club nel 1998.
In un intervista al Telegraph del 2001, spiega come abbia imparato da piccolo, nel campetto vicino casa, a far passare il pallone in mezzo a selve di gambe nemiche e a tele trasportarsi indenne alle loro spalle: “Di solito giocavamo 40 contro 40; uno aveva la maglia del Manchester United, uno quella del Barcellona, uno era in maglietta bianca, un altro ancora con l'uniforme di scuola. Finché non avevi capito esattamente chi stava in squadra con te la cosa più semplice da fare era dribblare tutti quanti. È stato molto educativo. Oggi, certo, un allenatore ti direbbe che quello è il modo sbagliato di imparare a giocare a calcio. Io non sono d'accordo.”
Mancino naturale, Waddle ha raccontato di aver iniziato a esercitare il piede destro a 23 anni, quando l'allenatore lo aveva spostato da quella parte e tutti sapevano che sarebbe rientrato sul sinistro: “Così ho lavorato sul piede destro in palestra. Venti minuti al giorno per un paio di mesi è quanto basta a un professionista per migliorare il proprio piede debole”.
Dotato di una tecnica eccellente e costantemente proiettato all’uno contro uno, Chris Waddle è un giocatore di estro e fantasia in grado di creare varchi in qualunque difesa grazie ad una capacità fenomenale nell’arte del dribbling.
Con la Nazionale inglese conta 62 presenze e 6 reti, tra il 1986 e il 1991.
Partecipò al Campionato del Mondo 1986 in Messico, al Campionato d'Europa 1988 in Germania Ovest e al Campionato del Mondo 1990 in Italia, in cui fallì l'ultimo tiro nella Semifinale persa ai rigori contro la Germania Ovest.


Sulla corsia opposta c’è “The Wizard of the Dribble” alias Stanley Matthews.
La sua carriera è oscillata tra due soli club: lo Stoke City e il Blackpool.


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Con i biancorossi esordì nel 1932 a soli 17 anni e giocò fino al 1947, disputando 259 partite e realizzando 51 gol. Nel 1947 passò ai “Tangerines” (I Mandarini, così vengono chiamati i giocatori del Blackpool), con i quali giocò 380 partite realizzando 17 reti.
Ala destra, nel 1934 fece la sua prima apparizione con la Nazionale inglese a 19 anni, realizzando una rete contro il Galles.

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Patì la sospensione dei campionati dovuta alla Seconda Guerra Mondiale e nel 1947 si trasferì al Blackpool, continuando a giocare con la maglia dell'Inghilterra fino all'età di 42 anni (record assoluto per la Nazionale inglese), collezionando 54 presenze (11 gol) più una trentina di gare non ufficiali durante la guerra, partecipando ai Campionati del Mondo del 1950 e del 1954.
Nel 1955-1956 sfiorò il successo col Blackpool, con un secondo posto a 11 punti dal vittorioso Manchester Utd.
Nel 1956, all'età di 41 anni, fu il vincitore del primo Pallone d'Oro (davanti ad Alfredo Di Stefano e Raymond Kopa).

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Nel 1961 tornò allo Stoke City, che contribuì a riportare in First Division, arrivando a disputare l'ultima partita da professionista all'età di 50 anni e 5 giorni, record battuto dal giapponese Kazuyoshi Miura il 5 marzo 2017, in campo a 50 anni e 7 giorni.
Col Blackpool, dopo due sconfitte in altrettante finali di F.A.Cup (1948 e 1951), arrivò il trionfo nel 1953.
Si tratta dell'unico trofeo della sua carriera: il Blackpool perdeva 3-1 contro il Bolton Wanderers, quando prese per mano la squadra, sotto 2-3 a due minuti dalla fine, guidandola al successo finale.
Passata alla storia come "la Finale di Matthews", la partita fu giocata a Wembley di fronte a 100.000 spettatori.
Unanimemente riconosciuto come una delle ali più forti del mondo, Stanley Matthews è una delle stelle immortali nella storia del Calcio.

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Franz Beckenbauer ha detto che: “la velocità e l'abilità che Matthews possedeva lo rendevano praticamente immarcabile”.
John Charles lo ha definito “il miglior crossatore che abbia mai visto”.
Johnny Giles: “Aveva tutto: un buon controllo di palla nello stretto, grande capacità di dribbling e una velocità fulminea. Era anche un giocatore intelligente, che sapeva passare la palla".
Quando correva lungo la spiaggia di Blackpool, alle 7 del mattino, con qualsiasi condizione atmosferica, Matthews indossava scarpe contenenti piombo, abituandosi a sforzi notevoli che gli permisero di aumentare la sua velocità in campo.
Prestava enorme attenzione ai dettagli per migliorare la propria forma fisica, curando con estremo riguardo anche l’alimentazione.
Era un professionista serio dal grande temperamento, costantemente concentrato sul campo senza permettere all’emotività di condizionare il suo stile di gioco.

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El Guercio ha chiesto espressamente a Matthews e Waddle di scambiarsi fascia con continuità, nell’intento di disorientare i difensori avversari.


Il centravanti designato è Jimmy Greaves del Tottenham.


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Anarchico, artista “sui generis”, essenziale, magnetico:
E’ il più prolifico attaccante della storia della First Division.


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Esordì nel Chelsea all'età di 17 anni con un gol, cosa che ripeterà in ogni squadra di cui vestirà la maglia, compresa la Nazionale inglese.
Con la maglia dei “Blues” diventa capocannoniere della First Division nella stagione 1958-1959 con 33 reti e nel 1960-1961 con 41 (record stagionale per il club di Londra), diventando il più giovane giocatore inglese in assoluto ad aver segnato 100 reti in campionato, quota raggiunta poco prima del suo ventunesimo compleanno.
Tuttavia, nonostante le sue reti, il Chelsea resta una squadra di metà classifica e, proprio quando Greaves lo lascerà, retrocederà in Second Division
Nel 1961 Greaves si trasferisce infatti in Italia, al Milan, facendo il suo esordio in maglia rossonera in un’amichevole precampionato contro il Botafogo, in cui segna 2 reti (la partita si conclude sul 2-2).
Nella compagine milanese non gode però dei favori di Nereo Rocco, che non ama il suo temperamento estroverso e poco disciplinato.
Il suo avvio in maglia rossonera è però travolgente: segna 9 reti (4 su calcio di rigore) in 10 gare disputate ma, alla vigilia della partita con la Juventus, esplode in una sfuriata negli spogliatoi.
Messo fuori squadra, viene rispedito in Inghilterra (al suo posto arriverà il brasiliano Dino Sani), fra le file del Tottenham Hotspur, che paga per lui 99.999 sterline, la più alta cifra per un giocatore mai pagata fino ad allora da un club inglese: la curiosa cifra viene fissata allo scopo di scaricare da Greaves la pressione di essere il primo calciatore pagato 100.000 sterline.

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Con gli Spurs avviene la sua consacrazione a più grande bomber inglese di tutti i tempi, conquistando tre titoli di capocannoniere consecutivi fra il 1963 e il 1965 e poi un altro ancora nel 1969, il suo sesto personale che rappresenta un record assoluto.
Con gli Spurs ottiene inoltre gli unici successi della sua carriera: la FA Cup del 1962 e del 1967 e inoltre la Coppa delle Coppe del 1963 (5-1 all’Atletico Madrid con doppietta di Greaves), la prima Coppa Europea di una squadra inglese.
Grazie a quel successo giunge terzo nella classifica del Pallone d'Oro 1963 alle spalle di Lev Jashin e dell'ex-compagno di squadra Gianni Rivera.
Nonostante sia stato il più prolifico cannoniere inglese di tutti i tempi con 357 reti segnate (124 con la maglia del Chelsea, 220 con quella del Tottenham e 13 con quella del West Ham) in 516 partite, non vinse mai un campionato britannico.
Titolare nella Coppa del Mondo del 1962 in Cile, era la prima scelta fra gli attaccanti inglesi nel Mondiale del 1966 ma alla terza partita, contro la Francia, si infortuna e non rientra più in squadra, sebbene rimessosi.
Il suo sostituto, Geoff Hurst, segnerà in Finale una tripletta fra cui il celebre gol fantasma che regalò la vittoria mondiale all'Inghilterra.
Greaves è stato un goleador prolifico, dotato di grande accelerazione e ritmo, nonché di un notevole senso della posizione e di un opportunismo letale in area di rigore.
Possedeva inoltre un ottimo dribbling.
In Nazionale vanta un bottino di 44 reti in 57 gare (realizzando sei triplette, un altro record).

La “Danish Dynamite” di Beirut risponde con una 4 – 1 - 2 – 3 così allestita:


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tra i pali c’è Peter Schmeichel del Manchester United.
Con i “Red Devils”, l’estremo difensore ha vinto una Coppa U.E.F.A. (1991), 4 Charity Shield (1993, 1994, 1996, 1997), una Coppa di Lega (1991-92), 3 F.A. Cup (1993-94, 1995-96, 1998-99), 5 Premier League (1992-93, 1993-94, 1995-96, 1996-97, 1998-99) e la Champions League nella stagione 1998-99.
Eletto per due volte Miglior Portiere dell'Anno dall’IFFHS (1992, 1993), ha difeso la porta della Danimarca in 129 occasioni (record di presenze), ed è stato Campione d'Europa nel 1992.

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Parò un rigore a Marco van Basten nella Semifinale oltre ad una serie di interventi determinanti nell’arco del torneo che contribuirono a condurre la Danimarca a conquistare il titolo continentale.
Nel corso della sua carriera ha anche realizzato tredici reti.
Ha partecipato a tutte le edizioni dei Campionati Europei dal 1988 al 2000 e ai Mondiali di Francia nel 1998.
Eccellente sia tra i pali sia nelle uscite, Schmeichel era un portiere estremamente agile, a dispetto del fisico possente.

Leader carismatico, privo di punti deboli evidenti, era abile anche nel far ripartire l'azione grazie ad un rinvio forte e preciso.



Il terzino destro è John Sivebaek da poco trasferitosi al Saint Etienne proveniente dal Manchester United.
Con i “Red Devils” ha realizzato il primo gol nella gestione di Alex Ferguson.
Ha disputato tre edizioni del Campionato Europeo (1984, 1988 e 1992) e la Coppa del Mondo in Messico del 1986.
E’ un terzino di spinta dalle spiccate doti offensive.
Sulla fascia sinistra c’è Jan Heintze del PSV Eindhoven.
Ala sinistra trasformata in terzino, Heintze unisce una grande resistenza fisica ad un notevole ritmo.
Possiede un tiro molto potente ed un cross preciso.
Campione d’Europa con il PSV nella stagione 1987-88 (Finale vittoriosa ai calci di rigore contro il Benfica) ha vinto 6 volte l’Eredivisie.
Nils Middleboe del Chelsea è uno dei due difensori centrali.
Realizzò il primo gol nella storia della Nazionale danese di calcio, nel 1908.
Questa rete fu anche la prima ad essere segnata in una partita di calcio alle Olimpiadi.
Con la Danimarca prese parte a tre edizioni dei Giochi Olimpici (1908, 1912 e 1920), ottenendo la medaglia d'argento nelle prime due.
Nel 1913 venne acquistato dal Chelsea, di cui divenne il primo calciatore straniero della storia.
Fu anche un eccellente atleta e detenne il record nazionale danese degli 800 metri piani e del salto triplo.
Middelboe era un avvocato qualificato e durante la sua permanenza al Chelsea era impiegato presso una banca di Londra.
Soprannominato “Il Grande Danese” per la notevole altezza, era un difensore arcigno in marcatura, eccellente nel gioco aereo e si distingueva anche per le capacità di inserimento in attacco che gli valsero molte realizzazioni in carriera.
Ben 7 in Nazionale, in 15 incontri complessivi.

Morten Olsen dell’Anderlecht è il libero e il capitano.


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Giocatore dotato di un elegante tocco di palla, Olsen è stato impiegato in svariati ruoli.
Impostato come ala destra, ha giocato gran parte della carriera da centrocampista, affermandosi poi come libero.
Nelle giovanili del B 1901 si mise in luce per la sua accelerazione, l’agilità e l’intelligenza tattica.
Una volta aggregato alla prima squadra, aveva già ricoperto diversi ruoli, acquisendo esperienza e versatilità.
Maturò progressivamente un forte personalità: dedizione e forza di volontà lo fecero divenire il leader della squadra.
Fu spostato nel ruolo di libero su suggerimento del suo tecnico all’Anderlecht, Tomislav Ivic.
La nuova posizione lo consacrò tra i migliori interpreti del ruolo a livello internazionale.
Disponeva, nel suo bagaglio tecnico, di colpi raffinati come il colpo di tacco, il doppio passo e repentini cambi di direzione.
Impostava l’azione da regista arretrato, spesso con precisi lanci lunghi, era rigorista, ma la caratteristica che lo rendeva particolarmente efficace era la capacità di effettuare discese palla al piede grazie ad un ottimo controllo di palla e ad un imprevedibile cambio di passo che gli permetteva di creare spazi e superiorità numerica.
Gestiva con sagace maestria la trappola del fuorigioco impostata in modo molto aggressivo da Ivic, dove tre-quattro giocatori convergevano rapidamente verso l’avversario che era in possesso palla.
Con l’Anderlecht ha conquistato la Coppa U.E.F.A. 1982-1983 (doppia Finale contro il Benfica) mentre nell’edizione 1983-1984 della medesima manifestazione i “bianco malva” si arresero in Finale al Tottenham dopo i calci di rigore.
Ha disputato i Campionati Europei del 1984 e del 1988 oltre alla Coppa del Mondo del 1986.

