La Nazionale di calcio dell'Inghilterra, insieme a quella scozzese, è la più antica del mondo.
Ha conquistato un Campionato del Mondo nell'edizione del 1966 giocata in casa.
Per quanto riguarda i risultati ai Campionati Europei, gli unici piazzamenti di rilievo sono il Terzo posto nell'edizione del 1968 e la Semifinale nell'edizione casalinga del 1996.
Quella inglese è l'unica Nazionale, tra le vincitrici della Coppa del Mondo, a non aver mai conquistato l'alloro continentale.
Il primo incontro internazionale che gli annali del calcio registrarono fu disputato fra le due compagini britanniche all'Hamilton Crescent di Glasgow il 30 novembre 1872 e terminò con un pareggio a reti inviolate.
Da allora la nazionale albionica ha disputato oltre 800 partite internazionali contro squadre nazionali di tutto il mondo, anche se i primi confronti avvennero quasi esclusivamente all'interno delle isole britanniche sia come amichevoli, sia nell'ambito del cosiddetto Torneo Interbritannico (British Home Championship).
Nelle prime edizioni delle Olimpiadi presero parte rappresentative del Regno Unito variamente composte.
Queste rappresentative vinsero la medaglia d’oro nel 1900, 1908 e nel 1912.
Nel 1900, il calcio era al suo esordio olimpico assoluto, venne disputato un torneo dimostrativo al quale parteciparono sole tre squadre; trionfò la squadra dilettantistica l'Upton Park F.C che, ovviamente, rappresentò il Regno Unito.
Nel 1908 venne disputato il primo torneo Olimpico di calcio ufficiale, in questo torneo e in quello del 1912, il Regno Unito venne rappresentato dalla propria nazionale, questo permise al suo commissario tecnico di raccogliere giocatori dilettanti delle quattro federazioni.
Nonostante ciò, non è del tutto veritiero quello che si riporta da più parti, cioè che gli inglesi si arrogassero il ruolo di inventori del calcio e, di conseguenza, non intendessero mescolarsi alle altre nazionali.
La Federcalcio inglese entrò infatti a far parte della FIFA nei primissimi anni di vita della federazione internazionale (1906), ma ne uscì nel 1928 a causa di una serie di divergenze con i vertici (soprattutto francesi) dell'associazione.
Tra i motivi d'attrito vi era l'idea da parte della FIFA, e di Jules Rimet in particolare, di organizzare un proprio campionato Mondiale di calcio alternativo al torneo Olimpico: questo fatto avrebbe oscurato l'Home Championship e, soprattutto, messo in crisi il sistema delle amichevoli di lusso gestito in proprio dalla potente Federazione Inglese.
Inoltre, vi erano differenze di vedute sull'introduzione del professionismo nel calcio, evento già consumatosi da tempo nelle isole britanniche, ma visto ancora con sospetto da parte della dirigenza mondiale, che condivideva una visione “decoubertiniana” dello sport.
In conseguenza di ciò, la nazionale dei “Three Lions” non prese parte alle prime tre edizioni dei Mondiali di calcio, salvo riservarsi il privilegio di mettere in palio il "proprio" titolo morale invitando a misurarsi con loro le squadre di volta in volta ritenute degne.
Si ricordano a questo proposito i memorabili incontri con il “Wunderteam” di Hugo Meisl nel 1932 e con l'Italia di Vittorio Pozzo, campione del mondo nel 1934 e 1938.
Le due sfide con gli azzurri vennero giocate rispettivamente a Londra (3-2 per l'Inghilterra) e a Milano (2-2).
La prima partita è nota come "La Battaglia di Highbury".
L'Inghilterra ritornò a far parte del mondo calcistico ufficiale negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, quando uno spirito di collaborazione sovranazionale pareva attraversare il mondo intero, anche quello sportivo.
Nel 1946 la Football Association ridivenne membro della FIFA, nel 1948 si tennero i primi giochi Olimpici del dopoguerra proprio nella capitale inglese e due anni dopo anche il calcio era pronto a ritrovare la sua competizione principale.
Il battesimo inglese nella Coppa Rimet si tenne dunque ai Mondiali brasiliani del 1950, in cui gli inglesi furono eliminati nel girone preliminare.
Infatti, dopo una vittoria per 2-0 contro il Cile, la nazionale inglese patì un'inattesa e clamorosa sconfitta contro gli Stati Uniti, che vinsero 1-0 (gol di Joe Gaetjens).
La successiva sconfitta per 1-0 con la Spagna (rete di Telmo Zarra) affossò definitivamente le loro velleità di riscatto.
Ma lo schiaffo peggiore per i giocatori inglesi arrivò il 25 novembre 1953, quando l'Ungheria guidata da Puskás fu la prima nazionale non britannica ad espugnare Wembley battendo i padroni di casa per 3-6.
Desiderosi di rivincita, gli inglesi vollero organizzare una nuova partita pochi mesi dopo:
il 23 maggio 1954 a Budapest la nazionale dei tre leoni voleva dimostrare che la sconfitta di Wembley era stato solo un episodio, ma i magiari inflissero all'Inghilterra un umiliante 7-1, a tutt'oggi la più pesante sconfitta della nazionale inglese.
Nel Mondiale elvetico del 1954 fu l'Uruguay a sconfiggere gli ex maestri nei Quarti di Finale, mentre nell'edizione del 1958 fu necessario uno spareggio contro l'Unione Sovietica al primo turno, che vide gli inglesi uscire nuovamente sconfitti.
Nel mondiale 1962 in Cile, invece, toccò al Brasile, futuro campione del mondo, eliminare gli inglesi ai Quarti.
La nazionale d'oltremanica dovette attendere il mondiale casalingo del 1966 per riuscire a prevalere.
La squadra di casa si presentava con i favori del pronostico, perché finalmente in grado di schierare una formazione composta da grandi campioni, come i fratelli Jack e Bobby Charlton, Bobby Moore e Gordon Banks, guidati dalla sagacia tattica di Alf Ramsey.
In un mondiale dal basso livello di spettacolo, la formazione di casa superò il primo turno grazie ad un'attenta difesa (quattro gol fatti e nessuno subito).
• INGHILTERRA – URUGUAY 0 – 0
• INGHILTERRA – MESSICO 2 – 0 (37’ Bobby Charlton, 75’ Hunt)
• INGHILTERRA – FRANCIA 2 – 0 (38, 75’ Hunt)
In seguito gli inglesi sconfissero non senza difficoltà l'Argentina per 1-0 (rete di Hurst al 79').
Gli inglesi riuscirono a segnare solo dopo che l'arbitro tedesco ebbe espulso il capitano argentino Antonio Rattín, reo di avergli dato un'occhiata ironica dopo una decisione controversa (come dichiarò in seguito lo stesso arbitro, non gli piaceva l'espressione della sua faccia).
In Semifinale ebbero ragione del Portogallo: un gol di Eusébio non bastò contro la doppietta di Bobby Charlton.
La Finale contro la Germania Ovest, duecentesima partita nella storia dei Mondiali, fu una tra le partite più importanti di tutti i tempi: nei 90' regolamentari, la Germania andò in vantaggio con Helmut Haller (12').
L'Inghilterra riequilibrò il risultato sei minuti dopo con Geoff Hurst e si portò in vantaggio con Martin Peters al 78'.
All'ultimo minuto, quando i giochi sembravano fatti, Wolfgang Weber riportò il risultato in equilibrio segnando un gol assai contestato dai padroni di casa che lamentavano un fallo di mano del difensore tedesco.
All'undicesimo minuto del primo tempo supplementare Geoff Hurst scoccò un tiro rapido e potente: la palla colpì il lato inferiore della traversa, rimbalzò sulla linea e ritornò in campo. L'azione fu molto veloce e l'arbitro, lo svizzero Dienst, non fu in grado di capire se il pallone avesse interamente oltrepassato la linea di porta e chiese il parere dell'assistente più vicino, il sovietico Tofik Bachramov, che convalidò il gol.
Le riprese televisive dimostrarono poi che la palla era rimbalzata sulla linea, senza superarla.
Recentemente con il supporto della tecnologia si è fatta strada la teoria opposta… (
http://calcio.fanpage.it/risolto-il-giallo...966-era-valido/ -
http://ilbuzz.it.eurosport.com/xtravaganza...-era-rete-5183/ ).
Con la Germania sbilanciata in avanti alla ricerca del pareggio, i leoni misero a segno un altro gol proprio allo scadere, ancora con Geoff Hurst, che divenne così l'unico giocatore ad aver mai segnato una tripletta in una Finale Mondiale.
Il risultato di 4-2 consegnò agli inventori del gioco del calcio, che ricevettero la coppa dalle mani della regina in persona, il loro unico trofeo Mondiale.
La Germania Ovest consumò la propria vendetta quattro anni dopo, a Messico 1970.
