Old Subbuteo Genova

Subbuteo Argentino, Desaparecidos e Mundial ‘78

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view post Posted on 2/11/2019, 21:21
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" FEDERICO SOLARI " OSC PIER CREW GENOVA "

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Pseudo romanzo a puntate mensili ...

SUBBUTEO ARGENTINO ( DESAPARECIDOS E MUNDIAL 78)

Prima di introdurre la prefazione voglio ringraziare in primis mia moglie Fulvia
che ha letto quest’accozzaglia di parole e poi con un po’ di logica mi ha corretto
l’ortografia e per secondo ma non meno importante il professore ed amico Eugenio che
in fondo mi ha un po’ per come dire controllato il manoscritto , facendomi sentire
in parte come il somaro Peppone quando Don Camillo gli fece ripetizioni e lo aiutò
all’esame di licenza elementare. Ma questa è un'altra storia…


PREFAZIONE

Dal catalogo 1981 del Subbuteo


Se un extraterrestre sceso da un ufo dovesse fare, di ritorno sul natio pianeta alieno, un rapporto
sulla “fauna” del terzo pianeta del sistema solare, certo non potrebbe fare a meno di parlare di calcio.
Magari lo confonderebbe con una religione (e poi non sbaglierebbe di molto:che il calcio non è, mi
sia perdonata l’iperbole, una religione, con i suoi templi, i suoi riti, i suoi misteri, i suoi sacerdoti?),
ma ne parlerebbe.
Oltre a tutto se “l’incontro ravvicinato del terzo tipo” fosse durato abbastanza, l’alieno se ne tornerebbe anche avendolo capito, il calcio. Chi si danna a capire perché il calcio abbia la diffusione che in effetti ha, forse trascura uno dei fatti principali: la sua semplicità. Lo spettatore ignaro, quanto dovrebbe aspettare per capire tutte le norme che lo regolano(che sono poi solo 17!) ?? Certo molto poco. Al massimo potrebbe trovarsi in difficoltà davanti al portiere che può toccare la palla con le mani, ma non per molto. Forse il fuorigioco creerebbe qualche problema di più difficile risoluzione. Nessuna difficoltà sul goal che, con buona pace dei difensivisti, resta l’evento centrale del gioco. Su questi presupposti,che tutto ciò che al calcio si lega abbia successo ,non può stupire più di tanto. Ecco quindi che il Subbuteo, la rappresentazione in miniatura del mistero calcistico, gode, infine,della stessa celebrità del suo fratello maggiore. Oltre a tutto il “calcio in punta di dito” permette una identificazione con i propri idoli, che pochi altri giochi di simulazione sono in grado di dare. Sul tappeto verde ,come sul campo, l’abilità è sempre premiata, pur non trascurando l’importanza e l’incidenza del fattore casuale, del fato, che in tutti i giochi aleatori è componente fondamentale ed insostituibile. Di sicuro, derivando dal calcio, il gioco che lo rappresenta risente delle stagioni che lo sport vive e offre, quella appena conclusa è stata una delle migliori.(Stagione 1980/1981 con aperture delle frontiere).