Vanta 102 presenze (4 gol) in Nazionale.
In tutta la sua carriera ha rimediato un solo cartellino giallo.



Jan Mølby del Liverpool è il regista della squadra assieme al capitano Olsen.
“Big Jan” è cresciuto calcisticamente nell’Ajax (insieme a Frank Rijkaard, Marco Van Basten e Jesper Olsen) sotto l’influenza tattica di Johan Cruijff.
Definito dal compagno di squadra Ken Dalglish “uno dei migliori centrocampisti della sua generazione”, Mølby possedeva una straordinaria abilità e precisione nei passaggi sia corti sia lunghi oltre ad essere un eccellente rigorista.
Ne ha realizzati 42 in totale, addirittura una tripletta nel novembre 1986 contro il Coventry in una gara valevole per la Coppa di Lega.
Mølby ha giocato 33 partite con la Danimarca dal 1982 al 1990, segnando complessivamente due gol.
Le due mezz’ali offensive sono Allan Simonsen e Mikael Laudrup.
L’estroso fantasista del Borussia Monchengladbach vinse con i “Die Fohlen” (“I Puledri”) la Coppa di Germania nel 1973 e il campionato nella stagione 1974-1975 segnando 18 reti in 34 presenze.
Nello stesso anno vinse la Coppa U.E.F.A., segnando ben 10 reti in 12 partite, compresi due gol nella Finale contro il Twente, mentre nella stagione seguente rivinse il “Meisterschale” segnando 16 reti.
Nel 1977 realizzò 12 reti in campionato, vincendo il titolo di Campione di Germania per la terza volta, giungendo in Finale di Coppa dei Campioni, in cui la Squadra del Basso Reno (“Die Elf vom Niederrhein”) cedette 3-1 al Liverpool nonostante un suo gran gol che sancì il momentaneo 1-1. Vinse nello stesso anno il Pallone d'Oro, primo danese a riuscirci.


Vinse nuovamente la Coppa UEFA nella stagione 1978-1979, torneo in cui segnò ben 8 goal in 8 partite.
Nella Finale contro la Stella Rossa Belgrado segnò il gol decisivo della vittoria.
Fece il suo debutto in nazionale in un'amichevole contro l'Islanda nel 1972.
Rappresentò il suo paese alle Olimpiadi 1972 di Monaco di Baviera in cui segnò tre goal (di cui due nel vittorioso incontro inaugurale contro il Brasile a Passau) in sei partite, ma la Danimarca non riuscì ad arrivare in zona medaglia nonostante fosse l'unica nazionale a non aver perso (pareggiò 1-1 con la Polonia, poi vincitrice della medaglia d'Oro).
Sotto la guida dell'allenatore Sepp Piontek si qualificò al Campionato d'Europa 1984.
Nelle qualificazioni europee la Nazionale danese finì per un punto davanti all'Inghilterra, giunta seconda, e Simonsen segnò uno dei suoi gol più importanti in nazionale, ovvero il rigore che permise la vittoria decisiva a Wembley (0-1).
L'Europeo del 1984 fu un'esperienza breve per Simonsen, a causa di un grave infortunio nella prima partita del torneo, contro la Francia (fallo di Yvon Le Roux).
Nonostante la sua assenza la sua squadra arrivò fino alle Semifinali.
Partecipò poi al Campionato del Mondo 1986, la prima partecipazione della Danimarca ad un Mondiale.
Con la Nazionale danese scese in campo in totale 55 volte e segnò 20 gol.
Fu inoltre tra i convocati della Selezione Europea nella gara ufficiale contro la Nazionale italiana il 25 febbraio 1981 allo Stadio Olimpico di Roma, il 383º incontro disputato dagli azzurri, organizzato per raccogliere fondi per le vittime del terremoto dell'Irpinia.
La gara si concluse con la vittoria per 3-0 della Selezione Europea, Simonsen giocò il primo tempo, segnando al 32’ minuto il primo gol della gara.
E’ l'unico giocatore ad aver segnato nella Finale di ogni competizione europea (Coppa U.E.F.A., Coppa delle Coppe e Coppa dei Campioni).
Estremamente tecnico, rapido e raffinato “Il Passero” è il partner ideale per Mikael Laudrup.
Il fuoriclasse del Barcellona, è considerato uno dei più forti e versatili centrocampisti offensivi, nonché uno dei giocatori più abili ed eleganti della storia del calcio.
Il suo compagno di squadra in blaugrana, Romário lo ha definito “il miglior calciatore con cui abbia mai giocato”, classificandolo come quinto miglior giocatore della storia (dietro Pelé, Diego Maradona, se stesso e Zinedine Zidane).
Durante la sua carriera è stato acclamato per la sua tecnica, l'eleganza, la visione di gioco, il controllo di palla, i passaggi in profondità e la capacità di dribbling.
Proprio il dribbling è forse il pezzo più noto del suo repertorio dove l’abilità e l’intuizione si sposano con la creatività.
Da queste doti è nata l’espressione "Made in Laudrup", ampiamente utilizzata in Spagna per definire il suo stile di gioco.
Numerosi compagni di squadra hanno detto: "Basta correre, troverà sempre un modo per farti arrivare la palla".

In Nazionale ha totalizzato 104 presenze e 37 gol.
Franz Beckenbauer ha detto: "Pelé è stato il migliore negli anni '60, Cruyff negli anni '70, Maradona negli anni '80 e Laudrup negli anni '90."



All’ala destra c’è Jesper Olsen del Manchester United.


Durante il periodo trascorso all’ Ajax, Olsen venne soprannominato “De Vlo” (“La Pulce”) per via della sua capacità di ruotare il corpo, girare su se stesso e saltare per evitare gli interventi avversari.
Era anche chiamato "L'Intoccabile".
L'allenatore dei lancieri nella stagione 1981-82, Kurt Linder, lo considerava il giocatore più sorprendentemente talentuoso della sua giovane squadra, tecnicamente e tatticamente fenomenale.
Jesper Olsen è un’ala ricca di estro e fantasia, dotata di un ottimo dribbling unito ad una fulminea agilità.
Partecipò al Campionato d'Europa 1984, al Campionato del Mondo 1986 dove segnò 3 reti e al Campionato d'Europa 1988.
Ha totalizzato 43 presenze segnando 5 reti.
Sulla corsia opposta c’è Karl Aage Praest della Juventus.
Dopo aver militato nell'Østerbro, nel 1949 fu acquistato dalla “Vecchia Signora”, formando così un "trio danese" bianconero assieme a John Hansen e Karl Aage Hansen.
A Torino Præst giocò quasi sempre titolare, conquistando due scudetti (1949-50 e 1951-52).
Præst è unanimemente riconosciuto come un talento di classe mondiale, dotato di eccezionali capacità nel dribbling e nell’effettuare cross, qualità che permisero a John Hansen di laurearsi capocannoniere nella stagione 1951-52.
Nella Nazionale di calcio danese ha collezionato 24 presenze segnando 17 reti e vincendo la medaglia di bronzo nel torneo calcistico dei Giochi Olimpici di Londra del 1948, manifestazione nella quale segnò una doppietta alla selezione del Regno Unito durante la Finale per il 3° posto.
Il centravanti, nello scacchiere allestito dal Professore, è Preben Elkjaer-Larsen del Verona.
Soprannominato “Cavallo Pazzo”, ha più volte sfiorato la vittoria del Pallone d'Oro:
nel 1985 arrivò secondo dietro al solo Michel Platini, e l'anno precedente si classificò terzo dietro al duo francese Platini-Tigana.
Nel 1984 è stato eletto Giocatore Danese dell'Anno.
Nelle fila della squadra belga del Lokeren visse uno dei migliori periodi della sua carriera, raccogliendo, in campionato, 190 presenze segnando 98 gol e guadagnandosi il soprannome di “Den Gale Mand fra Lokeren” (Il Pazzo da Lokeren).
Nel 1984 approdò in Italia, acquistato dal Verona per 2,5 miliardi di lire.
Diventò subito un idolo della tifoseria gialloblu che lo acclama tutt'oggi con il coro “Elkjaer sindaco!”.
Nella stagione 1984-1985 contribuì alla conquista dello storico scudetto veronese segnando, il 12 maggio 1985, il gol decisivo nella partita Atalanta-Verona (1-1).
Il 14 ottobre 1984, nella quinta giornata del campionato vinto dai gialloblù, aveva inoltre siglato un gol senza scarpa alla Juventus, che gli valse il nomignolo di “Cenerentolo”.
Nelle quattro annate col club scaligero non raggiunse la doppia cifra di gol a torneo, ma non scese mai sotto le sette reti.
Disputò inoltre 4 partite in Coppa dei Campioni segnando 4 gol (dei 5 complessivi segnati dal Verona in questa competizione), e 7 match in Coppa UEFA realizzando 5 reti.
Ha fatto parte per undici anni della Nazionale danese.
Ha partecipato alla Fase Finale del Campionato del Mondo 1986 in Messico, uscendo agli Ottavi: segnò 4 gol in 4 partite, e venne premiato con il Pallone di Bronzo di quella edizione, dietro Diego Armando Maradona e Harald Schumacher, nonché inserito nella formazione ideale del Mondiale nel ruolo di attaccante, insieme a Emilio Butragueño e Gary Lineker.
Partecipò anche a due edizioni del Campionato Europeo di calcio:
In Francia nel 1984, giungendo sino alla Semifinale, e in Germania Ovest nel 1988, dove invece la Danimarca fu eliminata nella fase a gironi.
Attaccante aggressivo, dinamico e potente, Elkjaear ha disputato 69 partite internazionali con la Nazionale danese segnando 38 gol.

« Perché quando hai modo di conoscere ed apprezzare chi soffre con te alla domenica e partecipa alle tue gioie e ai tuoi dolori pur non essendo in campo, ti ci affezioni. Almeno io sono fatto così. E per questo motivo, per rispetto nei confronti di chi mi ha amato e osannato fino ad invocarmi come sindaco di Verona, non ho accettato di vestire altre maglie di società italiane. Il loro rispetto meritava il mio rispetto... »
(Preben Larsen Elkjaer)



Ecco Bobby MOORE e Morten OLSEN impegnati nel sorteggio…


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La gara si infiamma subito con un lancio millimetrico di HAYNES che perviene sui piedi di WADDLE all’altezza del vertice destro dell’area di rigore.


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Dribbling vincente su Jan HEINTZE e sinistro a giro indirizzato all’incrocio dei pali…


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…la palla è fuori per questione di centimetri!


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La replica danese non si fa attendere:


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Mikael LAUDRUP, scodella un pallone invitante per l’accorrente Jesper OLSEN che esplode un destro teso e potente a filo d’erba…


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BANKS respinge la conclusione per impossessarsi della sfera in un secondo tempo anticipando il tentativo di tap in di ELKJAER.


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Ancora Mikael LAUDRUP protagonista:


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Il fantasista del Barcellona, con un giocata di classe, sfugge alla guardia di EDWARDS e CHARLTON e allarga nuovamente il gioco premiando l’inserimento di PRAEST il cui sinistro incrociato…


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…non inquadra lo specchio della porta: FUORI!


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La gara è combattuta, senza alcun tatticismo da parte degli ospiti che se la giocano a viso aperto scevri da timori reverenziali di sorta.
Questo atteggiamento da parte dei danesi rende la contesa viva ed appassionante con continui capovolgimenti di fronte.

E’ il momento di “Sir” Stanley MATTHEWS, che balza agli onori della cronaca con una giocata sublime:


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doppio dribbling nello stretto, che strappa applausi a scena aperta, ai danni di SIVEBAEK e MIDDLEBOE e conseguente penetrazione in area…


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…tuttavia, l’astro del Blackpool, in condizioni di precario equilibrio e leggermente sbilanciato al momento del tiro, impatta malamente la sfera e la sua conclusione si spegne sul fondo.


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E’ l’ultimo episodio di un primo tempo frizzante ed intenso.



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Alla ripresa delle ostilità il ritmo rimane sostenuto da ambo le parti.
Lungo rinvio di SCHMEICHEL che raggiunge Jesper OLSEN.


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L’esterno del Manchester United ingaggia un duello in velocità con Ray WILSON per poi scaricare su Allan SIMONSEN accorso in sovrapposizione.