I supplementari questa volta riuscirono fatali ai sudditi di Sua Maestà, sconfitti nei Quarti per 3 a 2, dopo che durante il match erano passati in vantaggio addirittura di due gol.
Fu la prima vittoria dei tedeschi sugli inglesi.
Dopo il 1970 iniziò forse il periodo più buio per la nazionale inglese.
Per cominciare, furono ancora i tedeschi ad eliminare gli inglesi nei Quarti di Finale degli Europei del 1972, vincendo clamorosamente a Wembley e pareggiando nella gara di ritorno.
L'eliminazione fu ancora più dolorosa perché proprio gli inglesi avrebbero dovuto ospitare (in caso di passaggio del turno) la Fase Finale (Semifinali e Finali) degli Europei del 1972, che invece si svolsero in Belgio e videro la prima vittoria della Germania.
Ma il peggio doveva ancora venire perché gli inglesi non riuscirono a qualificarsi alle due successive edizioni dei Mondiali.
Nei gironi di qualificazione per il Mondiale in Germania Ovest 1974 furono superati dalla Polonia, che sarebbe poi stata la squadra rivelazione del torneo.
A seguito di questo fallimento Ramsey fu esonerato dopo undici anni di Nazionale.
I bianchi furono prima brevemente guidati da Joe Mercer, e poi da Don Revie.
Nemmeno l’ex tecnico del Leeds riuscì a centrare la qualificazione per i Mondiali di Argentina 1978 a favore dell'Italia, che poi sarebbe arrivata quarta nel torneo argentino, e fu costretto a lasciare.
Quella che da molti viene considerata la miglior nazionale inglese dal '66 ad oggi scese in campo nel Mundial spagnolo del 1982.
Per capire la reale caratura di quella nazionale basti pensare che le squadre inglesi, nelle quali militavano pochissimi stranieri, avevano conquistato tutte le edizioni della Coppa dei Campioni dal 1977 al 1982.
Malgrado ciò la formazione britannica guidata da Ron Greenwood fu eliminata nella seconda fase a gironi (ancora dalla Germania Ovest), nonostante avesse fatto sino a quel momento un'ottima impressione (nessuna sconfitta e un solo gol al passivo), tanto da spingere i commentatori a includerli nel novero dei favoriti per la vittoria finale.
Greenwood fu quindi sostituito da Bobby Robson, considerato uno dei migliori allenatori della Nazionale inglese.
La partecipazione dei britannici al mondiale 1986 comprese la storica partita dei Quarti di Finale contro l'Argentina di Diego Armando Maradona.
Il Pibe de Oro stese gli inglesi con due suoi gol, entrambi memorabili, il primo nel male, segnato grazie ad una manata che spiazzò il portiere Peter Shilton (“La Mano de Dios”), e il secondo nel bene, ottenuto dribblando mezza squadra avversaria in una folle corsa fino alla linea di porta (il cosiddetto “Gol del secolo”).
Nel Mondiale italiano del 1990 gli inglesi centrarono per la seconda volta nella loro storia l'obiettivo della Semifinale, dove però dovettero cedere ai calci di rigore alla Germania Ovest.
Si classificarono quarti dopo essere stati sconfitti per 2-1 dall'Italia nella finale per il Terzo posto.
Robson lasciò la panchina inglese per allenare il PSV Eindhoven.
All'immediata eliminazione dagli Europei 1992 e alla mancata qualificazione ai Mondiali 1994, seguì un'occasione di riscatto quando l'Inghilterra ospitò la decima edizione del campionato europeo.
La squadra di casa giunse in Semifinale, dove fu eliminata nuovamente dalla Germania e, ancora una volta, ai calci di rigore.
La fine del millennio riservò delusioni, con l'eliminazione dai Mondiali di Francia per mano dell'Argentina e l'uscita al primo turno dall'Europeo in Belgio e Olanda a causa delle sconfitte con Portogallo (vittorioso, in rimonta, nella gara d'esordio) e Romania.
Nel 2001 l'ingaggio di Eriksson segnò una svolta storica: lo svedese fu il primo tecnico straniero a sedersi sulla panchina dei Leoni.
La qualificazione ai Mondiali passò dalla netta vittoria, per 1-5, contro la Germania.
Il cammino nella Fase Finale terminò ai Quarti, contro i futuri campioni del Brasile (1-2 Owen, Rivaldo, Ronaldinho).
Successivamente, le strade della squadra si intrecciarono con quelle del Portogallo.
Il primo incontro fu ai Quarti dell'Europeo 2004 (ospitato proprio nello stato lusitano).
Dopo il 2-2 dei supplementari, i padroni di casa vinsero ai rigori.
L'incrocio successivo si verificò ai Mondiali in Germania, nello stesso turno: anche in questo caso, gli inglesi vennero sconfitti dal dischetto.
Dopo il torneo, Eriksson fu sostituito da Steve McClaren.
La sua esperienza conobbe un avvio difficile con Beckham che rinunciò alla fascia di capitano (decisione su cui l'ala ritornerà poi) e culminò nella clamorosa esclusione dall'Europeo 2008.
La sconfitta contro la Croazia, peraltro già qualificata, al nuovo Wembley (2-3) consegnò alla Russia il secondo posto e l'accesso alla Fase Finale.
Il 14 dicembre 2007 la Football Association nominò un nuovo straniero come allenatore: l'italiano Fabio Capello, plurivincitore di titoli con i club ma alla prima esperienza con una Nazionale.
Capello esordì il 6 febbraio 2008, vincendo un'amichevole contro la Svizzera.
Malgrado la facile qualificazione ai Mondiali 2010, nella Fase Finale la squadra tradì le aspettative uscendo negli Ottavi di Finale contro la Germania: sul punteggio di 2-1, una rete valida di Lampard non fu assegnata (il risultato fu poi di 4-1).
Agli inizi del 2012, Capello rassegnò le sue dimissioni in seguito allo scandalo che vide coinvolto il capitano John Terry: il difensore del Chelsea fu, infatti, accusato di comportamento razzista nei confronti di Anton Ferdinand.
La decisione assunta, in piena autonomia, dalla FA di revocare a Terry la fascia ha portato l'allenatore, contrariato per la mancata richiesta del suo parere, a lasciare la panchina.
Pochi giorni prima degli Europei, la guida della squadra viene affidata a Roy Hodgson:
l'Inghilterra supera il proprio girone, davanti alla Francia, per poi uscire contro l'Italia ai rigori nei Quarti.
L'Inghilterra ritrova gli Azzurri anche ai Mondiali 2014, venendo battuta per 2-1 all'esordio.
La successiva sconfitta contro l'Uruguay, nonostante la prima rete di Rooney ai Campionati Mondiali, costa l'eliminazione al primo turno (come non accadeva dal 1958).
La Nazionale inglese accede quindi agli Europei di Francia 2016 vincendo tutte e dieci le partite di qualificazione, e venendo successivamente inserita nel girone B insieme a Galles, Russia e Slovacchia.
Nella partita d'esordio l'Inghilterra è raggiunta sul pareggio dai russi allo scadere, vincendo poi sempre in extremis il derby britannico contro i gallesi, e ottenendo la qualificazione alla fase a eliminazione diretta dopo un pareggio a reti bianche con gli slovacchi.
Agli Ottavi di Finale, tuttavia, la Nazionale dei Tre Leoni viene eliminata dalla rivelazione Islanda, vittoriosa per 2-1.
La sorprendente sconfitta contro i nordici porta Hogdson a rassegnare le dimissioni.
Sebbene la nazionale inglese abbia giocato in vari stadi, dispone storicamente di uno stadio nazionale a Londra, il celebre Wembley.
Dal 1913 fino alla costruzione del primo Wembley, la formazione inglese ha disputato i match casalinghi spesso al vecchio Highbury, storico impianto dell'Arsenal oggi demolito.
Il primo e storico Wembley fu costruito successivamente e inaugurato nel 1923 e divenne un'autentica pietra miliare del calcio: chiamato “Tempio del Calcio” infatti, questo impianto è stato teatro di partite di grande rilievo internazionale:
La Finale del Campionato Mondiale del 1966 (Inghilterra – Germania Ovest 4-2 d.t.s.), la Finale del Campionato Europeo del 1996 (Repubblica Ceca – Germania 1-2 d.t.s.), la Finale della Coppa di Campioni 1962-63 (Milan – Benfica 2-1), 1967-68 (Manchester United – Benfica 4-1 d.t.s.), 1970-71 (Ajax – Panathinaikos 2-0), 1977-78 (Liverpool – Club Bruges 1-0), 1991-92 (Barcellona – Sampdoria 1-0 d.t.s.) e le Finali di Coppa delle Coppe nelle edizioni del 1965-66 (West Ham – Monaco 1860 2-0) e del 1992-93 (Parma – Anversa 3-1).