MAGGIO A BUENOS AIRES
La luce entrava dalla finestra del cortile.Quei pochi raggi di sole si facevano varco tra le gocce d’acqua ancora appoggiate al vetro cadute poche ore prima. Il mese di maggio è notoriamente piovoso in Argentina. La casa era modesta ma si capiva che la signora Jolanda,la moglie di Felix, aveva buon gusto. I muri erano colorati di un giallo molto tenue,le finestre erano ornate tutte con tendine ricamate da lei, alcuni soprammobili facevano bella mostra tra cui ,un orologio da comò, color oro, raffigurante una dea alata che sorreggeva il peso del tempo, frutto di un regalo di matrimonio e una bellissima foto di donna Jolanda il giorno delle nozze. Bellissimi tappeti di lana alpaca impreziosivano i pavimenti di mattonelle chiare. Le porte di legno marrone, esclusa quella della sala che era a vetri ed alcuni quadri con fotografie ingiallite di vecchi parenti, davano quel non so che di austero all’appartamento. In salotto tra la libreria e la finestra, su di un mobile da tinello, c’era la foto di un giovine. Il portafoto era di plata, un argento un poco più grossolano, ma molto diffuso in sud America. Questo era bardato con un fiocco di raso nero e con accanto un lumino di cera rosso ormai spento. La foto ritraeva un ragazzino di circa 8/10 anni con in una mano un pesciolino e la canna da pesca nell’altra. Il viso era quello di fanciullo felice dell’ impresa fatta, dallo sfondo e dal colore scuro dell’acqua doveva sicuramente essere il rio de la Plata.La casa era situata a Banfield, circa 14km dal centro di Buenos Aires ,in calle Pena non molto distante dal campo sportivo. In cucina sul fornello bolliva un pentolino con dell’ acqua pronta per l’ennesimo “mate” *(infusione preparata con foglie di erba Matesimile al tè), mentre tutta la casa era avvolta dal profumo del “puchero” *(stufato), un ricco piatto di carne e legumi stufati, cucinato per mezzo giorno. Pietanza che Felix aveva imparato a fare seguendo la ricetta di sua madre, quando stufa di carne alla griglia, usava la carne, che suo marito giornalmente portava dal macello e la faceva lessare con verdure e legumi. Il piatto aveva la caratteristica di poter durare un paio di giorni, cosa che a Felix permetteva di mangiare più volte facendosi da cuoco solo una volta.La radio diffondeva un tango “milonghero”che gli piaceva tanto e che lo teneva sveglio, adagiato sulla poltrona e immerso in una nuvola di fumo mentre aspettava di prepararsi il mate. Il tango e la sua musica passionale era un altro suo amore insieme al calcio. Un amore nato già in lui quando si deliziava a vedere i genitori e gli amici dei genitori, nelle sale da ballo che frequentavano. Felix guardava con attenzione i movimenti dei ballerini voleva imparare anche lui quando avrebbe avuto l’età e l’altezza giusta, pensava allora tra se. Voleva sentire la stessa ebbrezza che certamente provavano quegli uomini e quelle donne mentre intrecciavano i loro corpi a tempo di musica,ma era anche una sua remora poiché non aveva mai potuto ballarlo come si doveva con la sua amata Jolanda , a causa del suo claudicare. Il suo aspetto era quello di un settantenne a cui la vita aveva dato poche gioie e magre consolazioni; ormai quasi calvo e con una perpetua tosse dovuta alle sigarette. La corporatura era robusta ma posta su due gambe lunghe e magre che terminavano su caviglie deboli, una delle quali fu la causa della fine della sua carriera di calciatore professionista, che lo menomò per il resto della sua vita. Le immancabili bretelle facevano bella mostra su una camicia bianca, anche se, da quando era rimasto vedovo ,non erano più belle stirate ed inamidate come un tempo. Le bretelle, a righe bianche e blu, sorreggevano un paio di pantaloni color cachi,erano uno dei suoi ultimi acquisti in compagnia di donna Jolanda. Donna che a gusto non aveva eguali.La nuvola di fumo svanì nel mentre di un paio di colpi di tosse. Felix distolse lo sguardo dalla pagina sportiva del giornale “La Nacion “, che titolava sugli imminenti mondiali che di lì a qualche settimana avrebbero portato l’Argentina alla ribalta e davanti agli occhi del mondo per il mondiale di calcio del 1978 e non solo per la dittatura che governava il paese da qualche anno. Era stato incuriosito anche, da un trafiletto e da alcune foto pubblicitarie all'interno del giornale ,che parlavano di un mondiale in parallelo giocato, però, non a calcio, ma ad un gioco che ne mimava le mosse con degli omini di plastica, e leggendolo si era domandato come fosse possibile, ma comunque giudicandola una bella idea.Il fatto poi che anche una compagine di giocatori argentini partecipasse, gli piacque ancor di più. Il pacchetto delle inseparabili sigarette “Exportacion Picardo” era appoggiato sul bracciolo della poltrona di pelle ormai consumata.Tra le dita della mano destra l’ennesimo mozzicone ancora caldo.Nell’altra mano, tra le dita giocherellava con l’accendino d’argento, a carica manuale di benzina, che lasciava sempre un pastoso odore sui polpastrelli .L’accendino riportava inciso sopra le iniziali “C.A.B.” ben esposte, frutto di un regalo ricevuto dalla dirigenza anni or sono ,quando era riuscito non da calciatore, ma da allenatore a portare in finale la squadra del Club Atletico Banfield per il campionato argentino del 1951,ma come sempre, anche questo trofeo lo vide solo alzare dalla squadra avversaria.La sfortuna lo aveva sempre accompagnato nei momenti cruciali del suo cammino.Una luce chiara rifletteva sulle piastrelle di granito e trapassava le grandi nuvole di fumo della sigaretta, gli occhi erano arrossati e gonfi, l’amore per sua moglie e suo figlio,mancati entrambi al suo affetto, lo riempiva di tristezza. Gli sembrava ancora di rivedere lei, ancora incosciente, nel letto dell’ospedale Italiano in avenida Rivadavia ,mentre nello stesso tempo gli echeggiava nelle orecchie il sorriso gaudente di Francisco, piccino che correva per la casa giocando con lui. Morfeo lo aveva rapito e lo aveva accolto nelle sue braccia quando il campanello suonò di colpo svegliandolo dal torpore e dai ricordi.Felix si alzò facendo un poco di sforzo a causa della caviglia che non gli permetteva di camminare bene,ma bensi di accompagnare sempre un po’ il piede e claudicare. Si avviò all’uscio. Apri la porta. Dall’altra parte il postino chiese gentilmente se ci fosse Felix Zuardo, egli annui e si presentò.L’uomo in divisa blu del correo argentino aveva da consegnargli urgente un telegramma. Felix firmò e salutò il postino chiedendosi come mai avesse ricevuto un telegramma, sicuramente pensò,saranno brutte notizie. Accese una nuova sigaretta con l’accendino d’argento e sprofondo nella poltrona. Con le dita un poco unte di benzina aprì il telegramma, tenendo la sigaretta in
bocca, inforcò poi gli occhiali ,che erano sul tavolino alla sua destra, proprio sopra la Nacion. Uno strano calore lo pervase, man mano che leggeva la missiva.Ebbe un altro sussulto e tossì quando vide la firma a pie pagina:” Ammiraglio Carlos Alberto Lacoste presidente della “EAM’78” (Ente Autarchico Mundial ’78)”. Rilesse nuovamente il telegramma, di poche parole ma molto imperiose:” La signoria vostra è stata scelta quale selezionatore della nazionale argentina di Subbuteo per i meriti sportivi conseguiti durante la sua carriera, è invitata a presentarsi il giorno 04 maggio 1978 alle 11.00 presso gli uffici della ESMA, Escuela de Mecanica de l’Armada, che era la scuola ufficiali della marina militare e in cui avevano sede gli uffici del Ente autarchico Mundial’78“. Praticamente , il giorno successivo il ricevimento del telegramma. La cosa però che lo colpì di più fu il fatto di essere stato scelto come selezionatore della nazionale di Subbuteo che avrebbe di lì a poco partecipato ed emulato i mondiali di calcio. In principio si chiese perché lui? Meriti sportivi? Lui che da calciatore non aveva mai vinto nulla di importante e tanto meno , da allenatore. Non era forse un'altra scusa per sbarazzarsi anche di lui ?... per diventare anche lui un desaparecido come suo figlio? Lui che il Subbuteo lo aveva scoperto solo poco prima in quel trafiletto sul giornale? Lui che sapeva che era un gioco, ma che non lo aveva neanche mai visto nelle vetrine dei negozi di giocattoli?E poi selezionatore della nazionale di Subbuteo? figuriamoci … il gioco del Subbuteo*!