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L’estrosa mezz’ala del Borussia Monchengladbach riesce, con un preciso passaggio filtrante, a servire ELKJAER sulla corsa…


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Il centravanti del Verona si appresta a concludere ma la scelta di tempo di Bobby MOORE è impeccabile e il capitano inglese, con un intervento in scivolata, sventa la minaccia!


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Poco più tardi SIMONSEN, in collaborazione con LAUDRUP, evita la strenua opposizione di EDWARDS e indirizza la sfera verso ELKJAER che, con una finta di corpo, aveva in precedenza eluso la marcatura di FRANKLIN…


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…la palla viene intercettata tempestivamente da BANKS in uscita!


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MATTHEWS sfugge alla guardia di un disorientato HEINTZE, guadagna il fondo e crossa al centro:


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GREAVES anticipa MIDDLEBOE e con perfetta coordinazione scarica un destro esplosivo calciando di collo pieno…


SCHMEICHEL, con un colpo di reni che sfida le leggi della fisica, devia il pallone a mano aperta!


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GRANDISSIMA PARATA!


L’Eternal tenta ora di profondere il massimo sforzo alla ricerca del gol:
ci prova “The Tank” con una fucilata dai 25 metri indirizzata al “sette”…


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SCHMEICHEL dice ancora di no con un intervento prodigioso!


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EL GUERCIO richiama WADDLE per inserire Kevin KEEGAN del Liverpool (63 – 21) in una staffetta preannunciata alla vigilia.
BEIRUT, avvertito un certo calo fisico tra i suoi, avvicenda SIMONSEN e PRAEST con Soren LERBY (67 – 10) dell’Ajax e Klaus BERGREEN del Pisa (46 – 5) passando ad una 4 – 2 – 3 – 1.
I padroni di casa cingono d’assedio l’area danese ma non trovano il pertugio per aggirare una difesa splendidamente diretta da Morten OLSEN.

Da un’iniziativa di KEEGAN nasce l’ennesima opportunità:
dopo il passaggio di ritorno ricevuto da HAYNES, che chiude l’uno-due, KEEGAN rientra sul sinistro e crossa col destro a centro area…


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GREAVES sale in quota, anticipa MIDDLEBOE e incorna…


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…la parabola impressa alla sfera disegna una traiettoria beffarda che termina la sua corsa…


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…sul PALO!!!


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Olsen è il più lesto a raggiungere la palla che viene spazzata via senza badare alla forma.


E’ l’ultimo episodio di una gara vibrante che ha visto un Inghilterra, dotata di grande talento, cogliere un solo punto contro una difesa solida e arcigna come quella danese.
Ora i sudditi di sua Maestà sono attesi in terra di Bosnia mentre la Danimarca riceverà la Polonia a Copenaghen.


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La Nazionale del Perù è stata una delle squadre più forti del Sud America tra gli anni trenta e gli anni ottanta del XX° secolo e, pur non avendo raccolto risultati di rilievo negli ultimi due decenni (anni novanta e nuovo secolo), è stata considerata la quarta nazionale sudamericana più importante dopo Brasile, Argentina e Uruguay fino ai primi anni ottanta.
Nel suo palmares vi sono 2 Coppe America (una vinta nel 1939 come Campeonato Sudamericano de Football e una come Copa America nel 1975).
Ha partecipato quattro volte al Campionato del Mondo, giungendo ai Quarti di Finale nel 1970 e al Girone del Secondo Turno nel 1978.
Fece il suo esordio ai Mondiali nell’edizione del 1930, dove venne eliminata al primo turno:
perse per 0-1 contro l’Uruguay (futuro Campione del Mondo) e per 1-3 contro la Romania.
Nel 1935 giunse terza nel Campeonato Sudamericano de Football.
Nel 1936 partecipò alle Olimpiadi di Berlino, nel corso delle quali arrivò in Semifinale battendo la Finlandia per 7-3 e l’Austria per 4-2.
La vittoria contro gli austriaci, però, fu annullata dalla FIFA, che dispose di giocare nuovamente la partita senza spettatori, provocando il ritiro del Perù.

Nel 1938 vinse i Giochi Bolivariani, mentre nel 1939 conquistò la Copa America, battendo in Finale l’Uruguay per 2-1.


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A tale notevole risultato contribuirono giocatori del calibro di Teodoro Fernandez, “Titina” Castillo, Alejandro Villanueva e “Il Bolide” Magallanes.


Negli anni 50’-60’ la selezione peruviana fu una squadra di ottimo livello e pur senza conseguire traguardi importanti vantava tra le proprie fila interpreti di grande valore quali Alberto Terry, Valeriano Lopez, Gomez Sanchez, Tito Drago o Guillermo Delgado.
Durante gli anni sessanta, ci fu una generazione notevole di calciatori peruviani che emigrò rapidamente in Europa ed in altri paesi dell’America.
Ricordiamo tra i migliori, Miguel Loayza, Juan Seminario, Juan Joya, Julio Melendez, Victor Benitez e Alberto Gallardo.
Senza di loro, il Perù fallì la qualificazione ai Mondiali del 1962 in Cile e a quelli del 1966 in Inghilterra.

Visse il suo miglior periodo negli anni 70’, nei quali fu la terza forza calcistica del Sudamerica dopo Brasile e Argentina.


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Alla quella straordinaria generazione (“Golden Generation”) contribuirono giocatori di classe mondiale come Teofilo Cubillas, Hector Chumpitaz e Hugo Sotil, oltre a Cesar Cueto, Roberto Challe, Josè Velazquez, Juan Carlos Oblitas ed altri calciatori di grande talento.


“La Blanquirroja” si qualificò per il Campionato Mondiale del 1970 superando l’Argentina dopo averla battuta 1-0 a Lima e pareggiando 2-2 a Buenos Aires il 30 agosto 1969, nell’ultimo turno.
Nella Fase Finale in Messico vinse per 3-2 contro la Bulgaria, 3-0 contro il Marocco e perse per 1-3 contro la Germania Ovest.
Ebbe accesso ai Quarti di Finale, dove fu sconfitta dal Brasile per 2-4.

Nel 1975 vinse la Coppa America, eliminando nella prima fase Cile e Bolivia, in Semifinale il Brasile e piegando in Finale la Colombia, con un gol di testa di Hugo Sotil.


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Cubillas fu nominato “Miglior Giocatore del Torneo”.


Qualificati per il Mundial in Argentina del 1978, “Los Incas” nel primo turno sconfissero la Scozia per 3-1 e l’Iran per 4-1, pareggiando 0-0 con l’Olanda, terminando così al primo posto nel girone.
Nella seconda fase furono clamorosamente sconfitti per 0-6 dall’Argentina.
Sulla partita aleggiò il sospetto di una “combine”, dato che i padroni di casa conoscevano già il risultato di Brasile-Polonia, giocata in anticipo, al fine da calcolare la differenza reti necessaria per scavalcare i brasiliani nell’accesso alla Finale.
Inoltre, la notte precedente alla partita, la polizia allentò le misure di sicurezza presso l’Hotel che alloggiava i peruviani, che furono così costantemente disturbati dai tifosi argentini con urla e schiamazzi.
Infine, il giorno dell’incontro, l’autobus con la squadra impiegò due ore per coprire il tragitto di quindici minuti che conduceva allo stadio, sbagliando più volte la strada.
Alla fine si fermò proprio sotto la curva dei tifosi argentini, che sommersero di fischi e imprecazioni gli allibiti peruviani.
Il Perù si qualificò anche per il Mundial in Spagna del 1982.
Nel maggio dello stesso anno la squadra partì per l’Europa per un tour di tre settimane in preparazione all’evento.
Vinse per 2-1 contro l’Ungheria, 1-0 contro la Francia di Platini e pareggiò 1-1 con l’Algeria.
Nella Fase Finale la Nazionale peruviana pareggiò per 1-1 contro l’Italia e 0-0 contro il Camerun venendo eliminata dalla competizione dopo la sconfitta patita contro la Polonia per 1-5.
Nel 1979 e nel 1983 il Perù giunse terzo in Coppa America.
Andò vicino alla qualificazione al Mondiale del 1986 ma fu estromesso dal Cile.
I peruviani avevano bisogno di una vittoria contro l’Argentina di Diego Armando Maradona per qualificarsi alla Fase Finale della rassegna iridata ma pareggiarono.
Nella Coppa America del 1987 la “Blanquirroja” fu eliminata al primo turno, malgrado due pareggi contro l’Argentina padrona di casa (1-1) e l’Ecuador (1-1).
L’8 dicembre 1987 il calcio peruviano fu colpito dal disastro aereo dell’Allianza de Lima, la squadra che forniva l’ossatura della Nazionale.
Tra le vittime dell’inabissamento dell’aereo nell’Oceano Pacifico vi furono il centrocampista Josè Casanova, il portiere Josè Gonzalez Ganoza, gli attaccanti Luis Escobar e Alfredo Tomassini e l’allenatore Marcos Calderon, CT del Perù dal 1974 al 1978.
Nelle successive quattro edizioni della Coppa America, il Perù vinse solo due partite (5-1 contro il Venezuela nel 1991 e 1-0 contro il Cile nel 1993).
Non riuscì a vincere neanche una partita delle qualificazioni al Mundial del 1990 e a quello del 1994, terminando in entrambi i casi all’ultimo posto della classifica.
Nell’edizione del 1997 della Coppa America, il Perù diede segnali di ripresa, piazzandosi al quarto posto, e nello stesso anno giunse terzo nella U.S.Cup (torneo amichevole con cadenza annuale indetto dalla United States Soccer Federation).
Nel 1998, con il nuovo sistema di qualificazione della zona CONMEBOL, sfiorò l’accesso al Mundial di Francia, sfumato per la differenza reti sfavorevole nei confronti del Cile.
Nel 1999 vinse per la prima volta la Kirin Cup, (torneo amichevole organizzato dalla holding giapponese Kirin) successo bissato nel 2005.
Invitato a partecipare alla Gold Cup del 2000 (competizione calcistica del Nord e Centro America, organizzata dalla CONCACAF ogni due anni (ogni quattro anni dal 1973 al 1989) a partire dal 1963) insieme a Colombia e Corea del Sud, il Perù si classificò terzo, ma chiuse i gironi sudamericani di qualificazione ai Mondiali 2002 e 2006 con due deludenti ottavi posti.
Ciononostante, nel 1999, 2001, 2004 e 2007 raggiunse sempre i Quarti di Finale della Coppa America.
Nel 2007 la Nazionale peruviana Under 17 raggiunse i Quarti di Finale al Mondiale di categoria.
Nel 2010 la panchina della Nazionale peruviana fu affidata a Sergio Markarian.
Nella Coppa America 2011, “Los Incas” pareggiarono con l’Uruguay per 1-1, vinsero contro il Messico per 1-0 e persero contro il Cile per 0-1, ma superarono il turno come migliore delle terze classificate insieme al Paraguay.
Nei Quarti di Finale superarono la Colombia per 2-0 dopo i tempi supplementari.
In Semifinale vennero eliminati dall’Uruguay, in seguito vincitore del torneo.
Il Perù si classificò terzo dopo aver sconfitto il Venezuela per 4-1 nella Finale di consolazione.
Nel marzo del 2014 fu nominato nuovo CT Pablo Bengoechea, che lasciò l’incarico nel dicembre dello stesso anno.
Gli subentrò l’argentino Ricardo Gareca.
Nella Coppa America del 2015 in Cile, il Perù fu sconfitto in rimonta nella gara d’esordio contro il Brasile (1-2), poi vinse contro il Venezuela (1-0) e pareggiò contro la Colombia (0-0), qualificandosi come seconda nel proprio girone.
Nei Quarti di Finale superò la Bolivia per 3-1 e approdò in Semifinale dove fu sconfitto dai padroni di casa del Cile futuri campioni.
Battendo per 2-0 l’altra semifinalista sconfitta, il Paraguay, il Perù chiuse il torneo al terzo posto.
Nella Coppa America 2016 la Nazionale peruviana vinse il proprio raggruppamento battendo Haiti (1-0), pareggiando contro l’Ecuador (2-2) e battendo il Brasile (1-0).
Il cammino si concluse nei Quarti di Finale con la sconfitta ai calci di rigore contro la Colombia (2-4) dopo che i tempi regolamentari e supplementari si erano conclusi a reti

inviolate.
Il Perù disputa le partite di qualificazione al Mundial all’Estadio Nacional di Lima.