Vincere a Wembley era impossibile fino agli anni cinquanta, quando riuscì nell'impresa la grande Ungheria di Puskás vincendo con un roboante 6-3 nel 1953. (Vedi UNGHERIA – CROAZIA)
L'Italia vanta due vittorie a Wembley, entrambe per 1-0: nel 1973, grazie ad un gol di Fabio Capello, e nel 1997, con una rete di Gianfranco Zola.
« Wembley è la cattedrale del calcio. È la capitale del calcio. È il cuore del calcio. »
(Pelé)
Le sue torri gemelle ne sono state per ottant'anni un simbolo inconfondibile.
Fin dalla sua costruzione fu annualmente designato per ospitare le Finali di FA Cup, League Cup e della Community Shield.
Costruito in vista dell'Esposizione dell'Impero Britannico del 1924, l'impianto venne inaugurato il 28 aprile 1923 dal re Giorgio V con il nome di Empire Stadium.
Il primo evento che ospitò, in quello stesso giorno, fu la Finale della FA Cup di quell'anno (vinta per 2-0 dal Bolton contro il West Ham) durante la quale si raggiunse la capacità massima, pari a 126.945 spettatori, un record da allora imbattuto, dopo che più di 200.000 persone avevano tentato di prendere parte alla partita.
Lo stadio fu costruito da 1.500 operai in soli 300 giorni, in un'area del Wembley Park Golf Club che era di proprietà del futuro Giorgio VI, all'epoca duca di York, ed era un impianto all'avanguardia: imponente, con un unico grande anello di gradinate capace di ospitare 100.000 spettatori dei quali 45.000 a sedere, aveva una tribuna in parte coperta in cui si trovava il palco reale, con i celebri 39 gradini per accedervi direttamente dal campo.
Wembley è uno dei pochi stadi inglesi ad avere anche una pista di atletica.
L'esterno era caratterizzato dalle facciate in stile vittoriano e le “Twin Towers”, torri bianche alte ben 38 metri che delimitavano l'ingresso alla tribuna principale, la North Stand.
Grazie alla presenza della pista, Wembley poté ospitare nel 1948 il suo primo grande evento internazionale, i Giochi della XIV Olimpiade.
Oltre al Milan (1962-63) e al Parma (1992-1993) anche la Fiorentina ha vinto a Wembley quando si impose contro l'Arsenal per 1-0 con uno storico gol di Gabriel Batistuta nel girone eliminatorio della UEFA Champions League 1999-2000 (vittoria che permise ai gigliati di passare il turno ai danni della squadra londinese), anche se, considerando le finali del Trofeo Anglo-Italiano, ad esse vanno aggiunte Cremonese, Brescia e Genoa.
La prima partita ufficiale, come sappiamo, fu disputata da Inghilterra e Scozia (1872): gli inglesi si schieravano con l'1-1-8, gli scozzesi con il 2-2-6, questi erano i classici schemi dell'epoca.
Dopo fu la volta della cosiddetta piramide di Cambridge inventata appunto dal Cambridge e utilizzata anche dal Blackburn che a fine 1800 proprio con questa sorta di 2-3-5 vinse diverse F.A.Cup, ma questa è un’altra storia.
L’attesa è febbrile, l’atmosfera elettrizzante per l’esordio dell’
ETERNAL ENGLAND d’EL GUERCIO (
Lw 63000 “Giannini” Ref. 719) contro la
DANIMARCA (
Lw 63000 Ref. 638) di BEIRUT.
Le due Nazionali sono inserite nel Gruppo 3 assieme alla Polonia di Olrik e alla Bosnia di Peter Pan.
A Varsavia, una doppietta di Szarmach ha deciso la sfida tra le due contendenti.
Ecco i 22 a disposizione d’EL GUERCIO, con i titolari con numerazione dall’1 all’11.
I “Three Lions” si schierano con una
4 – 1 – 4 – 1 dinamica che può mutare, in corso d’opera, in una
4 – 2 – 3 – 1.
In porta c’è Gondon Banks del Leicester City.
Considerato come uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, l'IFFHS ha nominato Banks il secondo miglior portiere del ventesimo secolo, dopo Lev Yashin e davanti a Dino Zoff.
È stato nominato Footballer of the Year nel 1972 (il secondo portiere dopo Bert Trautmann nel 1956) ed è stato nominato FIFA Portiere dell'Anno in sei occasioni.
In un epoca in cui non esistevano allenatori specifici per i portieri, Banks si sottoponeva a sessioni aggiuntive di allenamento per migliorare le proprie capacità.
Partecipò, con il Leicester, alla Coppa delle Coppe 1961-62.
Il 25 Ottobre del 1961, si ritrovò nella difficile posizione di dover scegliere se giocare la gara degli Ottavi di Finale di andata per il suo club contro l’Atlético Madrid o difendere la porta dell’Inghilterra contro il Portogallo, (in quanto regolarmente convocato nonostante la concomitanza degli eventi) in una sfida valida per le qualificazioni ai Mondiali in Cile del 1962.
Scelse di disputare entrambe le gare, lasciando Londra in tempo per raggiungere Leicester mezz’ora prima del calcio d’inizio della gara contro l’Atletico Madrid.
Un gol all'ultimo minuto di Mendonça permise gli spagnoli di ottenere un prezioso 1-1 a Filbert Street.
Nella gara di ritorno, Banks parò un rigore ad Enrique Collar, ma all'Atlético fu assegnato un secondo penalty che Collar trasformò e il Leicester perse per 2-0 venendo eliminato dalla competizione dai futuri vincitori della suddetta manifestazione.
Nella Semifinale di F.A.Cup del 27 aprile 1963, disputata a Hillsborough, il Leicester sconfisse il Liverpool per 1-0.
Le cronache riferiscono che il Liverpool fece 34 tiri in porta, e Banks affermò, in seguito, che quella fu la sua migliore performance a livello di club.
Banks ha ottenuto due presenze nella Nazionale Inglese Under 23 (nelle partite contro il Galles e la Scozia nel 1961) e 73 gettoni nella Nazionale maggiore mantenendo in 35 occasioni la porta inviolata subendo solamente 19 sconfitte.
Il gol su rigore di Eusebio all’82 minuto della Semifinale della Coppa del Mondo del 1966 fu il primo che Banks concesse in 721 minuti di gioco.
Il precedente fu incassato il 2 aprile dello stesso anno, all’81’ minuto nella gara contro la Scozia disputatasi a Glasgow e valevole per il Torneo Interbritannico.
(L’Inghilterra si impose per 4-3 vincendo la classifica finale della manifestazione).
Questo dato costituisce tuttora un record per un portiere in Inghilterra.
Ha difeso, da titolare, la porta dell’Inghilterra nella trionfale Coppa del Mondo del 1966 e nell’edizione del 1970 quando realizzò una delle parate più spettacolari parate di tutti i tempi.
"Pensavo fosse gol” (Pelé)
"Anch’io." (Banks)
Disputò l’Europeo del 1968 in Italia (3° posto finale) e del 1972 in Belgio (l’Inghilterra fu eliminata dalla Germania Ovest).
Il 15 maggio del 1971, a Belfast, durante il Torneo Interbritannio, Banks fu protagonista, assieme e George Best, di un episodio insolito durante Irlanda del Nord – Inghilterra (0-1), quando l’ala del Manchester United soffiò d’astuzia la sfera al portiere che si accingeva al rilancio.
L’intuizione era audace, ma la rete fu annullata dall'arbitro, che giudicò l’azione in gioco pericoloso.
L’Inghilterra vinse quell’edizione del Torneo Interbritannico conquistando la prima posizione con un punto di vantaggio proprio sui nord irlandesi.
Secondo un parere dello stesso Banks, la sua dote più evidente era il senso del piazzamento, sebbene non gli facessero difetto agilità, freddezza e prontezza di riflessi.
Il terzino destro è Jimmy Armfield del Blackpool.
Ha indossato la casacca della Nazionale in 43 occasioni (di cui 15 da capitano) tra il 1959 e il 1966.
Il suo debutto internazionale risale al 13 maggio 1959, contro il Brasile davanti a oltre 120.000 tifosi al Maracanã di Rio de Janeiro.
Ha disputato la Coppa del Mondo del 1962 in Cile , dove è stato acclamato come "il miglior terzino destro del mondo".
E 'stato anche votato come "il miglior terzino destro d’Europa" tra il 1962 e il 1964.
Un infortunio durante una gara amichevole contro la Finlandia gli impedì di essere in titolare anche nella Coppa del Mondo del 1966 pur facendo parte dei 22 convocati.
Jimmy Armfield è stato senza dubbio uno dei migliori laterali che abbiamo mai vestito la maglia dell'Inghilterra.
Ha innovato il ruolo grazie alle sue sovrapposizioni lungo la fascia, attaccando lo spazio quando due o più marcatori aggredivano Stanley Matthews.
Le sue caratteristiche principali sono la velocità, la straordinaria precisione nei passaggi e nei cross, oltre ad una notevole abilità nella marcatura.