*(Il Subbuteo è un gioco nato in Gran Bretagna nel 1947 da un'idea dell'ornitologo Peter Adolph, che riprendeva, però, quella di un gioco già esistente dagli anni trenta, il New Footy. Originariamente Adolph avrebbe voluto chiamare il gioco The Hobby; il termine in inglese significa "passatempo". Dal momento che il termine "Hobby", secondo l'Ufficio brevetti inglese, non era registrabile, l'inventore del gioco prese in prestito parte del nome scientifico: quello di Falco subbuteo. Il gioco ha avuto grande diffusione soprattutto durante gli anni settanta e ottanta. Apartire dai primi anni Settanta la Waddington, produttrice britannica del Subbuteo, organizzò delle competizioni internazionali dedicate al gioco in punta di dito. Il torneo che diede avvio ad una lunga tradizione di competizioni internazionali fu il 1º Campionato Mondiale Subbuteo, organizzato a Londra il 22 e il 23 agosto 1970. Dal 1970 fino al 1990, in concomitanza con i mondiali di calcio, la Waddington organizzò continuativamente i mondiali di Subbuteo, a cui si aggiunse, a partire dal 1980 e fino al 1992, anche il Campionato Europeo. Nel mondo numerosissime erano le federazioni nazionali di Subbuteo, diffuse non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Canada e in Australia e sud America. Tutte le federazioni e associazioni nazionali di Subbuteo, facevano comunque capo alla FISA, Federation International Subbuteo Association).