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L’impianto venne edificato tra il 1951 e il 1952, in contemporanea con la demolizione del vecchio Estadio Nacional del Perú, di cui prese il posto come sede abituale delle gare interne della nazionale di calcio peruviana.
È anche sede delle gare casalinghe dei club di Lima cioè il Ciclista Lima, lo Sporting Cristal, il Deportivo Municipal e l'Universidad San Martín.
Di struttura ellittica, lo stadio aveva in origine una capienza di 48.000 posti.
Nel 1964 la capienza del Nacional fu ridotta agli attuali 45.000 posti circa per ragioni di sicurezza, a seguito del disastro verificatosi il 24 marzo di quell'anno durante la partita del Torneo Pre-Olimpico tra Perù e Argentina, valevole per la qualificazione al torneo di calcio dei Giochi della XVIII Olimpiade di Tokyo.
Sul punteggio di 1-0 per gli ospiti, scoppiarono notevoli incidenti sugli spalti a seguito dell'annullamento, da parte dell'arbitro uruguaiano Ángel Eduardo Pazos, di un gol giudicato regolare dal pubblico di casa.
La polizia sparò ingenti quantità di lacrimogeni sugli spettatori, 328 dei quali, non potendo uscire dall'impianto poiché i cancelli erano stati chiusi all'inizio della partita per disposizione delle autorità, morirono soffocati.
Successivamente a quell'episodio, il grande calcio tornò al Nacional nel 1975, ospitando le gare interne della nazionale peruviana nella prima edizione della Coppa America andata in scena senza Paese organizzatore fisso.

Il Perù, guidato dalla stella Teófilo Cubillas, giunse in Finale contro la Colombia.


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Dopo l'andata a Bogotà (vinta dai colombiani per 1-0), il ritorno si disputò proprio in questo impianto, il 22 ottobre, e la vittoria arrise alla selezione “Blanquirroja” per 2-0.
Lo spareggio si disputò poi all'Estadio Olímpico de la Ciudad Universitaria di Caracas (Venezuela), ove il Perù si impose per 1-0, facendo suo il trofeo per la seconda volta.
Un'altra importante rassegna che ha visto nel Nacional la sua sede principale è stato il campionato Mondiale di calcio Under 17 del 2005.
Il Perù ha ottenuto il suo primo campo da calcio nel tardo 19 ° secolo, quando il club Unión Cricket ha chiesto al Comune di Lima un pezzo di terreno appropriato dove poter giocare a calcio.
Il comune diede loro un piccolo pezzo di terra nel quartiere di Santa Beatriz, appartenuto ad un club di tiro.
Il 18 luglio 1897, il campo fu ufficialmente inaugurato e chiamato Estadio Guadalupe.
La Liga Peruana de Futbol (l’odierna FPF) lo usò per i primi tornei a Lima.
Nel 1921 prese il nome di Estadio Nacional, a seguito di un imponente lavoro di ampliamento dell'impianto e di abbellimento della zona, voluto dal presidente peruviano Augusto Leguía y Salcedo in occasione delle celebrazioni per il centenario dell'indipendenza del Paese.
Nel 1927 il Perù organizzò per la prima volta il Campeonato Sudamericano de Football (corrispondente all'attuale Coppa America).
Tutte le partite di quell'edizione (vinta dall'Argentina) si giocarono proprio in questo impianto, che da allora divenne la sede fissa delle gare casalinghe della nazionale peruviana.
Sempre qui si disputarono tutte le partite delle altre due edizioni del Campeonato Sudamericano organizzate dal Perù dell'anteguerra, nel 1935 e nel 1939 (quest'ultima vinta proprio dai padroni di casa).
Nel 1947 vi si giocò anche il torneo calcistico dei Giochi Bolivariani.
Negli anni '50 Miguel Dasso e il presidente peruviano Manuel Odria hanno finanziato il progetto per la costruzione del nuovo stadio.
Nel 1951 l'ormai vetusto Estadio Nacional venne chiuso e demolito: al suo posto fu realizzato il Parque de la Reserva, uno dei più grandi e famosi parchi cittadini di Lima.
Il 27 ottobre 1952, il nuovo Estadio Nacional fu inaugurato e dotato di ogni comfort.
Progettato per avere una capacità di 53.000 venne realizzato interamente in cemento.
La cerimonia di inaugurazione iniziò alle dieci del mattino e durò per tutta la notte.
La partita inaugurale fu disputata tra i giocatori della squadra nazionale del Perù divisi in due squadre, che giocarono la sera con il nuovo sistema di illuminazione.
Questa stessa struttura ospita “questa sera” la gara tra il PERU’ di BEIRUT (“Il Professore”) (Lw 63000 Ref. 455) e la BOLIVIA di GHJDYUS (“El Loco”) (Hw Top Spin) valevole per le qualificazioni al Mundial.

Ecco i 22 selezionati da Beirut per la gara d’esordio nelle qualificazioni per “Los Incas”.


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Il Professore disegna una 4 – 2 – 3 – 1 così organizzata:


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A difesa della porta c’è Juan Valdivieso dell’Alianza de Lima meglio noto come “El Mago”.
Partecipò al Mondiale del 1930, alle Olimpiadi di Berlino del 1936 e alla vittoriosa edizione del 1939 della Coppa America (l’allora Campeonato Sudamericano de Football).


Riflessi rapidi e grandi doti di intuizione si combinavano ad uno stile acrobatico facendo di Valdivieso un “arquero” abile e spettacolare al contempo.


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Fu titolare della squadra che partecipò al “Combinado de Pacifico” (tra il 25 agosto 1933 e il 7 marzo 1934) riscuotendo recensioni entusiastiche dai cronisti dell’epoca.


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La rivalità calcistica tra Cile e Perù ha radici profonde e una grande tradizione alle spalle, come quella della “bicicleta” o rovesciata.
Entrambe le nazioni ne rivendicano la paternità.
Per i peruviani è la “Chalaca” mentre sull’altra sponda c’è la “Chilena”.


Nel 1933, un’impresa privata gestita da Waldo Sanhueza e Jack Gubbins creò il “Combinado de Pacifico”.


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Si trattava di una squadra di calcio composta unicamente dai migliori giocatori peruviani e cileni.


Inizialmente la compagine era composta dai calciatori del club cileno del Colo-Colo e del club peruviano dell’Universitario de Deportes.
Successivamente vennero inclusi Juan Valdivieso e il talentuoso attaccante Alejandro Villanueva entrambi in forza all’Alianza de Lima.


La squadra, chiamata anche “Perù-Cile XI”, disputò 39 partite in Irlanda, Inghilterra, Scozia, Olanda, Cecoslovacchia, Spagna, Francia, Italia e Germania.


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Se ho interpretato correttamente le fonti, il 26 dicembre 1933 giocarono a Sanremo (ad un passo da casa mia) contro la Pro Vercelli in un incontro terminato 1 – 1.


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Valdivieso ricevette l’ovazione del pubblico europeo (parò quattro rigori in quattro diverse partite) e anche proposte d’ingaggio da club tedeschi e francesi ma declinò le offerte continuando a giocare per tutta la carriera con l’Alianza de Lima.
“El Mago” detiene anche un record (tutt’ora imbattuto) per aver segnato 7 gol in una sola gara.
Il 15 Agosto del 1933, spostandosi in attacco per rilevare l’infortunato Hose Villanueva, travolgeva con le sue reti i malcapitati avversari per un incredibile 8-1 finale tra Alianza de Lima e lo Sportivo Unión.
In posizione di “Lateral Derecho” c’è Jaime Duarte dello Sport Boys.
Unanimemente considerato il miglior terzino destro della storia del Perù, a 21 anni partecipò, da titolare, alle qualificazioni al Mundial del 1978 ed essendo il giocatore più giovane della squadra, si guadagnò il soprannome di “El Chiquillo” (“Il Bambino”).
Ottimo marcatore si distingueva per la capacità di inserimento e per il costante apporto alla manovra offensiva.
Ha totalizzato 55 partite in Nazionale tra il 1975 e il 1985, disputando la Coppa del Mondo nel 1978 e nel 1982 e la Copa América nel 1979 e nel 1983.
A la “izquierda” c’è Nicolas Fuentes dell’Universitario de Deportes.
“El Cordobes” possiede un grande senso della posizione, eccellenti capacità di recupero, tecnica e visione di gioco.
Ha partecipato alle qualificazioni per la Coppa del Mondo 1966 e 1970.
Ha disputato la Coppa del Mondo del 1970 affermandosi come una figura di spicco del reparto difensivo della “Blanquirroja”.
“El zaguero” (lo stopper) è Julio Melendez del Boca Juniors, “El Diamante Negro”.
Difensore elegante, sicuro e dotato di grande tecnica è stato uno degli stranieri più celebrati dai supporters del Boca.
“Y ya lo ve, y ya lo ve – Es el peruano y su ballet”, (E già lo vedo, e già lo vedo, è il peruviano col suo balletto”) era il coro ricorrente tra i tifosi “Xeneises” durante la sua permanenza in Argentina.
Ha iniziato la carriera giocando come terzino destro per poi consacrarsi come difensore centrale.
Nel 1969 vinse, da capitano, il Campionato Nazionale Argentino e la Coppa d’Argentina bissando il successo nel massimo torneo nazionale l’anno seguente.
Con la Nazionale peruviana disputò 32 gare, conquistando la Copa America nel 1975.

Il libero è Hector Chumpitaz dell’Universitario de Deportes.


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Difensore “Granitico” trovava spesso la via della rete (77 gol tra campionato e Nazionale).


Con la Nazionale Peruviana ha vinto la Copa America nel 1975 (1-0 alla Colombia in Finale) e ha partecipato a due edizioni dei Mondiali (1970 e 1978), dove, in entrambi i casi, il Perù è stato eliminato ai Quarti di Finale.


Soprannominato “El Gran Capitan” (o anche “El Capitan de America”) è stato il capitano della Nazionale per 15 anni (1966 – 1981) totalizzando complessivamente 105 presenze e 6 reti.


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Insieme a Elias Figueroa, Daniel Passarella e Josè Nasazzi è considerato il miglio interprete del ruolo di difensore centrale nella storia del calcio sudamericano.


Con l’Universitario de Deportes di Lima vince, da capitano, 5 titoli Nazionali (1966, 1967, 1969, 1971 e 1974).
Nel 1969 e nel 1971 viene nominato “Miglior Difensore del Sudamerica”.
Nel 1972, con l’Universitario giunge in Finale di Coppa Libertadores contro il club argentino dell’Independiente che si aggiudica il torneo (0-0 nell’andata disputata a Lima e 2-1 alla “Doble Visera” di Avellaneda).
Nel 1973, disputa, da capitano (!) un incontro amichevole tra la selezione “All Star” del Sudamerica e la selezione “All Star” Europea.
Al Camp Nou di Barcellona la gara si concluse 4-4 ai tempi regolamentari e Chumpitaz realizzò il quarto gol.
Ai calci di rigore la spuntarono i sudamericani per 7-6.
Nella squadra europea giocarono anche Cruijff, Eusebio e Beckenbauer mentre tra le fila della selezione sudamericana giocarono Cubillas, Rivelino, Jairzinho e Brindisi tra gli altri.

La sua tecnica, la sua leadership e la sua capacità nell’organizzazione del gioco ne fanno uno dei più grandi difensori sudamericani di tutti i tempi.



Davanti alla difesa il Professore ha posizionato Josè Velasquez dell’Alianza de Lima.
“El Patron” era famoso per la sua eleganza, il suo carisma e le sue doti tecniche.
Ha giocato e vinto la Coppa América nel 1975, ottenuto due volte il terzo posto nelle edizioni del 1979 e del 1983 e partecipato alla Coppa del Mondo nel 1978 e nel 1982.
Vanta 82 presenze, tra il 1972 e il 1985, e 12 gol.
Formatosi (dai 14 anni) nelle giovanili dell’Alianza come difensore centrale, fu in seguito spostato nel cuore della mediana, trasformandosi in uno straordinario centrocampista difensivo.


Fece parte della famosa generazione di calciatori peruviani degli anni '70 (la “Generazione d’Oro”) insieme a Cubillas, Chumpitaz , Sotil , Challe , Cueto , Oblitas , "Trota" Rojas , Juan José Muñante e altri grandi interpreti.



Al fianco d’El Patron c’è Segundo Castillo del Deportivo Municipal meglio noto come “Titina” per via della passione del calciatore per una canzone degli anni venti.


Fenomenale nell’interdizione e altrettanto abile nell’impostazione della manovra, Castillo è un centrocampista duttile e infaticabile, dotato di grande intelligenza tattica e di un temperamento d’acciaio.


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“Volante” o interno possedeva enormi abilità tecniche e grande precisione nei passaggi.
Ha partecipato alle Olimpiadi di Berlino del 1936 e alla Coppa America nel 1937 e nella vittoriosa edizione del 1939.


In posizione di mezz’ala destra troviamo Hugo Sotil del Barcellona.


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“Il Cholo Sotil poteva dribblare un esercito nello spazio delle mattonelle di un pavimento”
(Gerardo Barraza, cronista argentino)


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Considerato uno dei migliori talenti del calcio peruviano di tutti i tempi, insieme a Teofilo Cubillas ed Héctor Chumpitaz, ha fatto parte del nucleo storico della Nazionale peruviana che nel 1975 conquistò la Coppa América (suo il gol partita alla Colombia), giungendo ai Quarti di Finale nel Mondiale del 1970 e in quello del 1978.


Nel 1971 i dirigenti dell'Alianza de Lima e del Municipal programmarono alcune partite amichevoli internazionali per far giocare insieme Sotil e Cubillas nella coppia chiamata "Dupla de Oro" che sconfisse 1-0 il Benfica di Eusébio e ottenne una vittoria clamorosa per 4-1 contro il Bayern Monaco di Beckenbauer e Gerd Müller.