La sua tempra eccezionale lo ha reso un grande capitano, non solo per Blackpool, ma anche nella Nazionale Inglese e con ogni probabilità, se fosse stato il titolare, avrebbe indossato lui la fascia al Mundial del 1966.
Sulla fascia sinistra c’è Ray Wilson dell’Huddersfield Town.
Fenomenale velocista e formidabile marcatore, Wilson vanta 63 presenze in Nazionale.
Nobby Stiles ricorda: "Ray Wilson esercitava una grande influenza sui giocatori e anche se Alf Ramsey aveva le sue convinzioni ben impresse, ho notato che tendeva a drizzare le orecchie quando Ray aveva qualcosa da dire."
“Nelle rare occasioni in cui ha commesso degli errori ha sempre avuto il coraggio morale di riconoscerli.
Non si è mai tirato indietro in un momento di difficoltà o di forte pressione per la squadra.
E’ stato fonte d’ispirazione per tutti noi”.
Durante la Coppa del Mondo del 1962, fu votato miglior terzino sinistro del mondo dalla stampa internazionale.
Disputò, sempre da titolare, la Coppa del Mondo del 1966 e gli Europei del 1968.
Neil Franklin dello Stoke City è lo stopper.
Dotato di uno scatto fulmineo nel breve (4-5 metri), possedeva un eccellente senso della posizione, era un gigante nel gioco aereo ed era dotato di grande intelligenza che gli permetteva di mantenere il possesso della palla anche sottoposto al pressing avversario.
Ha disputato 27 gare con la maglia dei Tre Leoni.
Col numero 6 e la fascia da capitano al braccio c’è Bobby Moore del West Ham United.
La sua capacità di intuire lo sviluppo del gioco gli permetteva di compensare la mancanza di rapidità.
Altresì l’intelligenza tattica e la precisione nei passaggi lo rendevano prezioso anche in fase d’impostazione, staccandosi così dallo stereotipo del difensore possente il cui gioco è basato soprattutto sulla forza fisica.
Gentiluomo fuori e dentro il campo era un leader eccezionale.
Franz Beckenbauer, ha detto di lui:
”Bobby è stato il mio idolo. L’ho sempre ammirato. Sono orgoglioso di aver giocato contro di lui”.
Fu definito da Pelé il difensore più corretto che avesse mai affrontato e anche… ”senza dubbio il miglior difensore che io abbia incontrato in tutta la mia carriera".
Esordì in nazionale il 20 maggio 1962 a Lima contro il Perù, per poi disputare i successivi Mondiali del Cile che videro l'eliminazione dell'Inghilterra ai Quarti di Finale contro il Brasile.
Divenne capitano a 22 anni (il più giovane nella storia della Nazionale inglese), alla sua dodicesima presenza in nazionale, il 20 maggio 1963 contro la Cecoslovacchia.
Fu il capitano della squadra che diede al calcio inglese la sua unica vittoria mondiale che lo consacrò come giocatore, gentiluomo e icona dello sport.
Con pochi secondi rimasti da giocare e l'Inghilterra sotto la pressione dell'ennesimo attacco tedesco, la palla finì a Moore sul limitare dell'area di rigore inglese.
Jackie Charlton e Nobby Stiles urlarono a Moore di disfarsi della palla, ma lui con calma riuscì a metterla sul piede di Hurst a quasi 40 metri di distanza, per il gol del definitivo 4-2.
Delle molte foto di quel giorno, una mostra Moore che si pulisce le mani dal fango sulla piattaforma di velluto dove era appoggiato il Trofeo Jules Rimet, prima di stringere la mano della regina Elisabetta II che gli consegnava la Coppa del Mondo.
Moore proseguì fiducioso la sua carriera nel West Ham e nella Nazionale, e venne ancora una volta chiamato ad essere il capitano dell'Inghilterra nella trasferta in Messico per difendere il titolo Mondiale nel 1970.
Ci fu una grave interruzione nella preparazione, quando venne fatto un tentativo di implicare Moore in un furto di un braccialetto da una gioielleria di Bogotá (Colombia), dove la Nazionale inglese si trovava per disputare alcune partite di preparazione, allo scopo di acclimatarsi all'altitudine elevata.
Le accuse vennero successivamente lasciate cadere, Moore fu pienamente scagionato e gli fu permesso di raggiungere i suoi compagni di squadra in Messico.
Nell'incontro del girone eliminatorio contro i favoriti del Brasile, ci fu un momento notevole per Moore, quando affrontò il grande Jairzinho con tale precisione e pulizia che molti citano quell'intervento come il contrasto che nessuno riuscirà a migliorare.
Il Brasile vinse comunque l'incontro, ma anche l'Inghilterra si qualificò per la fase successiva.
La sconfitta ai supplementari contro la Germania Ovest vide l'Inghilterra uscire ai Quarti, e occorsero dodici anni prima che l'Inghilterra disputasse nuovamente la Fase Finale di una Coppa del Mondo.
Vanta 108 presenze in Nazionale e 2 gol.
"Il mio capitano, il mio leader, era lo spirito e il battito cardiaco della squadra, un superbo professionista, il migliore con cui ho mai lavorato. Senza di lui l'Inghilterra non avrebbe mai vinto la Coppa del Mondo ". Alf Ramsey
"Moore è il miglior difensore che abbia mai visto giocare." Sir Alex Ferguson
"Bobby Moore è stato il miglior difensore della storia del calcio" Franz Beckenbauer
"Dovrebbe essere promulgata una legge contro di lui… sa cosa succederà 20 minuti prima di tutti gli altri". Jock Stein
“Immacolato calciatore, difensore imperiale, eroe immortale del 1966, primo inglese ad alzare la Coppa del Mondo, figlio prediletto dell’East End di Londra, magnifica leggenda del West Ham United, tesoro nazionale, maestro di Wembley, signore del gioco, capitano straordinario, gentiluomo per sempre.".
Iscrizione sul piedistallo della statua a lui dedicata allo stadio di Wembley.
Davanti alla difesa, El Guercio posiziona Duncan Edwards del Manchester United.
A tredici anni, il 1º aprile 1950, gioca il suo primo incontro con la Selezione scolastica nazionale (English Schools XI) a Wembley, contro i pari età del Galles.
In quella circostanza viene anche nominato capitano della squadra, carica che avrebbe ricoperto per altri due anni.
I maggiori club inglesi si muovono per assicurarsi le prestazioni del giovane calciatore.
Tra questi figura il Manchester United, che ha inviato lo scout Jack O’Brien.
Ritornato a Manchester, O’Brien riferisce a Matt Busby:
«Oggi ho visto uno studente di dodici anni che merita un’attenzione particolare. Il suo nome è Duncan Edwards».
E’ l’allora allenatore della squadra delle scuole inglesi Joe Mercer a raccomandare a Busby l’acquisto di Edwards, richiesto anche da Wolverhampton Wanderers e Aston Villa.
L’esordio di Edwards con la prima squadra del Manchester avviene il 4 aprile 1953, nella gara di First Division a Wembley contro il Cardiff City conclusasi sul punteggio di 1-4.
A sedici anni e 185 giorni diviene il più giovane calciatore ad essere sceso in campo nella massima divisione inglese.
Sebbene sia ricordato come centrocampista difensivo, le sue capacità gli hanno consentito di ricoprire praticamente qualsiasi ruolo in campo.
La sua versatilità è stata tale che in una partita fu impiegato inizialmente nella posizione di prima punta in sostituzione di Tommy Taylor, per poi venire spostato da Busby al centro della linea difensiva a causa dell’infortunio di Mark Jones.
Le sue qualità principali sono state la forza fisica, la forte personalità dimostrata in campo (dote notevole e rara in un giocatore giovane) e l’alto grado di resistenza.
Stanley Matthews lo descrisse come «una roccia in mezzo al mare in tempesta», mentre Bobby Moore lo paragonò nella difesa alla «Rocca di Gibilterra», elogiando anche la sua apprezzabile e costante propensione offensiva.
Per Bobby Charlton è stato «l’unico giocatore che mi abbia fatto sentire inferiore».
«Fisicamente era imponente. Era potente e aveva una fantastica intelligenza calcistica. Era un calciatore completo, sapeva usare entrambi i piedi ed effettuare lanci lunghi e passaggi corti. Faceva tutto istintivamente».
Il suo fisico gli fece guadagnare i soprannomi di “Big Dunc” e “The Tank” (Carro Armato).
Si distingueva per la forza e il tempismo nei contrasti, per l'elevazione e l'efficacia nei colpi di testa e per la capacità di passare e calciare indifferentemente con entrambi i piedi.
Era in grado di scagliare dei potenti tiri dalla media-lunga distanza e, dopo aver segnato un gol alla Germania Ovest nel 1956, gli fu attribuito il soprannome di Boom Boom dalla stampa locale berlinese, perché sembrava che avesse «la stoccata della Grande Berta negli scarpini».