Era sempre più sicuro che il destino gli avesse prospettato un altro conto da pagare e che la presunta morte di suo figlio fosse legata a questo e alla storia del subbuteo. La mente veleggiava verso i più cupi pensieri.Il fumo riempiva il salotto mentre dalla radio continuavano, tra una réclame e l’altra ,a suonare tanghi di Alfredo Piazzolla e Carlos Gardel. Si alzò e controllòdalla finestra dietro le tendine se ci fosse qualche cosa di strano per la strada o ,magari, una vettura militare? magari qualche strano tizio
all’angolo della tabaccheria lì sotto pronto a tenerlo sotto osservazione? No nulla! la strada era la solita da quando era andato a viverci con donna Jolanda, la stessa che aveva visto suo figlio giocare con gli amici, la stessa che aveva visto il tempo tramutare le carrozze di legno con le moderne auto di oggi. Ma allora perché?cosa voleva l’ammiraglio da lui? La paura avrebbe assalito chiunque avesse ricevuto un telegramma firmato da una persona così in vista del regime, ma quella che assalì Felix era quasi tripla, che ricordava quella della tripla A, tristemente in voga in quel momento. Temeva per la sua vita, aveva già perso quella dei suoi cari. In giro non si parlava d’altro che del mondiale imminente e delle sparizioni che erano sempre più frequenti. Le voci di centri di tortura dove si estorcevano informazioni erano nei pensieri di tutti, ma taciute per la paura di ritorsioni. Lui aveva paura,tanta paura, solo sul campo di calcio non ne avrebbe avuta. Ma ormai era vecchio e storpio. Che fare?andare? non presentarsi era morte certa, almeno immaginava lui. Sorseggiò un poco di mate, e decise che sarebbe andato, in fondo che aveva da perdere, la sua vita e niente altro di più.