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Nei primi giorni del maggio 1971, grazie ad un viaggio premio di una casa cinematografica di Lima, visitò Firenze ed ottenne il permesso dai dirigenti di allenarsi con la Fiorentina, in un'epoca in cui non era permesso l'ingaggio di nuovi giocatori stranieri.
Nel 1973 realizzò il primo gol nell’incontro amichevole che vide opposte le selezioni “All Star” del Sudamerica e dell’Europa.
Le prestazioni nella Nazionale peruviana ne esaltarono il talento e le qualità di rifinitore, e gli valsero l'interessamento del Barcellona, che l'acquistò nell'agosto 1973.
Debutta con i “Blaugrana” il 22 agosto 1973, contribuendo alla conquista del Trofeo Gamper, contro il Borussia Mönchengladbach, realizzando il gol della vittoria.
Con i catalani, guidati da Rinus Michels, Sotil vinse il campionato 1973-1974 dopo 14 anni dall’ultimo titolo, giocando con Johan Cruyff ed altri giocatori dalle indubbie abilità come Juan Manuel Asensi e Carles Rexach.

Durante la stagione vi fu anche la clamorosa vittoria per 5-0 contro il Real Madrid al Bernabéu, in cui Sotil realizzò il quinto gol con un colpo di testa.


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Il 21 agosto 1974 vince il secondo Trofeo Gamper, partecipando alla vittoria del Barcellona sui Glasgow Rangers, per 4-1.


Restò al Barcellona per tre anni (dal 1973 a 1976), giocando 111 partite con 33 gol all'attivo.
Nel gennaio 1977, torna in Perù, all'Alianza de Lima, e con Teofilo Cubillas e Cesar Cueto, forma un trio offensivo formidabile.
Gioca 48 gare realizzando 23 gol e contribuisce alla vittoria del titolo peruviano nel 1977 e nel 1978.
Conduce il club di Lima al girone di Semifinale della Coppa Libertadores 1978 realizzando 5 reti in 10 partite.
Debutta nella Nazionale di calcio del Perù il 18 ottobre del 1969 all'Estadio Nacional di Lima contro la Bulgaria, entrando nel secondo tempo e firmando tre gol nel 5-3 finale.
Scenderà in campo 62 volte (tra il 1970 e il 1978) realizzando 18 reti.
Dribblatore straordinario e preciso assist man, Sotil è, fuor di dubbio, una delle grandi stelle della “Generazione d’Oro” peruviana.
Sulla corsia opposta c’è Juan Joya del Penarol Montevideo.
Inizia la carriera professionistica nell’ Alianza de Lima, debuttando a 19 anni e distinguendosi per la sua velocità e per le abilità realizzative.
Con “L’Equipo del Pueblo” è campione peruviano nel 1954 e nel 1955, mentre nel 1957 diventa capocannoniere del campionato realizzando 17 gol in 18 partite.
Nel 1960 approda in Argentina, al River Plate, dove rimane per una stagione, collezionando 21 presenze e 6 reti.
Nel 1961 passa al Peñarol e con gli “aurinegros” vince 6 titoli nazionali (1961, 1962, 1964, 1965, 1967 e 1968), 2 Coppe Libertadores (1961 e 1966), 2 Coppe Intercontinentali (1961, 1966) e una Supercoppa dei Campioni Intercontinentali (1969).
Un approfondimento sulla Supercoppa dei Campioni Intercontinentali:
Nota come “Recopa de Campeones Intercontinentales”, “Recopa Mundial” o “Recopa Intercontinental”, è stata una competizione calcistica patrocinata dalla CONMEBOL e disputata solamente nel 1968 e nel 1969 tra le squadre vincitrici in passato della Coppa Intercontinentale.
Questa coppa venne ideata nella seconda metà del 1967 dai dirigenti delle tre squadre sudamericane che si erano aggiudicate la Coppa Intercontinentale, e precisamente il Peñarol, il Santos e il Racing Avellaneda.
La nuova manifestazione si sarebbe disputata con gironi di andata e ritorno tra le squadre sudamericane vincitrici dell'Intercontinentale negli anni precedenti e parimenti con gironi di andata e ritorno tra i club europei che si erano precedentemente fregiati del titolo di Campioni del Mondo per Club.
I vincitori dei due mini gironi si sarebbero incontrati in una doppia finale.
Per l'Europa dovevano partecipare i due soli club ad aver vinto l'Intercontinentale:
Inter e Real Madrid.
Nel 1968 la CONMEBOL patrocinò la nuova coppa, con l'assenso dell'UEFA, e il 13 novembre 1968 ci fu la prima partita.
Real Madrid ed Inter avrebbero dovuto incontrarsi in una doppia sfida tra la fine del 1968 e i primi mesi del 1969, ma dopo una prima risposta affermativa, il Real Madrid dovette rinunciare alla coppa per problemi di calendario.
L'Inter divenne così automaticamente la finalista della parte europea della nuova coppa.
Giunse alla Finale dalla parte sudamericana il Santos di Pelé.
Il 24 giugno 1969 si disputò la Finale d'andata allo stadio San Siro di Milano.
L'Inter prese parte a questa nuova coppa come a poco più di una amichevole di prestigio, mentre il Santos, giunto a questa finale dopo un lungo cammino di qualificazione si presentò alla finale al massimo della forma.
L'Inter presentò una formazione rimaneggiata senza alcuni titolari, tra cui Facchetti, Suárez, Landini e Bertini.
Vinse la partita il Santos per 1-0 grazie ad un gol di Toninho Guerreiro che calciò in porta una corta respinta di Bordon su un violento tiro da fuori area di Pelé.
La Gazzetta dello Sport titolò l'indomani: "Santos 1 - Inter 0... a ritmo cordiale".
Si doveva disputare il ritorno in Brasile, ma l'Internazionale rinunciò alla manifestazione.
Il Santos si offrì comunque di giocare in Italia anche il match di ritorno e precisamente a Napoli nel settembre 1969, ma la formazione milanese declinò a causa dell'inizio del campionato proprio in concomitanza con la Finale di ritorno e non giudicando tale manifestazione niente altro che una amichevole di lusso.
Il Santos si dichiarò campione nel disinteresse generale, ma incredibilmente a distanza di 36 anni la CONMEBOL ha deciso di considerare tale coppa come un torneo ufficiale e il Santos può fregiarsi dal 2005 del titolo di vincitore della Supercoppa dei Campioni Intercontinentali 1968.
Nel 1969 la CONMEBOL ci riprovò: vennero disputate 11 partite tra le 4 squadre che avevano vinto sino ad allora la coppa Intercontinentale e prevalse alla fine il Peñarol.
Sul lato europeo però questa coppa continuava ad essere ignorata.
Real Madrid, Internazionale e Milan non disputarono alcuna partita tra loro per produrre una finalista per la Coppa e di conseguenza la Finale non fu disputata.
Nel 1970 la CONMEBOL tentò una terza edizione che fallì anche in Sud America.
L’allora allenatore del Peñarol, Roberto Scarone spostò Juan Joya dalla posizione di attaccante centrale a quella di esterno sinistro.
In quella che allora era una delle migliori squadre del mondo, “El Negro Once” si integrava magnificamente con giocatori del calibro di Alberto Spencer, Julio Cesar Abbadie e Pedro Rocha.
Indimenticabile fu la doppia sfida che portò in dote la vittoria della prima Coppa Intercontinentale.
Nel 1961, dopo aver patito una sconfitta per 0-1 a Lisbona, il Peñarol rimonta e travolge il Benfica, all’Estadio Centenario (vedi URUGUAY – VENEZUELA) di Montevideo, con un sonoro 5-0.
Juan Joya realizza una doppietta trafiggendo il leggendario portiere lusitano Costa Pereira, prima su assist di Ernesto Ledesma al 17’ e nella seconda occasione con un preciso colpo di testa su cross di Alberto Spencer.
In Nazionale partecipa alla Copa America del 1959 dove il Perù pareggia 2-2 con il Brasile di Pelé, Garrincha e Didí, vince 5-3 con l'Uruguay e perde 3-1 con l'Argentina, chiudendo la manifestazione (vinta dall’Argentina con un punto di vantaggio sul Brasile, entrambe imbattute) al quarto posto.
All'epoca l'attacco della selezione peruviana era composto dal “Professore” Miguel Loayza, Oscar Gómez Sánchez, Juan Joya, Alberto Terry e Juan Seminario (ex Fiorentina e vincitore della Coppa del Fiere 1965-66 con il Barcellona).

Il 17 maggio 1959, in una gara amichevole, il Perù sconfisse l’Inghilterra per 4-1 con tripletta di Juan Seminario ed un acuto di Juan Joya.


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Juan Joya era un attaccante esterno potente, rapido e dotato di grande tecnica.


“El Numero Diez” è Teofilo Cubillas.


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Mosse i primi passi nel mondo del calcio con le squadre giovanili dell’Alianza de Lima all’età di 14 anni.
Il suo senso del gol e la sua tecnica eccezionale attirarono presto l’attenzione dell’allenatore della prima squadra.
Indubbiamente elegante e decisivo in campo, all’inizio Cubillas fu messo da parte a causa dell’esile corporatura.
Due anni più tardi, all’età di 16 anni, in occasione del suo debutto in prima squadra, il suo compagno in attacco, Perico Leon, lo battezzò “El Nene” (Il Bambino).
In pochi mesi il giovane si guadagnò la fiducia della squadra con il suo tiro tonante e i suoi assist istintivi.
Al termine della stagione vinse il titolo di capocannoniere.
Il talento di Cubillas fu presto notato dall’allenatore della Nazionale peruviana, a quel tempo Waldir Pereira “Didì”.
Il giovane Teofilo ebbe la sua prima convocazione internazionale il 17 luglio 1968, in una partita di qualificazione alla Coppa del Mondo 1970.
Durante le qualificazioni, il Sudamerica poté assistere alla nascita di un campione.
Il Perù offrì una performance notevole in Messico, arrivando fino ai Quarti di Finale.
Cubillas, in particolare, segnò un totale di 5 gol in quattro partite (terzo nella classifica cannonieri dietro a Gerd Muller (10) e Jairzinho (7) ), due contro il Marocco e uno a testa contro Bulgaria, Germania Ovest e Brasile.

Rivelazione del torneo e simbolo del calcio offensivo praticato dalla propria squadra, Cubillas lasciò gli osservatori europei di sasso con la sua creatività e il suo innato talento.


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Fu eletto “Miglior Giovane del Torneo”.


Dopo essere stati eliminati dal Brasile per 2-4, i peruviani lasciarono il torneo a testa alta, fermati, forse, dalla squadra più forte di tutti i tempi.


Con le magie di Pelè e Tostao da una parte e quelle di Cubillas e Sotil dall’altra, gli spettatori furono incantati dagli uno-due, dai movimenti in campo e dalle giocate fantasiose in quella che divenne un’ode allo sport stesso, alternando attimi di genio individuale a momenti di gioco di squadra talmente perfetti da sembrare telepatici.
Alla fine della partita, Cubillas uscì dal campo acclamato dai brasiliani vittoriosi.



Nominato “Miglior Giocatore Sudamericano” nel 1972 davanti a Pelè, Jairzinho e Perfumo, Cubillas non riuscì a condurre il Perù al Mundial del 1974 a causa della sconfitta (1-2) nello spareggio disputatosi il 5 agosto 1973 all’Estadio del Centenario contro il Cile.


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Nella stagione 1973-74, Cubillas sbarcò in Europa, acquistato dal Basilea.