Nella sua carriera professionistica contribuì al successo del Manchester in due edizioni della First Division (1956 e 1957), nonché al raggiungimento della Semifinale di Coppa dei Campioni (edizione 1956-1957) contro i futuri campioni del Real Madrid.
Al termine di tale annata risultò terzo nella graduatoria, stilata annualmente dalla rivista sportiva francese France Football, del Pallone d'Oro (vinto da Alfredo Di Stefano davanti a Billy Wright).
Ha collezionato 18 presenze e 5 gol in Nazionale.
Al suo fianco c’è Robert “Bobby” Charlton suo compagno anche nel Machester United.
Campione del Mondo nel 1966 con l'Inghilterra e d'Europa nel 1968 con il Manchester United.
Tra i pochi superstiti del disastro aereo di Monaco di Baviera che nel 1958 colpì il Manchester United, fu eletto Pallone d'Oro 1966 (davanti, per un voto, al portoghese Eusebio e al tedesco occidentale Beckenbauer).
Iniziò la sua carriera in una partita con la rappresentativa delle scuole dell'Est Northumberland, alla quale assistette l'allenatore del Manchester United, Matt Busby, che ne notò le doti e gli fece firmare nel gennaio del 1953, all'età di quindici anni, il suo primo contratto.
Esordì in prima squadra nel 1956 contro il Charlton Athletic e segnò due reti nel 4-2 finale.
Nella stessa stagione segnò 10 gol in 14 gare e lo United vinse la Premier League.
Il grandioso inizio di carriera fu però turbato dal disastro aereo di Monaco del 6 febbraio 1958, e la perdita di tanti compagni lasciò ferite profonde nell'animo del giocatore.
Busby cercò di rimettere insieme la squadra e come colonna portante scelse proprio Bobby, all'epoca appena ventunenne.
Il lavoro del mister verrà ripagato con la vittoria nella Coppa d'Inghilterra del 1962-1963 e nei campionati del 1964-1965 e del 1966-1967.
Dieci anni dopo il tragico avvenimento a Wembley Charlton, divenuto capitano, poté alzare al cielo la Coppa dei Campioni dopo aver sconfitto il Benfica di Eusébio per 4-1 (suoi il primo e l'ultimo gol, le altre reti furono messe a segno da Best e Kidd).
L'esordio in Nazionale avvenne il 18 aprile 1958 in Inghilterra-Scozia 4-0 (segnò una rete).
Data la prestazione sublime venne convocato per i Mondiali in Svezia, ma l'Inghilterra fu eliminata subito dall'URSS e Charlton non scese mai in campo.
Durante i Mondiali in Cile del 1962, Charlton venne schierato come ala sinistra e, grazie a un suo gol segnato contro l'Argentina, l'Inghilterra si qualificò ai Quarti di Finale.
Il Commissario Tecnico inglese Walter Winterbottom si pentì di non averlo schierato quattro anni prima.
La Nazionale inglese perse poi contro il Brasile, che vinse il secondo titolo Mondiale consecutivo.
Nel Campionato del Mondo del 1966, che i “Three Lions” giocarono in casa, Charlton segnò una rete nella partita contro il Messico (cavalcata conclusa con un tiro appena sotto la traversa) e una doppietta nella Semifinale contro il Portogallo di Eusebio (una tra le sue migliori partite in Nazionale).
Non segnò nella vittoriosa Finale giocata a Wembley contro la Germania Ovest, dove fu marcato da un giovane Franz Beckenbauer.
In Nazionale vanta 106 presenze (ha disputato quattro edizioni della Coppa del Mondo (1958, 1962, 1966, 1970) e 49 gol.
E’ stato uno dei, se non il più grande, giocatore inglese di tutti i tempi.
I suoi punti di forza erano la velocità, e le conclusioni dalla distanza.
Era anche un eccezionale assist man, possedendo una precisione nel passaggio stupefacente.
Bobby Charlton, uno dei “Busby Babes”, i giovani campioni lanciati dall’allenatore Matt Busby, era un giocatore polivalente in grado di agire da mezz’ala come da centrocampista puro ma anche da esterno (sinistro) o da seconda punta.
Parte integrante della “United Trinity” assieme allo scozzese Denis Law e al nord irlandese George Best, fino al 21 maggio 2008 è stato il primatista di presenze (758 con 245 gol) con la maglia dei “Red Devils”, superato da Ryan Giggs.
Nel disegno tattico d’El Guercio ricopre il duplice ruolo di supporto in copertura a Duncan Edwards e di sostegno a Jonnhy Haynes.
“Il Maestro”, colonna del Fulham (658 presenze (record) e 158 gol), è il numero 10 dell’Eternal.
Con i colori dell'Inghilterra ha realizzato 18 gol in 56 partite disputate, di cui 22 con la fascia da capitano.
Ha disputato tre Mondiali (1954, 1958, 1962), classificandosi terzo nella classifica del Pallone d'Oro 1961 (vinto da Omar Sivori davanti a Luisito Suarez).
Haynes è stato il primo giocatore a beneficiare di un salario di 100 sterline a settimana, subito dopo l'abolizione del limite di 20 avvenuto nel 1961.
Particolarmente noto per la sua eccezionale abilità nei passaggi e per la capacità di leggere lo sviluppo del gioco fu descritto da Pelé come "il miglior assist man che abbia mai visto".
Debuttò in Nazionale il 2 ottobre 1954, segnando un gol nella vittoria per 2-0 contro l'Irlanda del Nord a Windsor Park.
Convocato in 32 delle sue 56 presenze quando il Fulham disputava la Seconda Divisione realizzò una tripletta (nel 1958) contro l'Unione Sovietica a Wembley (5-0 il risultato finale).
“Il Maestro” pur essendo un buon finalizzatore eccelleva nell’impostazione del gioco e nelle rifiniture.
Il Fulham rifiutò la notevole offerta di £ 80,000 sterline da parte del Milan.
Giocatore di grande dedizione e professionalità possedeva una grazia nei movimenti unica, che esaltava la sua classe cristallina.
Bobby Moore ha detto di lui: "Una volta abituati ad ammirare quella perfezione riuscivi a comprendere il resto delle sue abilità:
John era sempre disponibile, sempre motivato ed appassionato al gioco.
Ho imparato ad apprezzare il giocatore ma anche l'uomo ".
Haynes è stato inserito nella “Hall of Fame” del calcio inglese in riconoscimento al suo talento e all’impatto che ha avuto per l’intero movimento del calcio inglese.
Il Fulham ha ritirato la “sua” maglia numero 10.
Dopo un serrato ballottaggio con Kevin Keegan del Liverpool, El Guercio ha scelto Chris Waddle dell’Olympique Marsiglia come esterno destro.
“Magic Chris” per i tifosi marsigliesi (che lo consideravano l’erede di Roger Magnusson,”Il Garrincha svedese”) è stato il secondo Miglior Giocatore del Secolo dietro a Jean Pierre Papin per il centenario del club nel 1998.
In un intervista al Telegraph del 2001, spiega come abbia imparato da piccolo, nel campetto vicino casa, a far passare il pallone in mezzo a selve di gambe nemiche e a tele trasportarsi indenne alle loro spalle: “Di solito giocavamo 40 contro 40; uno aveva la maglia del Manchester United, uno quella del Barcellona, uno era in maglietta bianca, un altro ancora con l'uniforme di scuola. Finché non avevi capito esattamente chi stava in squadra con te la cosa più semplice da fare era dribblare tutti quanti. È stato molto educativo. Oggi, certo, un allenatore ti direbbe che quello è il modo sbagliato di imparare a giocare a calcio. Io non sono d'accordo.”
Mancino naturale, Waddle ha raccontato di aver iniziato a esercitare il piede destro a 23 anni, quando l'allenatore lo aveva spostato da quella parte e tutti sapevano che sarebbe rientrato sul sinistro: “Così ho lavorato sul piede destro in palestra. Venti minuti al giorno per un paio di mesi è quanto basta a un professionista per migliorare il proprio piede debole”.
Dotato di una tecnica eccellente e costantemente proiettato all’uno contro uno, Chris Waddle è un giocatore di estro e fantasia in grado di creare varchi in qualunque difesa grazie ad una capacità fenomenale nell’arte del dribbling.
Con la Nazionale inglese conta 62 presenze e 6 reti, tra il 1986 e il 1991.
Partecipò al Campionato del Mondo 1986 in Messico, al Campionato d'Europa 1988 in Germania Ovest e al Campionato del Mondo 1990 in Italia, in cui fallì l'ultimo tiro nella Semifinale persa ai rigori contro la Germania Ovest.
Sulla corsia opposta c’è “The Wizard of the Dribble” alias Stanley Matthews.
La sua carriera è oscillata tra due soli club: lo Stoke City e il Blackpool.