L’ARGENTINA DURANTE IL MUNDIAL 1978
Per apprendere appieno la situazione del paese ,nei giorni in cui è raccontata questa storia, vanno prima di tutto spiegate alcune cose e inserita nel contesto storico che l’ha generata. La nostra analisi non può che partire dunque dalla data del 1 luglio 1974 giorno della morte di Juan Domingo Peron, leader incontrastato della scena politica argentina fin dagli anni 40. Peron venne eletto presidente per la prima volta nel 1946, ed emblematica è la sua rielezione nel 1973 sull'onda di oceaniche manifestazioni popolari, alla veneranda età di 78 anni. Dopo la sua morte diventa presidente dell'Argentina la sua terza moglie Isabel Perón, ma nello sgomento generale e in un clima di smobilitazione prende sempre più piede la figura di López Rega, che creò uno stato di polizia, inaugurando la fase del terrorismo con la formazione dell'Alleanza Anticomunista Argentina (detta Triple A), una delle prime fasi della” Operazione Condor “. Niente altro che un Coordinamento segreto tra i servizi di intelligence delle dittature militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay per combattere il terrorismo e le forze eversive di sinistra in America Latina.Nascono bande e organizzazioni paramilitari al servizio del potere politico con il fine di eseguire omicidi e sequestri degli oppositori al regime. In un clima di sempre maggiore incertezza economica e politica i militari decidono di assumere direttamente il potere rovesciando il governo di Isabelita Perón. E' il 24 marzo del 1976 e ha inizio in Argentina la dittatura militare con il terribile triumvirato Massera (comandante della Marina), Agosti (comandante dell'Aeronautica) e Videla (comandante dell'esercito e presidente di fatto). Con il pretesto di effettuare un processo di riorganizzazione nazionale instaurano il terrorismo di Stato su grande scala. Dichiarano lo stato di assedio abrogando i diritti costituzionali, sospendendo le attività politiche e di associazione e chiudendo e sequestrando sindacati e giornali. Per ottenere qualsiasi tipo di informazioni ,su veri o presunti nemici del regime, viene istituzionalizzata la pratica della tortura, praticata in clandestini centri di detenzione nei quali incarceravano i detenuti illegali. Il clima di terrore e paura tra la popolazione viene così accentuato dalle prime sparizioni di persone: è l'inizio del dramma dei desaparecidos.
Aggiungerei che per far luce appieno, dobbiamo fare cenno anche ai Mondiali 78 e a come si era arrivati a quei giorni. Questi erano stati assegnati all’Argentina nel comitato esecutivo della Fifa di Tokyo già nel 1964. Due anni dopo, nella Coppa del Mondo in Inghilterra, i torti subiti dalla Nazionale albiceleste contro i padroni di casa avevano rafforzato la candidatura, poi confermata nel 1970 e nel 1974.A rendere più forte l’immagine del Paese, nel 1973, si era aggiunto ,come già dettoil rientro in Patria di Juan Peron, la figura più importante del Novecento argentino. Leader dagli accenti populisti, per questo amatissimo dalle schiere di descamisados. Egli era riuscito ad unirecon sé nazionalisti di destra e giovani di sinistra. Era uno strano impasto politico, difficile da decifrare ma che sembrò funzionare per un po’. Peron,ricordiamo,era stato estromesso con un golpe militare nel 1955, tre anni dopo la scomparsa della celebre moglie Evita. Ma che qualcosa si fosse rotto nel peronismo, durante la lunga assenza del leader, era lampante dall’arrivo all’aeroporto di Ezeiza. Sostenitori di destra, mischiati ai milioni di argentini, avevano sparato contro quelli di sinistra, lasciando per terra 13 morti e 200 feriti. Dal balcone della Casa Rosada, il caudillo se l’era presa coi Montoneros, l’ala progressista di sinistra del suo partito: «Imbecilli asserviti al denaro straniero».Li aveva cosi definiti gridando in maniche di camicia.Altra singolarità del suo rientro fu la scelta della compagnia aerea per il volo di ritorno dall’esilio di Madrid. Non le Aerolinas Argentinas, come era logico aspettarsi, bensì Alitalia. Perché? Perchéquel viaggio l’aveva organizzato un italiano sin lì sconosciuto ai più e che ,invece ,c’entra molto con la storia di questo paese. Persino il presidente del consiglio italiano Giulio Andreotti, vedendolo riverito e corteggiato da Peron alla Casa Rosada, ne era rimasto sorpreso pur conoscendolo.Quell’italiano si chiamava Licio Gelli ed era il capo della Loggia massonica P2, molto vicina in quel momento ai governi militari della zona e con affari in quasi tutto il sud America.L’attacco di Peron alla sinistra ed ai Montoneros aveva spento di colpo la speranza di milioni di ragazzi. Al contempo, aveva aperto la stagione della repressione, annunciata dalla Triplice A: Alianza Anticomunista Argentina. A idearla era stato, in anticipo sui generali, il ministro del precedente governo Lopez Reja, già citato, consigliere di Isabelita Peron, seconda moglie del leader, che gli subentrerà dopo la morte nel 1974.