Giocò soltanto sei mesi senza mai riuscire ad adattarsi al campionato di calcio svizzero, ma realizzando comunque 7 gol in 14 partite.
“Quante volte” raccontò poi, “rimasto solo, la sera, mi è venuta voglia di scappar via. Era un ambiente impossibile per me: gente estranea per la quale è assurdo occuparsi dei problemi degli altri. Poi il freddo terribile. Mi è passata non solo la voglia di giocare, ma anche quella di ridere, non riuscivo a distrarmi”.
Nel 1974 fu acquistato dal Porto.
In Portogallo, Cubillas diventa il vero leader e l’uomo simbolo della squadra.
Nella stagione 1974-75 i “Dragoes” arrivano secondi e il peruviano viene eletto “Miglior Straniero”.
Nel 1976 segna 28 reti in 29 partite, ma nonostante ciò, il Porto non riesce ad imporsi in campo europeo.
Dopo tre stagioni termina la sua avventura con un bottino di 65 gol in 108 partite complessive tra Campionato portoghese, Coppa di Portogallo e Coppe Europee, e torna in patria acclamato come un eroe.
Aiutò così il suo Perù a vincere la seconda Coppa America nel 1975 quando “Los Incas” eliminarono nella prima fase Cile e Bolivia, sconfissero in Semifinale il Brasile (suo un gol su calcio di punizione nel 3-1 inflitto ai carioca al Mineirão di Belo Horizonte) e in Finale la Colombia nello spareggio di Caracas deciso da Hugo Sotil (1-0).
Fu nominato “Miglior Giocatore del Torneo”
Tornato all’Alianza de Lima, conquista due titoli nazionali nel 1977 e nel 1978.
Cubillas fece coincidere il suo ritorno sul palcoscenico mondiale ad Argentina 1978, con i peruviani qualificati alla seconda fase prima di fallire il passaggio a quella successiva in un gruppo molto difficile che comprendeva i padroni di casa, il Brasile e la Polonia.
Con 5 gol fu vicecapocannoniere dietro Kempes : tre li realizzò su rigore, due notevoli alla Scozia di cui uno fu una punizione fantastica d’esterno che rimase tra le perle assolute della manifestazione (“Secondo me” commentò sconsolato il portiere Rough, “il pallone è venuto da qualche altra parte, non è partito dal piede di Cubillas”).
Fu inserito nella squadra ideale del Mundial.
Scrisse di lui Franco Dominici nell’occasione: “La sua personalità calcistica è straordinaria. E’ uno di quelli che sembrano comandare il pallone con il pensiero, che realizzano tutti i numeri possibili con tocchi morbidi appena accennati. Ma non è soltanto un virtuoso. E’ la concezione tattica che in Cubillas è strabiliante: sembra che il gioco, la partita, gli ubbidisca. Sembra che si svolga in campo tutto quello che vuole lui.
Perché, qualsiasi cosa accada, lì c’è Teofilo Cubillas”.
Cubillas si ritirò dal calcio internazionale dopo i Mondiali in Spagna del 1982.
In totale con il Perù giocò 81 partite ufficiali realizzando 26 gol (secondo miglior marcatore di sempre della Nazionale peruviana dietro a Josè Paolo Guerrero).
Conteggiando anche le partite non ufficiali il suo score complessivo è di 45 gol in 107 presenze.

Al momento del ritiro dal calcio professionistico, Cubillas aveva 37 anni: in precedenza aveva passato un periodo negli Stati Uniti, dove segnò 59 gol in 120 partite per gli Strikers Fort Lauderdale e per il South Florida Sun di Miami.


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All’inizio si spostò sulla costa est per aprire diverse scuole di calcio ma nel 1987, di ritorno in Perù indossò di nuovo le scarpe da calcio, continuando a giocare fino a 40 anni per aiutare la sua squadra del cuore, l’Alianza, decimata in un disastro aereo.


In totale ha giocato 614 partite ufficiali segnando 338 gol, ma contando anche le partite non ufficiali, raggiunge i 526 gol all’attivo.



Col numero 9 c’è Teodoro “Lolo” Fernandez, “El Idolo Eterno” dell’Universitario de Deportes, la squadra più titolata del Perù.


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Lolo era il settimo degli otto bambini di Raymunda Meyzan e di Tomas Fernandez.
Imparò a giocare a calcio nella scuola primaria e fu presto accolto dal club locale dell’Huracan de Hualcarà, dove si distinse immediatamente.
All’età di 16 anni i suoi genitori lo mandarono a Lima per continuare gli studi.
Lolo rimase con il fratello Arturo che era il portiere della Ciclista di Lima.
Quando Arturo si trasferì all’Universitario de Deportes, in Primera Division, portò il fratello minore con sé e lo presentò al Presidente del club, l’ex giocatore che partecipò alla Coppa del Mondo del 1930, Placido Galindo che decise di metterlo sotto contratto.
Lolo sarebbe rimasto con l’Universitario per tutti i suoi 22 anni di carriera da calciatore professionista.
Fece il suo debutto in un incontro amichevole contro il Club Deportivo Magallanes del Cile, il 29 novembre 1931, segnando l’unica rete dell’incontro.
Nella sua prima stagione (1932) diventa capocannoniere del campionato, traguardo che raggiungerà per sette volte in carriera (1932, 1933, 1934, 1938, 1940, 1942 e 1945).
Rifiutò più volte offerte da squadre cilene, argentine ed europee restando fedele alla “U”.
Si narra che gli fu offerto un contratto in bianco da parte di una formazione cilena di primo livello ma, anche in quell’occasione, declinò la proposta.
Con i “Cremas” di Lima vinse 6 titoli nazionali (1934, 1939, 1941, 1945, 1946 e 1949) disputando 180 partite ufficiali e realizzando 157 gol.
Tenendo in considerazione anche la gare non ufficiali, Lolo giocò 251 gare segnando 228 gol.
Medaglia di bronzo nell’edizione della Coppa America del 1935, con la Nazionale peruviana partecipò alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 realizzando 6 gol nel torneo.

Conquistò l’oro ai Giochi Bolivariani del 1938 e vinse la Coppa America nel 1939 (battendo in Finale l’Uruguay per 2-1) laureandosi capocannoniere della manifestazione con 7 reti.


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E’ inoltre il terzo marcatore della storia della competizione con 15 gol (dietro a Zizinho e Norberto Mendez con 17) e il terzo realizzatore di sempre della Nazionale con 24 reti in 32 presenze tra il 1935 e il 1947 periodo nel quale fu anche il capitano della squadra.


Soprannominato “El Canonero” per la sua potenza e per la sua straordinaria abilità sotto rete, Fernandez fece parte del “Combinado del Pacifico” (“Perù-Cile XI”), la selezione che tra il settembre del 1933 e il marzo del 1934 disputò 39 gare amichevoli contro Barcellona, Celtic, Hearts, Newcastle, West Ham e Bayern Monaco tra le altre.
Lolo segnò 48 gol risultando il miglior marcatore della squadra.


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La Bolivia di Ghjdyus di schiera con una 4 – 1 – 4 – 1.


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A difesa della porta c’è Vicente Arraya dello Strongest.
Dotato di un fisico imponente, balzò agli onori della cronaca per i suoi “voli” audaci e le sue doti acrobatiche fuori dal comune, esaltandosi con interventi funambolici che ne ponevano a rischio l’incolumità.
Titolare indiscusso della Nazionale boliviana negli anni '40, ha disputato 26 partite ufficiali, difendendo la porta della “Verde” nelle edizioni della Coppa America del 1945, 1946, 1947 e 1949, quando la Bolivia ottenne uno storico quarto posto.
Partecipò alla Coppa del Mondo in Brasile del 1950, la seconda disputata dalla Bolivia (dopo quella del 1930).
Portiere estremamente coraggioso, Arraya fu soprannominato “La Flecha Andina” per la sua grande velocità che, unitamente ad una eccezionale reattività muscolare, lo portava a compiere spettacolari parate.

Fu capitano della Nazionale dal 1941 al 1947.


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Luis Cristaldo è il terzino destro.


Partecipò al Campionato del Mondo Under 16 del 1987 in Canada (vinto dall’Unione Sovietica).
Ha disputato complessivamente 93 partite (5 reti) in Nazionale, il che lo pone, assieme a Marco Sandy, al primo posto assoluto nella graduatoria di tutti i tempi delle presenze in Nazionale maggiore.
Perno della spedizione boliviana nella Coppa del Mondo in Usa del 1994, ha partecipato a sei edizioni della Coppa America (1993, 1994, 1995, 1997, 1999, 2004), oltre alla Confederations Cup del 1999.
E’ stato medaglia d’argento nella Coppa America, disputata in Bolivia, del 1997.
Nato in Argentina, a Formosa, si trasferisce a Santa Cruz, in Bolivia all'età di 15 anni.
Inizia a frequentare la prestigiosa Accademia di Calcio Tahuichi e, all'età di 18 anni, debutta in prima divisione.
Ha giocato nell’Oriente Petrolero (1990-92) e nel Bolívar (1993-98), vincendo quattro titoli nazionali.
Il suo debutto internazionale risale al 10 settembre 1989, durante una gara di qualificazione alla Coppa del Mondo del 1990, contro l'Uruguay a Montevideo (Bolivia sconfitta 0-2).
Nel 1998, si trasferisce in Spagna, allo Sporting Gijón in Spagna per tornare in Sudamerica nel 2000 (Cerro Porteño e Sol de América in Paraguay), oltre ad una militanza (1994), con il club argentino Mandiyú de Corrientes con Diego Maradona come allenatore.
Cristaldo è un esterno offensivo, dotato di buona corsa e discreta tecnica, qualità che lo rendono un elemento prezioso nello scacchiere allestito dal Barone.
Meno incline al dribbling del suo dirimpettaio ma più potente e maggiormente dedito alla fase difensiva è Hernan Huaranca Aramayo del Bolivar.
Solido e determinato ha il compito di coprire le spalle a Marco Etcheverry.
Juan Manuel Peña è “el defensa central”.
Difensore di grande esperienza, inizia la carriera calcistica nel 1990 nelle file del Club Blooming, una delle più titolate squadre boliviane.
Nel 1993 viene acquistato dall'Independiente Santa Fe dove resta due stagioni.
Nel 1995 viene notato dall'allora direttore sportivo del Real Valladolid, Ramón Martínez, e tesserato.
Con i “Pucela” resta per nove stagioni fino al 2004 quando, complice la retrocessione, si trasferisce al Villarreal.
Con la maglia del “Sottomarino Giallo” partecipa alla Champions League del 2005-2006 aiutando la sua squadra ad arrivare fino alle Semifinali del torneo dove viene eliminata dall'Arsenal.
Nel luglio 2007 si lega per due anni con il Celta Vigo, accettando di giocare in Segunda División.
Ha disputato 305 partite in Liga e 85 con la Nazionale boliviana (debutto nel 1991 a 18 anni), che ha rappresentato nella Coppa del Mondo del 1994 e in sei edizioni della Coppa América (1991, 1993, 1995, 1997 (2° posto finale), 1999, 2007).

Wilfredo Camacho è “El Gran Capitan”.


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Diede i primi calci al pallone al liceo Colsec di Quillacollo, sua città natale.
Dotato di grande velocità di pensiero e d’azione esordisce come attaccante per poi convertirsi a difensore centrale.
Nel 1962 assieme al connazionale Ramiro Blacut, passa al Ferrocarril Oeste in Argentina.
Due anni dopo, si trasferisce all’Once Caldas di Manizales, in Colombia per rientrare in patria nel 1965.
Fu la colonna della Nazionale (realizzando ben 4 gol nell’arco della competizione) che colse la vittoria nel Campeonato Sudamericano de Football (l’odierna Coppa America) del 1963 disputato proprio in Bolivia.

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Il 28 marzo di quell’anno, durante l’incontro tra Bolivia e Argentina sul punteggio di 2-2, a dieci minuti dal termine, viene concesso un calcio di rigore alla “Verde”.
Sul dischetto si presenta Max Ramírez ma la sua conclusione è deviata in angolo dal portiere argentino Andrada.
Il tifo incessante dell’Hernando Siles si trasformò in un silenzio assordante.

Ricorda Camacho:


"Nel momento in cui mi avvicinai a Ramirez per consolarlo, vidi le lacrime che rigavano il suo volto.


Nel momento in cui gli argentini abbracciavano Andrada, Fortunato Castillo batté il corner e la palla giunse nei miei piedi…


…tirai d’istinto e mentre l’estremo difensore argentino si protendeva vanamente in tuffo, la palla gonfiava la rete…”.


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“E' stato come un sogno ", poi arrivò l’incredibile 5-4 sul Brasile e la vittoria della Coppa, finora il più grande successo nella storia del calcio boliviano.


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Prezioso negli inserimenti e rapido nei recuperi, Camacho era un giocatore elegante e corretto al punto che il giornalista Roque Mario coniò l’espressione “Calcio Camachista”.


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Camacho conserva ottimi ricordi legati alla figura di Danilo Alvim, il capitano del Brasile nella Coppa del Mondo del 1950 che fu l’allenatore della Bolivia campione del Sudamerica nel 1963.


Alvim contribuì allo crescita del calcio boliviano grazie a preziosi insegnamenti tecnico-tattici che favorirono lo sviluppo e la maturità dell’intero movimento calcistico nazionale.

Il metronomo della squadra è Milton Melgar.


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Debutta a 20 anni nel Blooming, e vi rimane fino al 1985, (vincendo il titolo del 1984) quando passa al Boca Juniors, in Argentina.
Diventa rapidamente titolare degli “Xeneises” e, in tre anni, gioca 92 partite nella Primera Division argentina, realizzando 3 reti.
“La Dodici” (il principale gruppo organizzato dei tifosi del Boca), lo incoraggiava al grido: "Bolivia, Bolivia, boliviano" a testimonianza della stima indiscussa verso il giocatore.
Ebbe il privilegio di essere allenato da César Luis Menotti, in una squadra che annoverava tra le sue fila giocatori del calibro di Daniel Passarella, Sergio Batista, Jorge Higuain e Claudio Borghi.
Tuttavia, nel 1988, con l'arrivo di José Omar Pastoriza alla guida tecnica, Melgar si ritrovò ai margini del progetto tecnico e si trasferì agli “Archirrival” del River Plate, raccogliendo, in totale, 23 presenze.
Nel 1989 torna in patria, al Club Bolívar per trasferirsi l’anno seguente all'Oriente Petrolero.
Dopo aver nuovamente indossato i colori del Blooming (1991), torna all’estero con i cileni dell'Everton di Viña del Mar.
Nel 1993 rientra in patria e vince il titolo nazionale con lo Strongest.
Vanta 53 partite in Coppa Libertadores con 2 reti all’attivo.
In Nazionale ha giocato 89 partite tra il 1980 e il 1997, segnando 6 reti e partecipando a sette edizioni della Coppa América (1983, 1987, 1989, 1991, 1993, 1995, 1997) e al Campionato del Mondo del 1994.