Con i biancorossi esordì nel 1932 a soli 17 anni e giocò fino al 1947, disputando 259 partite e realizzando 51 gol. Nel 1947 passò ai “Tangerines” (I Mandarini, così vengono chiamati i giocatori del Blackpool), con i quali giocò 380 partite realizzando 17 reti.
Ala destra, nel 1934 fece la sua prima apparizione con la Nazionale inglese a 19 anni, realizzando una rete contro il Galles.
Patì la sospensione dei campionati dovuta alla Seconda Guerra Mondiale e nel 1947 si trasferì al Blackpool, continuando a giocare con la maglia dell'Inghilterra fino all'età di 42 anni (record assoluto per la Nazionale inglese), collezionando 54 presenze (11 gol) più una trentina di gare non ufficiali durante la guerra, partecipando ai Campionati del Mondo del 1950 e del 1954.
Nel 1955-1956 sfiorò il successo col Blackpool, con un secondo posto a 11 punti dal vittorioso Manchester Utd.
Nel 1956, all'età di 41 anni, fu il vincitore del primo Pallone d'Oro (davanti ad Alfredo Di Stefano e Raymond Kopa).
Nel 1961 tornò allo Stoke City, che contribuì a riportare in First Division, arrivando a disputare l'ultima partita da professionista all'età di 50 anni e 5 giorni, record battuto dal giapponese Kazuyoshi Miura il 5 marzo 2017, in campo a 50 anni e 7 giorni.
Col Blackpool, dopo due sconfitte in altrettante finali di F.A.Cup (1948 e 1951), arrivò il trionfo nel 1953.
Si tratta dell'unico trofeo della sua carriera: il Blackpool perdeva 3-1 contro il Bolton Wanderers, quando prese per mano la squadra, sotto 2-3 a due minuti dalla fine, guidandola al successo finale.
Passata alla storia come "la Finale di Matthews", la partita fu giocata a Wembley di fronte a 100.000 spettatori.
Unanimemente riconosciuto come una delle ali più forti del mondo, Stanley Matthews è una delle stelle immortali nella storia del Calcio.
Franz Beckenbauer ha detto che: “la velocità e l'abilità che Matthews possedeva lo rendevano praticamente immarcabile”.
John Charles lo ha definito “il miglior crossatore che abbia mai visto”.
Johnny Giles: “Aveva tutto: un buon controllo di palla nello stretto, grande capacità di dribbling e una velocità fulminea. Era anche un giocatore intelligente, che sapeva passare la palla".
Quando correva lungo la spiaggia di Blackpool, alle 7 del mattino, con qualsiasi condizione atmosferica, Matthews indossava scarpe contenenti piombo, abituandosi a sforzi notevoli che gli permisero di aumentare la sua velocità in campo.
Prestava enorme attenzione ai dettagli per migliorare la propria forma fisica, curando con estremo riguardo anche l’alimentazione.
Era un professionista serio dal grande temperamento, costantemente concentrato sul campo senza permettere all’emotività di condizionare il suo stile di gioco.
El Guercio ha chiesto espressamente a Matthews e Waddle di scambiarsi fascia con continuità, nell’intento di disorientare i difensori avversari.
Il centravanti designato è Jimmy Greaves del Tottenham.
Anarchico, artista “sui generis”, essenziale, magnetico:
E’ il più prolifico attaccante della storia della First Division.
Esordì nel Chelsea all'età di 17 anni con un gol, cosa che ripeterà in ogni squadra di cui vestirà la maglia, compresa la Nazionale inglese.
Con la maglia dei “Blues” diventa capocannoniere della First Division nella stagione 1958-1959 con 33 reti e nel 1960-1961 con 41 (record stagionale per il club di Londra), diventando il più giovane giocatore inglese in assoluto ad aver segnato 100 reti in campionato, quota raggiunta poco prima del suo ventunesimo compleanno.
Tuttavia, nonostante le sue reti, il Chelsea resta una squadra di metà classifica e, proprio quando Greaves lo lascerà, retrocederà in Second Division
Nel 1961 Greaves si trasferisce infatti in Italia, al Milan, facendo il suo esordio in maglia rossonera in un’amichevole precampionato contro il Botafogo, in cui segna 2 reti (la partita si conclude sul 2-2).
Nella compagine milanese non gode però dei favori di Nereo Rocco, che non ama il suo temperamento estroverso e poco disciplinato.
Il suo avvio in maglia rossonera è però travolgente: segna 9 reti (4 su calcio di rigore) in 10 gare disputate ma, alla vigilia della partita con la Juventus, esplode in una sfuriata negli spogliatoi.
Messo fuori squadra, viene rispedito in Inghilterra (al suo posto arriverà il brasiliano Dino Sani), fra le file del Tottenham Hotspur, che paga per lui 99.999 sterline, la più alta cifra per un giocatore mai pagata fino ad allora da un club inglese: la curiosa cifra viene fissata allo scopo di scaricare da Greaves la pressione di essere il primo calciatore pagato 100.000 sterline.
Con gli Spurs avviene la sua consacrazione a più grande bomber inglese di tutti i tempi, conquistando tre titoli di capocannoniere consecutivi fra il 1963 e il 1965 e poi un altro ancora nel 1969, il suo sesto personale che rappresenta un record assoluto.
Con gli Spurs ottiene inoltre gli unici successi della sua carriera: la FA Cup del 1962 e del 1967 e inoltre la Coppa delle Coppe del 1963 (5-1 all’Atletico Madrid con doppietta di Greaves), la prima Coppa Europea di una squadra inglese.
Grazie a quel successo giunge terzo nella classifica del Pallone d'Oro 1963 alle spalle di Lev Jashin e dell'ex-compagno di squadra Gianni Rivera.
Nonostante sia stato il più prolifico cannoniere inglese di tutti i tempi con 357 reti segnate (124 con la maglia del Chelsea, 220 con quella del Tottenham e 13 con quella del West Ham) in 516 partite, non vinse mai un campionato britannico.
Titolare nella Coppa del Mondo del 1962 in Cile, era la prima scelta fra gli attaccanti inglesi nel Mondiale del 1966 ma alla terza partita, contro la Francia, si infortuna e non rientra più in squadra, sebbene rimessosi.
Il suo sostituto, Geoff Hurst, segnerà in Finale una tripletta fra cui il celebre gol fantasma che regalò la vittoria mondiale all'Inghilterra.
Greaves è stato un goleador prolifico, dotato di grande accelerazione e ritmo, nonché di un notevole senso della posizione e di un opportunismo letale in area di rigore.
Possedeva inoltre un ottimo dribbling.
In Nazionale vanta un bottino di 44 reti in 57 gare (realizzando sei triplette, un altro record).
La “Danish Dynamite” di Beirut risponde con una 4 – 1 - 2 – 3 così allestita:
tra i pali c’è Peter Schmeichel del Manchester United.
Con i “Red Devils”, l’estremo difensore ha vinto una Coppa U.E.F.A. (1991), 4 Charity Shield (1993, 1994, 1996, 1997), una Coppa di Lega (1991-92), 3 F.A. Cup (1993-94, 1995-96, 1998-99), 5 Premier League (1992-93, 1993-94, 1995-96, 1996-97, 1998-99) e la Champions League nella stagione 1998-99.
Eletto per due volte Miglior Portiere dell'Anno dall’IFFHS (1992, 1993), ha difeso la porta della Danimarca in 129 occasioni (record di presenze), ed è stato Campione d'Europa nel 1992.
Parò un rigore a Marco van Basten nella Semifinale oltre ad una serie di interventi determinanti nell’arco del torneo che contribuirono a condurre la Danimarca a conquistare il titolo continentale.
Nel corso della sua carriera ha anche realizzato tredici reti.
Ha partecipato a tutte le edizioni dei Campionati Europei dal 1988 al 2000 e ai Mondiali di Francia nel 1998.
Eccellente sia tra i pali sia nelle uscite, Schmeichel era un portiere estremamente agile, a dispetto del fisico possente.
Leader carismatico, privo di punti deboli evidenti, era abile anche nel far ripartire l'azione grazie ad un rinvio forte e preciso.
Il terzino destro è John Sivebaek da poco trasferitosi al Saint Etienne proveniente dal Manchester United.
Con i “Red Devils” ha realizzato il primo gol nella gestione di Alex Ferguson.
Ha disputato tre edizioni del Campionato Europeo (1984, 1988 e 1992) e la Coppa del Mondo in Messico del 1986.
E’ un terzino di spinta dalle spiccate doti offensive.
Sulla fascia sinistra c’è Jan Heintze del PSV Eindhoven.
Ala sinistra trasformata in terzino, Heintze unisce una grande resistenza fisica ad un notevole ritmo.
Possiede un tiro molto potente ed un cross preciso.
Campione d’Europa con il PSV nella stagione 1987-88 (Finale vittoriosa ai calci di rigore contro il Benfica) ha vinto 6 volte l’Eredivisie.
Nils Middleboe del Chelsea è uno dei due difensori centrali.
Realizzò il primo gol nella storia della Nazionale danese di calcio, nel 1908.
Questa rete fu anche la prima ad essere segnata in una partita di calcio alle Olimpiadi.
Con la Danimarca prese parte a tre edizioni dei Giochi Olimpici (1908, 1912 e 1920), ottenendo la medaglia d'argento nelle prime due.
Nel 1913 venne acquistato dal Chelsea, di cui divenne il primo calciatore straniero della storia.
Fu anche un eccellente atleta e detenne il record nazionale danese degli 800 metri piani e del salto triplo.
Middelboe era un avvocato qualificato e durante la sua permanenza al Chelsea era impiegato presso una banca di Londra.
Soprannominato “Il Grande Danese” per la notevole altezza, era un difensore arcigno in marcatura, eccellente nel gioco aereo e si distingueva anche per le capacità di inserimento in attacco che gli valsero molte realizzazioni in carriera.
Ben 7 in Nazionale, in 15 incontri complessivi.
Morten Olsen dell’Anderlecht è il libero e il capitano.
Giocatore dotato di un elegante tocco di palla, Olsen è stato impiegato in svariati ruoli.
Impostato come ala destra, ha giocato gran parte della carriera da centrocampista, affermandosi poi come libero.
Nelle giovanili del B 1901 si mise in luce per la sua accelerazione, l’agilità e l’intelligenza tattica.
Una volta aggregato alla prima squadra, aveva già ricoperto diversi ruoli, acquisendo esperienza e versatilità.
Maturò progressivamente un forte personalità: dedizione e forza di volontà lo fecero divenire il leader della squadra.
Fu spostato nel ruolo di libero su suggerimento del suo tecnico all’Anderlecht, Tomislav Ivic.
La nuova posizione lo consacrò tra i migliori interpreti del ruolo a livello internazionale.
Disponeva, nel suo bagaglio tecnico, di colpi raffinati come il colpo di tacco, il doppio passo e repentini cambi di direzione.
Impostava l’azione da regista arretrato, spesso con precisi lanci lunghi, era rigorista, ma la caratteristica che lo rendeva particolarmente efficace era la capacità di effettuare discese palla al piede grazie ad un ottimo controllo di palla e ad un imprevedibile cambio di passo che gli permetteva di creare spazi e superiorità numerica.
Gestiva con sagace maestria la trappola del fuorigioco impostata in modo molto aggressivo da Ivic, dove tre-quattro giocatori convergevano rapidamente verso l’avversario che era in possesso palla.
Con l’Anderlecht ha conquistato la Coppa U.E.F.A. 1982-1983 (doppia Finale contro il Benfica) mentre nell’edizione 1983-1984 della medesima manifestazione i “bianco malva” si arresero in Finale al Tottenham dopo i calci di rigore.
Ha disputato i Campionati Europei del 1984 e del 1988 oltre alla Coppa del Mondo del 1986.
Vanta 102 presenze (4 gol) in Nazionale.
In tutta la sua carriera ha rimediato un solo cartellino giallo.
Jan Mølby del Liverpool è il regista della squadra assieme al capitano Olsen.
“Big Jan” è cresciuto calcisticamente nell’Ajax (insieme a Frank Rijkaard, Marco Van Basten e Jesper Olsen) sotto l’influenza tattica di Johan Cruijff.
Definito dal compagno di squadra Ken Dalglish “uno dei migliori centrocampisti della sua generazione”, Mølby possedeva una straordinaria abilità e precisione nei passaggi sia corti sia lunghi oltre ad essere un eccellente rigorista.
Ne ha realizzati 42 in totale, addirittura una tripletta nel novembre 1986 contro il Coventry in una gara valevole per la Coppa di Lega.
Mølby ha giocato 33 partite con la Danimarca dal 1982 al 1990, segnando complessivamente due gol.
Le due mezz’ali offensive sono Allan Simonsen e Mikael Laudrup.
L’estroso fantasista del Borussia Monchengladbach vinse con i “Die Fohlen” (“I Puledri”) la Coppa di Germania nel 1973 e il campionato nella stagione 1974-1975 segnando 18 reti in 34 presenze.
Nello stesso anno vinse la Coppa U.E.F.A., segnando ben 10 reti in 12 partite, compresi due gol nella Finale contro il Twente, mentre nella stagione seguente rivinse il “Meisterschale” segnando 16 reti.
Nel 1977 realizzò 12 reti in campionato, vincendo il titolo di Campione di Germania per la terza volta, giungendo in Finale di Coppa dei Campioni, in cui la Squadra del Basso Reno (“Die Elf vom Niederrhein”) cedette 3-1 al Liverpool nonostante un suo gran gol che sancì il momentaneo 1-1. Vinse nello stesso anno il Pallone d'Oro, primo danese a riuscirci.
Vinse nuovamente la Coppa UEFA nella stagione 1978-1979, torneo in cui segnò ben 8 goal in 8 partite.
Nella Finale contro la Stella Rossa Belgrado segnò il gol decisivo della vittoria.
Fece il suo debutto in nazionale in un'amichevole contro l'Islanda nel 1972.
Rappresentò il suo paese alle Olimpiadi 1972 di Monaco di Baviera in cui segnò tre goal (di cui due nel vittorioso incontro inaugurale contro il Brasile a Passau) in sei partite, ma la Danimarca non riuscì ad arrivare in zona medaglia nonostante fosse l'unica nazionale a non aver perso (pareggiò 1-1 con la Polonia, poi vincitrice della medaglia d'Oro).
Sotto la guida dell'allenatore Sepp Piontek si qualificò al Campionato d'Europa 1984.
Nelle qualificazioni europee la Nazionale danese finì per un punto davanti all'Inghilterra, giunta seconda, e Simonsen segnò uno dei suoi gol più importanti in nazionale, ovvero il rigore che permise la vittoria decisiva a Wembley (0-1).
L'Europeo del 1984 fu un'esperienza breve per Simonsen, a causa di un grave infortunio nella prima partita del torneo, contro la Francia (fallo di Yvon Le Roux).
Nonostante la sua assenza la sua squadra arrivò fino alle Semifinali.
Partecipò poi al Campionato del Mondo 1986, la prima partecipazione della Danimarca ad un Mondiale.
Con la Nazionale danese scese in campo in totale 55 volte e segnò 20 gol.
Fu inoltre tra i convocati della Selezione Europea nella gara ufficiale contro la Nazionale italiana il 25 febbraio 1981 allo Stadio Olimpico di Roma, il 383º incontro disputato dagli azzurri, organizzato per raccogliere fondi per le vittime del terremoto dell'Irpinia.
La gara si concluse con la vittoria per 3-0 della Selezione Europea, Simonsen giocò il primo tempo, segnando al 32’ minuto il primo gol della gara.
E’ l'unico giocatore ad aver segnato nella Finale di ogni competizione europea (Coppa U.E.F.A., Coppa delle Coppe e Coppa dei Campioni).
Estremamente tecnico, rapido e raffinato “Il Passero” è il partner ideale per Mikael Laudrup.
Il fuoriclasse del Barcellona, è considerato uno dei più forti e versatili centrocampisti offensivi, nonché uno dei giocatori più abili ed eleganti della storia del calcio.
Il suo compagno di squadra in blaugrana, Romário lo ha definito “il miglior calciatore con cui abbia mai giocato”, classificandolo come quinto miglior giocatore della storia (dietro Pelé, Diego Maradona, se stesso e Zinedine Zidane).
Durante la sua carriera è stato acclamato per la sua tecnica, l'eleganza, la visione di gioco, il controllo di palla, i passaggi in profondità e la capacità di dribbling.
Proprio il dribbling è forse il pezzo più noto del suo repertorio dove l’abilità e l’intuizione si sposano con la creatività.
Da queste doti è nata l’espressione "Made in Laudrup", ampiamente utilizzata in Spagna per definire il suo stile di gioco.
Numerosi compagni di squadra hanno detto: "Basta correre, troverà sempre un modo per farti arrivare la palla".
In Nazionale ha totalizzato 104 presenze e 37 gol.
Franz Beckenbauer ha detto: "Pelé è stato il migliore negli anni '60, Cruyff negli anni '70, Maradona negli anni '80 e Laudrup negli anni '90."
All’ala destra c’è Jesper Olsen del Manchester United.
Durante il periodo trascorso all’ Ajax, Olsen venne soprannominato “De Vlo” (“La Pulce”) per via della sua capacità di ruotare il corpo, girare su se stesso e saltare per evitare gli interventi avversari.
Era anche chiamato "L'Intoccabile".
L'allenatore dei lancieri nella stagione 1981-82, Kurt Linder, lo considerava il giocatore più sorprendentemente talentuoso della sua giovane squadra, tecnicamente e tatticamente fenomenale.
Jesper Olsen è un’ala ricca di estro e fantasia, dotata di un ottimo dribbling unito ad una fulminea agilità.