Melgar è un centrocampista dal talento creativo e un regista dalla mentalità offensiva.



In posizione di mezz’ala destra c’è Ramiro Blacut.


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Uscito dalle giovanili del Club Bolívar di La Paz, a 17 anni fu inserito nella rosa del Club Always Ready di La Paz, che nel 1961 divenne la prima società di calcio boliviana ad effettuare un tour in ben dodici stati europei.
Vennero disputate 27 partite in tre mesi, circa tre a settimana, con alterne fortune.
“La Banda Roja” si misurò, tra le altre, con squadre come l'Anderlecht, l’Amburgo, il Southampton e il Siviglia e questa esperienza risultò fondamentale nella formazione calcistica di Blacut soprattutto dal punto di vista della mentalità di gioco.
Nel gennaio 1963 passò al Ferro Carril Oeste di Buenos Aires, in Argentina (insieme a Wilfredo Camacho).

Dopo due stagioni si trasferì (a 20 anni) in Europa, nella Bundesliga tedesca, al Bayern Monaco che allora era un club semi professionistico militante nella Regionalliga Süd.


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Tutti i giocatori tesserati erano, prima di tutto, dei lavoratori.


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Sepp Maier (21 anni) era un fabbro, Beckenbauer (19 anni) un agente assicurativo e Gerd Müller (19 anni) si occupava di mobili.


Avendo concluso la stagione 1965-1966 senza presenze, tornò in patria al Club Bolívar.


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Nell'allora semiprofessionistica lega boliviana vinse due titoli in cinque anni, nel 1968 e nel 1969. Blacut si trasferì poi nuovamente all'estero, stavolta in Perù, dove giocò con l'FBC Melgar di Arequipa.
Con la chiusura della stagione 1973-1974, tornato in patria al Club The Strongest, concluse la carriera, dopo la vittoria del titolo nazionale.
Nell'anno del debutto in campo internazionale vinse il Campeonato Sudamericano de Football 1963 (l’odierna Coppa America), tenutosi nella sua natia Bolivia, aggiudicandosi anche il premio di miglior giocatore del torneo.
Totalizzò 23 presenze e 3 reti nel corso della sua carriera internazionale, svoltasi dal 1963 al 1972.
E’ stato anche capitano della Nazionale durante le qualificazioni al Mundial di Mexico 1970.
Giocatore di grande personalità, Blacut sfruttava la sua velocità per dare profondità alla manovra.
Sebbene non fosse un giocatore spettacolare sul piano tecnico, si distingueva per la precisione nei passaggi, la forza, la determinazione, il coraggio e l’opportunismo sotto rete.
Durante le qualificazioni per la Coppa del Mondo in Messico del 1970, Blacut ricorda due gare in particolare, contro Argentina e Perù.
Nella partita contro gli argentini ricevette una gomitata in bocca, suturata con quattro punti, mentre nell’incontro con il Perù a Lima, dopo un salto, cadde a terra spinto da un giocatore peruviano e batté violentemente il capo.
Ci vollero cinque punti per chiudere la ferita e Blacut ironizzò su come quei nove punti complessivi avrebbero permesso alla Bolivia di qualificarsi per il Campionato del Mondo a discapito proprio del Perù che concluse il girone al primo posto con un punto di vantaggio sulla “Verde”.
In posizione di mezza punta centrale c’è Julio Cesar Baldivieso, “El Emperador”.
Ha iniziato la sua carriera nel 1987 nel Wilstermann (“El Equipo Aviador”), la squadra di Cochabamba sua città natale.
La sua tecnica sopraffina non passò inosservata e il Bolívar se ne assicurò le prestazioni mettendolo sotto contratto nel 1992.
Dopo la positiva esperienza con la Nazionale boliviana al Mondiale statunitense del 1994, viene acquistato dagli argentini del Newell's Old Boys.
Nel 1997 si trasferisce nella J-League allo Yokohama Marinos dove resterà per due stagioni.
Successivamente, Baldivieso giocherà in Ecuador (Barcellona Sporting Club e Deportivo Quevedo), in Cile (Cobreloa), in Arabia Saudita (Al-Nasr), in Qatar (Al-Wakra) e in Venezuela (Caracas), per far ritorno in Bolivia, nello Strongest.
Durante tutta la sua carriera, Baldivieso ha giocato 46 gare in Coppa Libertadores per tre squadre diverse e ha segnato 11 gol.
Ha debuttato in Nazionale il 14 giugno 1991 in una partita amichevole (sconfitta 0-1) contro il Paraguay a Santa Cruz de la Sierra.
Ha partecipato alla Coppa del Mondo del 1994 e ha conseguito la medaglia d’argento nella Coppa America del 1997 quando la Bolivia si piegò solamente al Brasile in Finale (1-3).
Nella fase a gironi di tale competizione, realizzò la rete del definitivo 2-0 contro il Perù e il gol partita contro l’Uruguay (1-0).
Successivamente disputò la Coppa America del 1991 in Colombia e le qualificazioni per la Coppa del Mondo in Giappone e Corea del 2002.

Ha conseguito un totale di 85 presenze, segnando 15 gol (terzo miglior marcatore della storia della Nazionale assieme a Carlos Aragonés).


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Tecnico e dotato di un’ottima visione di gioco, Baldivieso è un giocatore prezioso anche in interdizione.


Al suo fianco, sul centro sinistra, c’è Erwin “Platini” Sanchez del Boavista.
Cresciuto calcisticamente nella nota Accademia Tahuichi (accademia calcistica che in quel periodo formò calciatori come Etcheverry, Moreno, Peña e Cristaldo) fin da giovanissimo ebbe modo di dimostrare le sue qualità con i professionisti del Club Destroyers, dove era compagno di Marco Etcheverry.
Passato nel 1989 al Bolívar, in quella stagione si mise particolarmente in mostra nella Coppa Libertadores, dove realizzò tre reti.
Nel 1990 a 21 anni avvenne il grande salto nel calcio europeo, quando i portoghesi del Benfica lo ingaggiarono per una cifra di circa 200.000€.
Nella prima stagione giocò a sprazzi, e per favorire la sua maturazione la stagione successiva venne mandato in prestito all'Estoril.
Una volta ambientatosi nel campionato portoghese Sánchez passò altre undici stagioni in Portogallo alternandosi tra due delle più forti società portoghesi del tempo, ovvero Benfica e Boavista, totalizzando 288 partite e 59 gol in Primeira Liga.
Nonostante il Benfica sia storicamente una società più blasonata rispetto al Boavista, Sánchez si prese le maggiori soddisfazioni con quest'ultima squadra, vincendo la Supercoppa di Portogallo nel 1997 e addirittura il campionato nella stagione 2000-2001 (9 reti in 33 partite con le “Pantere”).
Nella propria Nazionale è probabilmente la stella che maggiormente ha brillato negli anni '90, risultando determinante nelle qualificazioni ai Mondiali del 1994 (dove segnò un gol al 67' (l'unico finora messo a segno dalla Nazionale boliviana in una Fase Finale di un Mondiale) accorciando lo svantaggio con la Spagna) e nel secondo posto ottenuto nella Coppa América del 1997, giocatasi proprio in Bolivia, dove Sánchez fu il miglior realizzatore della propria Nazionale con 3 reti (nei Quarti contro la Colombia (2-1), in Semifinale con il Messico (3-1) e in Finale contro il Brasile (1-3)).
In totale è sceso in campo in 57 gare internazionali, nell’arco di sedici anni, segnando 15 gol.
Trequartista dal piede raffinato era ben noto per i suoi precisi calci di punizione (da qui il soprannome di “Platini delle Americhe”), l’ottimo controllo di palla, l’abilità nei passaggi e la confidenza col gol che lo rendevano un centrocampista prolifico.

Largo a sinistra ma con totale libertà di manovra c’è Marco Antonio Etcheverry.


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Giocatore estroso dalle spiccate doti tecniche, si forma all’accademia Tahuichi e muove i primi passi calcistici nel Bolívar, per trasferirsi poi in Spagna, all'Albacete Balompié.
Dopo 15 presenze (2 gol) viene considerato dai critici inadatto al calcio europeo.
In effetti “El Diablo” non tornerà più a calcare i campi del “Vecchio Continente”, restando in Sudamerica per militare in diversi club, ovvero il Colo-Colo (Cile), l’America di Cali (Colombia) , il DC United ( il club americano dove è rimasto per otto anni), il Barcelona e lo Sport Emelec (Ecuador).
Con la squadra di Washington, Etcheverry esordisce nella Major League Soccer (MLS) nel 1996, vincendo 3 campionati, e venendo nominato “Miglior Giocatore del Campionato” nel 1998.
In otto stagioni con i “The Men in Black”, Etcheverry ha disputato 191 partite di campionato, realizzando 34 reti e mettendo a referto 101 assist (record per il club).
Nel 2005 viene inserito nella “Major League Soccer All-Time Best XI”.
Nella Nazionale boliviana vanta 71 presenze e 13 gol ed una fugace apparizione ai Mondiali in Usa del 1994.
Atteso come una delle possibili rivelazioni del torneo, disputa solo cinque minuti della partita di esordio contro la Germania, il tempo intercorso dall'ingresso in campo al 79' minuto e la sua espulsione per un fallo di reazione su Lothar Matthäus.
Le due giornate di squalifica e l'eliminazione della Bolivia al primo turno chiudono pertanto anzitempo la sua unica partecipazione alla Fase Finale di un Mondiale.

Questo spiacevole episodio non ridimensiona l’apporto di Etcheverry alla causa boliviana.


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Egli fu determinante (4 reti in totale) nel percorso di qualificazione a quel Mundial realizzando il gol del vantaggio nell’indimenticabile vittoria per 2-0 contro il Brasile (prima sconfitta nelle partite di qualificazione alla Coppa del Mondo nella gloriosa storia dei carioca) a La Paz il 25 luglio del 1993.



Ha disputato sei edizioni della Coppa America (1989, 1991, 1993, 1995, 1997, 1999) ottenendo un secondo posto nell’edizione casalinga del 1997 in cui realizzò due reti (contro Perù e Colombia).


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Ha rappresentato la “Verde” anche nella Confederations Cup del 1999.



“El Diablo”, mancino naturale, parte da sinistra per accentrarsi a suo piacimento, scambiandosi frequentemente posizione con Erwin Sanchez al fine di sostenere l’unica punta ovvero Victor Ugarte.
Con la Nazionale boliviana prese parte ai Mondiali del 1950 e al Campeonato Sudamericano nel 1947, nel 1949, nel 1953, nel 1959, e nella vittoriosa edizione del 1963, in cui segnò due reti in Finale contro il Brasile (5-4).
“El Maestro” ha realizzato 16 gol (11 nelle varie edizioni del Campeonato Sudamericano de Football) in 45 presenze, secondo miglior marcatore assoluto della Nazionale dietro Joaquín Botero.
Trascorre gran parte della sua carriera con il Club Bolívar ma nel 1958 si trasferisce per un breve periodo al San Lorenzo de Almagro risultando il primo giocatore boliviano a giocare nella Primera Division argentina.
Successivamente gioca anche per i colombiani dell’Once Caldas (che tentano vanamente di naturalizzarlo offrendo la cifra astronomica di 30.000 dollari!) prima di ritornare al Bolívar.
Il club colombiano dei Millonarios, gli argentini del Boca Juniors e i peruviani dello Sporting Cristal hanno tentato in più occasioni di ottenere la sua firma su di un contratto ma Ugarte non ha mai accettato.
Nel 1957 partecipa alle qualificazioni per il Campionato del Mondo del 1960.
La Bolivia è inserita nel Gruppo 2 con l'Argentina e il Cile e Ugarte viene nominato capitano della squadra che il 6 ottobre 1957 realizza una grande impresa superando per 2-0 l’”Albiceleste” a La Paz.
E’ il giorno in cui Ugarte, con una straordinaria prestazione, consacra il suo talento e diviene "Il Maestro" del calcio boliviano.
La notevole padronanza nel controllo della palla, il dribbling elegante, unitamente ad un pregevole intuito, ad un grande tempismo e ad un eccellente fiuto del gol fanno d’”El Maestro” una delle leggende del calcio boliviano e di tutto il Sudamerica.
Era un idolo amato da un intero popolo che si entusiasmava nel vedere i suoi gol realizzati con grande varietà di stile e da ogni posizione.
Le evoluzioni della sfera che disegnava con i suoi piedi sono rimaste impresse nelle retine di coloro che hanno avuto la fortuna e il privilegio di ammirarlo dal vivo.