Partecipò al Campionato d'Europa 1984, al Campionato del Mondo 1986 dove segnò 3 reti e al Campionato d'Europa 1988.
Ha totalizzato 43 presenze segnando 5 reti.
Sulla corsia opposta c’è Karl Aage Praest della Juventus.
Dopo aver militato nell'Østerbro, nel 1949 fu acquistato dalla “Vecchia Signora”, formando così un "trio danese" bianconero assieme a John Hansen e Karl Aage Hansen.
A Torino Præst giocò quasi sempre titolare, conquistando due scudetti (1949-50 e 1951-52).
Præst è unanimemente riconosciuto come un talento di classe mondiale, dotato di eccezionali capacità nel dribbling e nell’effettuare cross, qualità che permisero a John Hansen di laurearsi capocannoniere nella stagione 1951-52.
Nella Nazionale di calcio danese ha collezionato 24 presenze segnando 17 reti e vincendo la medaglia di bronzo nel torneo calcistico dei Giochi Olimpici di Londra del 1948, manifestazione nella quale segnò una doppietta alla selezione del Regno Unito durante la Finale per il 3° posto.
Il centravanti, nello scacchiere allestito dal Professore, è Preben Elkjaer-Larsen del Verona.
Soprannominato “Cavallo Pazzo”, ha più volte sfiorato la vittoria del Pallone d'Oro:
nel 1985 arrivò secondo dietro al solo Michel Platini, e l'anno precedente si classificò terzo dietro al duo francese Platini-Tigana.
Nel 1984 è stato eletto Giocatore Danese dell'Anno.
Nelle fila della squadra belga del Lokeren visse uno dei migliori periodi della sua carriera, raccogliendo, in campionato, 190 presenze segnando 98 gol e guadagnandosi il soprannome di “Den Gale Mand fra Lokeren” (Il Pazzo da Lokeren).
Nel 1984 approdò in Italia, acquistato dal Verona per 2,5 miliardi di lire.
Diventò subito un idolo della tifoseria gialloblu che lo acclama tutt'oggi con il coro “Elkjaer sindaco!”.
Nella stagione 1984-1985 contribuì alla conquista dello storico scudetto veronese segnando, il 12 maggio 1985, il gol decisivo nella partita Atalanta-Verona (1-1).
Il 14 ottobre 1984, nella quinta giornata del campionato vinto dai gialloblù, aveva inoltre siglato un gol senza scarpa alla Juventus, che gli valse il nomignolo di “Cenerentolo”.
Nelle quattro annate col club scaligero non raggiunse la doppia cifra di gol a torneo, ma non scese mai sotto le sette reti.
Disputò inoltre 4 partite in Coppa dei Campioni segnando 4 gol (dei 5 complessivi segnati dal Verona in questa competizione), e 7 match in Coppa UEFA realizzando 5 reti.
Ha fatto parte per undici anni della Nazionale danese.
Ha partecipato alla Fase Finale del Campionato del Mondo 1986 in Messico, uscendo agli Ottavi: segnò 4 gol in 4 partite, e venne premiato con il Pallone di Bronzo di quella edizione, dietro Diego Armando Maradona e Harald Schumacher, nonché inserito nella formazione ideale del Mondiale nel ruolo di attaccante, insieme a Emilio Butragueño e Gary Lineker.
Partecipò anche a due edizioni del Campionato Europeo di calcio:
In Francia nel 1984, giungendo sino alla Semifinale, e in Germania Ovest nel 1988, dove invece la Danimarca fu eliminata nella fase a gironi.
Attaccante aggressivo, dinamico e potente, Elkjaear ha disputato 69 partite internazionali con la Nazionale danese segnando 38 gol.
« Perché quando hai modo di conoscere ed apprezzare chi soffre con te alla domenica e partecipa alle tue gioie e ai tuoi dolori pur non essendo in campo, ti ci affezioni. Almeno io sono fatto così. E per questo motivo, per rispetto nei confronti di chi mi ha amato e osannato fino ad invocarmi come sindaco di Verona, non ho accettato di vestire altre maglie di società italiane. Il loro rispetto meritava il mio rispetto... »
(Preben Larsen Elkjaer)
Ecco Bobby MOORE e Morten OLSEN impegnati nel sorteggio…
La gara si infiamma subito con un lancio millimetrico di HAYNES che perviene sui piedi di WADDLE all’altezza del vertice destro dell’area di rigore.
Dribbling vincente su Jan HEINTZE e sinistro a giro indirizzato all’incrocio dei pali…
…la palla è fuori per questione di centimetri!
La replica danese non si fa attendere:
Mikael LAUDRUP, scodella un pallone invitante per l’accorrente Jesper OLSEN che esplode un destro teso e potente a filo d’erba…
…BANKS respinge la conclusione per impossessarsi della sfera in un secondo tempo anticipando il tentativo di tap in di ELKJAER.
Ancora Mikael LAUDRUP protagonista:
Il fantasista del Barcellona, con un giocata di classe, sfugge alla guardia di EDWARDS e CHARLTON e allarga nuovamente il gioco premiando l’inserimento di PRAEST il cui sinistro incrociato…
…non inquadra lo specchio della porta: FUORI!
La gara è combattuta, senza alcun tatticismo da parte degli ospiti che se la giocano a viso aperto scevri da timori reverenziali di sorta.
Questo atteggiamento da parte dei danesi rende la contesa viva ed appassionante con continui capovolgimenti di fronte.
E’ il momento di “Sir” Stanley MATTHEWS, che balza agli onori della cronaca con una giocata sublime:
doppio dribbling nello stretto, che strappa applausi a scena aperta, ai danni di SIVEBAEK e MIDDLEBOE e conseguente penetrazione in area…
…tuttavia, l’astro del Blackpool, in condizioni di precario equilibrio e leggermente sbilanciato al momento del tiro, impatta malamente la sfera e la sua conclusione si spegne sul fondo.
E’ l’ultimo episodio di un primo tempo frizzante ed intenso.
Alla ripresa delle ostilità il ritmo rimane sostenuto da ambo le parti.
Lungo rinvio di SCHMEICHEL che raggiunge Jesper OLSEN.
L’esterno del Manchester United ingaggia un duello in velocità con Ray WILSON per poi scaricare su Allan SIMONSEN accorso in sovrapposizione.
L’estrosa mezz’ala del Borussia Monchengladbach riesce, con un preciso passaggio filtrante, a servire ELKJAER sulla corsa…
Il centravanti del Verona si appresta a concludere ma la scelta di tempo di Bobby MOORE è impeccabile e il capitano inglese, con un intervento in scivolata, sventa la minaccia!
Poco più tardi SIMONSEN, in collaborazione con LAUDRUP, evita la strenua opposizione di EDWARDS e indirizza la sfera verso ELKJAER che, con una finta di corpo, aveva in precedenza eluso la marcatura di FRANKLIN…
…la palla viene intercettata tempestivamente da BANKS in uscita!
MATTHEWS sfugge alla guardia di un disorientato HEINTZE, guadagna il fondo e crossa al centro:
GREAVES anticipa MIDDLEBOE e con perfetta coordinazione scarica un destro esplosivo calciando di collo pieno…
…SCHMEICHEL, con un colpo di reni che sfida le leggi della fisica, devia il pallone a mano aperta!
GRANDISSIMA PARATA!
L’Eternal tenta ora di profondere il massimo sforzo alla ricerca del gol:
ci prova “The Tank” con una fucilata dai 25 metri indirizzata al “sette”…
…SCHMEICHEL dice ancora di no con un intervento prodigioso!
EL GUERCIO richiama WADDLE per inserire Kevin
KEEGAN del Liverpool (63 – 21) in una staffetta preannunciata alla vigilia.
BEIRUT, avvertito un certo calo fisico tra i suoi, avvicenda SIMONSEN e PRAEST con Soren
LERBY (67 – 10) dell’Ajax e Klaus
BERGREEN del Pisa (46 – 5) passando ad una
4 – 2 – 3 – 1.
I padroni di casa cingono d’assedio l’area danese ma non trovano il pertugio per aggirare una difesa splendidamente diretta da
Morten OLSEN.
Da un’iniziativa di KEEGAN nasce l’ennesima opportunità:
dopo il passaggio di ritorno ricevuto da HAYNES, che chiude l’uno-due, KEEGAN rientra sul sinistro e crossa col destro a centro area…
…GREAVES sale in quota, anticipa MIDDLEBOE e incorna…
…la parabola impressa alla sfera disegna una traiettoria beffarda che termina la sua corsa…
…sul PALO!!!
Olsen è il più lesto a raggiungere la palla che viene spazzata via senza badare alla forma.
E’ l’ultimo episodio di una gara vibrante che ha visto un Inghilterra, dotata di grande talento, cogliere un solo punto contro una difesa solida e arcigna come quella danese.
Ora i sudditi di sua Maestà sono attesi in terra di Bosnia mentre la Danimarca riceverà la Polonia a Copenaghen.
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