Queste le premesse che accendono una sfida ricca di tradizione.


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Ecco i due capitani Hector CHUMPITAZ e Wilfredo CAMACHO che si scambiano i gagliardetti e procedono al sorteggio di rito al cospetto del direttore di gara.
La gara è vibrante sin dalle prime battute.


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Al 12’ un triangolo CUBILLAS, SOTIL, CUBILLAS, si concretizza permettendo al virtuoso “enganche numero diez” di penetrare in area…
“El Nene” resiste all’opposizione di PEÑA e serve, con un preciso rasoterra, Teodoro FERNANDEZ…


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…”remate de l’IDOLO ETERNO”…


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…ARRAYA si protende in tuffo ma il destro di “Lolo” s’insacca nell’angolino basso…


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1-0 !!! vantaggio de “Los Incas”!


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Palla al centro e riparte l’offensiva dei padroni di casa, lesti a recuperare la sfera con Josè VELASQUEZ.
“EL PATRON” alza la testa e appoggia su CASTILLO.


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“TITINA” serve in verticale CUBILLAS che scambia rapidamente con “Lolo” FERNANDEZ , sfugge alla guardia di Wilfredo CAMACHO e batte a rete da posizione favorevole…


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…splendida “atajada” de ARRAYA!


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La Bolivia, tenta timidamente di rialzare la testa dopo un avvio di gara traumatico e reagisce grazie ad una bella giocata impostata da Julio César BALDIVIESO.
“L’EMPERADOR” effettua un lancio millimetrico che invita allo scatto Ramiro BLACUT.


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L’ala del Bolívar ingaggia un duello con Nicolás FUENTES, guadagna il fondo e riesce a crossare teso a centro area verso l’accorrente UGARTE.


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EL MAESTRO”, pur francobollato da Julio MELENDEZ, riesce, ruotando su se stesso, a guadagnare lo spazio per battere a rete…


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…eccezionale riflesso di VALDIVIESO!!!


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Si giunge all’intervallo con “Los Incas” meritatamente in vantaggio grazie ad una prestazione superlativa che ha annichilito la Bolivia, apparsa in balia dei peruviani per tutta la prima frazione di gioco.



“El Loco” Ghjdyus tiene a rapporto i suoi analizzando le motivazioni che hanno impedito alla “Verde” di trovare i tempi e gli spazi per innescare la “risalida” e il conseguente “contragolpe” ma le responsabilità dei boliviani vanno valutate tenendo conto dello straordinario stato di forma dei peruviani.


Al 7’ del secondo tempo, “regate” travolgente di SOTIL che si libera di ARAMAYA e di PEÑA e arma un destro di collo pieno…


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…che la “FLECHA ANDINA” devia in angolo con un balzo felino!


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Sugli sviluppi del “saque de esquina”, CUBILLAS serva Juan JOYA che salta CRISTALDO e scarica un bolide dal vertice dell’area…


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…la palla sibila vicina al palo alla sinistra di ARRAYA e si spegne sul fondo!


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Josè VELASQUEZ domina “en medio de la cancha” così il “Professore” decide di sacrificare “Titina” CASTILLO per inserire César CUETO (51 caps e 6 gol in Nazionale) “El Poeta de la Zurda”.



L’ “habilidoso” trequartista dell’Allianza de Lima si affianca a CUBILLAS a ridosso del tridente SOTIL – FERNANDEZ – JOYA.


VELASQUEZ innesca Juan JOYA che danza sulla “banda” (la linea laterale), aggira CRISTALDO con la complicità di CUBILLAS e smarca splendidamente SOTIL grazie al “velo” geniale di “Lolo” FERNANDEZ…


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…destro potente del “CHOLO”…


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…PALO PIENO!!!


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Il Barone sostituisce CRISTALDO, uno spento ETCHEVERRY e BLACUT con Miguel Ángel RIMBA (80 – 0), Marco SANDY (93 – 6) e Carlos ARAGONES (31 – 15) tutti e tre in forza al Bolívar.
La “Verde” si schiera così con una 5 – 4 – 1 a rombo con MELGAR vertice basso ed Erwin SANCHEZ vertice alto mentre BALDIVIESO e ARAGONES sono gli interni di centrocampo.
Il Perù, che da qualche minuto aveva comprensibilmente rallentato il ritmo, si limita al possesso palla mantenendo, senza patemi, il controllo delle operazioni.
BEIRUT concede minutaggio a Juan Carlos OBLITAS (“El Numero Once” ; 64 - 11) dell’Universitario de Deportes, che rileva Juan JOYA sulla fascia sinistra e sul finire del match inserisce anche Alejandro VILLANUEVA (11 – 6) dell’Allianza de Lima detto “Manguera” al posto di “Lolo” FERNANDEZ che abbandona il terreno di gioco sotto una pioggia di applausi.

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La Bolivia non riuscirà a creare pericoli alla porta difesa da VALDIVIESO rassegnandosi, al fischio finale, ad una sconfitta che di positivo ha solamente il modesto passivo rimediato, ragionando in ottica di differenza reti.


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Il Perù ha dominato grazie allo straordinario talento dei singoli (SOTIL su tutti) ma anche in virtù di una manovra corale che rappresenta la solida base dell’identità de “Los Incas”.


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Nel secondo turno delle qualificazioni, il Perù farà visita agli Usa di Peter Pan che, all’esordio, hanno sorprendentemente sconfitto il Paraguay del Presidente ad Asuncion (vedi PARAGUAY – USA).


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La Bolivia d’ “El Loco” Ghjdyus riceverà proprio l’ “Albirroja” di Olrik superata di misura (0-1) nella gara inaugurale dagli “yankees” sul terreno amico dell’Estadio Defensores del Chaco.


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view post Posted on 15/8/2017, 15:28
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ALYENATION

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Il Torneo del Levante “5° Giò M” è stato il mio secondo torneo dopo Arenzano.
L’unico mio rammarico di una giornata intensa ed emozionante è stato quello di esserci arrivato troppo stanco. :wacko:
Il Subbuteo, per me, è il “Gioco della Mente” e quando hai il cervello a mezzo servizio sei meno presente, per lo meno in campo.


L’esito degli incontri non sarebbe cambiato ma mi sarei goduto di più l’atmosfera unica di ogni sfida.


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Così ho tazzato di caffè come un disperato! :woot:


Ambientare il Torneo nel Museo del Genoa è stata una figata!


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Magari un po’ meno per i doriani, ma in fondo neanche tanto secondo me!
E poi ha vinto proprio un blucerchiato, ironia della sorte!
Sono un ammiratore del Genoa, lo confesso, e di fronte a tante foto, antichi scenari, giornali d’epoca, divise originali e mostri sacri (la gigantografia di Scoglio che numero!) mi sono perso…fantastico! :clap:


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Eccezionale anche l’idea della card con le figurine per ogni partecipante!
Ho visto Eusebio e Rivelino e sbavavo!
Ringrazio Spartak Torriglia che si è privato di simili cimeli per regalarli a tutti noi…ero gasato!!! :haka:
Poi la focaccia con le cipolle a far dimenticare la stanchezza!
Io e Freidenreich l’abbiamo divorata!!! :woot:


E poi si parte a giocare…il Torneo Anglo-Italiano.


Ho l’Arsenal e me la vedo, al primo turno, contro Visigoto69 un ragazzo molto corretto e posato, oltre che abilissimo nel tiro.
Me ne ha fatti 4 di cui 3 stupendi: un taglio in corsa e due incroci chirurgici!
Assisterò, più tardi, ad una sua partita nella Fase ad Eliminazione diretta che finirà ad oltranza “dagli undici metri” o “dagli undici centimetri” se preferite!
Vittoria di Visigoto69!
L’idea di alternare i tipi di campo (Atropitch e Panno) è ottima per affinare la tecnica e misurarsi su ogni superficie.
Purtroppo, poco esperto come sono, ho faticato enormemente ad adattarmi.
Non riuscivo a calibrare la forza e questo mi ha reso inoffensivo.
Nel secondo incontro c’è Gibbo di Milano.
Aveva una maglietta con stampati i Tornei disputati, gli avversari affrontati (con la data) e il risultato finale!
Strepitosa! :clap:
Prendo un gol subito e poi spreco tanto, sempre con grandi difficoltà nel coprire le distanze.
Finisce 0 – 1 dopo un doppio palo interno e una traversa, mannaggia!
Al terzo turno finisco sul “Campo dei Nani” :lol:
Io opposto a Wickyste di Chiavari.
Le maglie di Chiavari stile “Gladbach” sono veramente belle, ogni volta mi trovo in fermo immagine ad ammirarle.
Segno il mio primo gol…su rigore…
Fallo di mano nel mezzo di una difensiva, in piena area di rigore…
Mando Berkamp dal dischetto…GOL!
Il mio primo (e unico!) gol del Torneo!
Galvanizzato dal vantaggio mi butto nella mischia alla ricerca del raddoppio, mentre Wickyste carica a testa bassa (visto il campo!) per pareggiare quanto prima e giocarsela.
Finirà 1-0 la mia unica affermazione della giornata.
Viene il turno di Luca64 che è veramente un bel vedere.
Pulito ed elegante, taglia e cuce con sapienza e precisione e tira come un cecchino.
Sono molto concentrato ma lui è proprio bravo e…limito i danni con un paio di parate: 0 – 4!
La gara finale del Girone B mi vede affrontare Gimbo.
Resto in partita a lungo ma mi manca sempre quell’ultimo passaggio risolutore.
Difendo benino ma alla fine cedo 0 – 2.
Nella fase ad Eliminazione Diretta mi ritrovo contro Il Conte che già mi aveva sconfitto ad Arenzano.
Voglio la rivincita!
Mi ritrovo sullo stesso campo dove avevo giocato contro Gibbo e con le stesse difficoltà della partita precedente.
Trovo un grande incrocio dei pali ma cedo 0 – 1…
La mia avventura finisce qui!
Mi è andata meglio con la Caccia al Tesoro dove ho rimediato una squadra e sto contrattando delle figurine con Freidenreich l’altro segugio della Cantera.
Proprio il nostro “Enfant Prodige” era il mio socio di merende in quel di Genova.
Ha esordito contro The Loft (con cui avevo giocato a Genova nella sede dei Bassotti durante la Coppa del Mondo del 1966 , 0 – 0 con annesso tiro al bersaglio zenese) rimediando uno 0 – 3.
Poi giunge la vittoria (1 – 0) contro Nicocenc e il pari (1 – 1) contro Grifo 1966.
Su di un vecchio panno arriva la seconda vittoria (3 – 0) contro Luke Goalie, seguita dall’affermazione contro Giova 65 (2 – 1).
Nel primo turno ad Eliminazione Diretta, Freidenreich si trova di fronte Mr.Cairo di Collegno se non sbaglio.
Si dimostra molto bravo a difendere disinnescando le offensive canterane.
Lo 0 – 2 pone termine ad un cammino molto positivo ed esaltante!
Abbiamo pranzato nel centro storico dopo che Kilburn ci ha fatto da Cicerone.
Che belle “le edicole” sui portoni, scorcio di uno scenario molto suggestivo.
E’ stata un’avventura che ha dato i suoi frutti come esperienza, questo al di fuori della componente ludica.
Ho conosciuto Spartak Torriglia e rivisto con grande piacere Driver68, Celtico69, Plutosamp, Zizou, Emy1976 e Il Conte.
Comunque quando torno da un Torneo ho più voglia di giocare di prima ed è proprio calarsi nella sfida che è differente.
Sempre un po’ più consapevole e così mi diverto di più perché mi riescono soluzioni che prima non si realizzavano mai!

Ora l'obiettivo è Reggio Emilia a Novembre!



Abbiamo ultimato i lavori del Campo 2 con delle striscie di velluto verde



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E finalmente sono arrivate le ultime squadre Decals!!! :upup:



Il GIAPPONE di Holly e Benji per VULKAN!


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Ecco il capitano Oliver Hutton!


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Poi c'è il MILAN di CARLITOS!



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Ed infine il BARCELLONA del Presidente!!!


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E non da ultimo Claudio Ranieri per la panchina del LEICESTER d'EL GUERCIO!


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Auguro a tutti un Buon Ferragosto e Buone Vacanze... I0JQL


vi lascio con un anticipazione sulla prossima sfida MUNDIAL che si è disputata al Marakanà di Belgrado...


JUGOSLAVIA



EIRE



Con un paio di "chicche" video di alcuni "mostri sacri" scesi in campo...





...e col nostro particolare "ARRIVEDERCI A SETTEMBRE" per il quale ringrazio ancora una volta l'amico GIUSEPPE TRIFIRO' che è stato il regista della nostra follia!!!

CIAO A TUTTI


:old:


mutley






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Attached Image: 2026

2026

 
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Attendiamo buone novelle :rolf: !
 
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:dun: :dun: :dun: Orlik dove siete ?
 
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