Lopez Rejaera una figura alquanto strana, un tipo appassionato di magia nera, pure lui amico personale di Gelli, sicuramente inserito come consigliere di Isabelita proprio dalla loggia. Era colui che aveva aperto la caccia ai sovversivi. Muovendosi nella notte, gruppi di paramilitari prelevavano in strada o nelle case gli oppositori, caricandoli poi di forza, a bordo di Ford Falcon, soprattutto verdi, private della targa per renderle irriconoscibili. Lo stesso identico sistema verrà impiegato negli anni successivi dalla dittatura per far scomparire la gran parte dei 30mila desaparecidos. L’insicurezza sociale offerta dal Paese aveva spinto altre Nazioni a offrirsi per organizzare il Mondiale: il Brasile, l’Olanda, la Spagna, pronta ad anticipare l’appuntamento di quattro anni dopo. Ad aumentare i dubbi sull’Argentina era stato il colpo di Stato scattato all’alba del 24 marzo 1976, giorno che segna l’inizio di una delle più feroci tirannie nella storia del Sudamerica. Con pochi carri armati a presidiare le strade, era stato deciso l’arresto di Isabelita Peron e la presa del potere da parte dei militari. La presidenza toccò al generale Jorge Rafael Videla, capo dell’Esercito, mentre i vice furono individuati nell’ammiraglio Emilio Eduardo Massera, numero uno della Marina, e nel generale Orlando Ramon Agosti, in rappresentanza dell’Aviazione. Le procedure furono le più discrete possibili per non innescare lo sdegno internazionale provocato tre anni prima dal golpe di Pinochet in Cile. Le vittime recluse negli stadi avevano acceso l’indignazione del mondo, lezione che gli argentini dimostrarono di comprendere molto bene. La sera precedente, la Nazionale di Menotti aveva giocato un'amichevole in Polonia, vincendo 2-1. Il calcio era lo strumento ideale per far apparire tutto normale.Proprio per questo, il Mondiale fu considerato funzionale alla credibilità del Paese. I militari non solo rassicurarono sul proseguimento dei lavori, ma dopo avere chiesto aiuto della società di comunicazione americana Burston Marsteller, stanziarono altri finanziamenti per trasformare in un successo planetario il Proceso di Reorganizacion National, come fu chiamato il progetto golpista. Settecento milioni di dollari furono spesi per la ristrutturazione degli stadi: Mar del Plata, Cordoba, oltre a quelli del Velez Sarsfield e del River Plate. Altri 700 milioni andarono per le opere di urbanizzazione. Una sessantina, non meno importanti per il risultato finale, furono destinati all’impresa statale “Argentina tv 78”, che assicurava le trasmissioni delle partite. Le prime a colori in molti Paesi, non in quello ospitante. Nel luglio 1976, quattro mesi dopo il golpe, il Mondiale fu dichiarato obiettivo di interesse nazionale e il 3 dicembre fu creato l’Eam, l’Ente Autarquico Mundial’78. Sotto al quale finì l’intera organizzazione, con l’avallo silenzioso, sin troppo silenzioso, della Fifa. In quel momento le aderenze della loggia avevano giocato a favore. L’avvicinamento al Mondiale non fu né semplice né indolore. Il primo presidente dell’Eam, il generale Actis, uomo fidato di Videla, morì in un attentato. Le indagini si concentrarono sui soliti Montoneros, mentre i sospetti avrebbero dovuto riguardare l’area di governo. Al suo posto fu infatti chiamato l’ammiraglio Carlos Alberto Lacoste, legato a Massera, una scelta che spostava l’evento dalle mani dell’esercito a quelle della Marina. I due avevano diverse cose in comune, a cominciare dall’aspetto fisico: taglia forte, sguardo brutale e dispotico, incarnavano la disciplina prodotta nelle caserme. L’altro elemento con cui fare i conti fu la profonda crisi economica del Paese. L’inflazione pareva irrefrenabile, col costo dei beni di consumo modificati nel giro di pochi giorni. Alla popolazione fu chiesto uno sforzo supplementare, sollecitando l’orgoglio nazionale di ospitare un Mondiale. La propaganda utilizzò gli idoli sportivi: il tennista Guillermo Vilas, l’ex pilota Manuel Fangio, il campione di pugilato Carlos Monzon. E dietro di loro, come recitavano i manifesti appesi nelle città, un solo motto: “25 milioni di argentini giocano il Mondiale”.
L’obiettivo del regime era arrivare all’inaugurazione del torneo, fissata per il primo giugno 1978.

A queste prospettive storiche il lettore dovrà sempre far riferimento.

GLI ANNI D’ORO DELL’ AMORE
La Moglie di Felix, donna Jolanda Pastene era scomparsa un anno prima per cancro ,consumata lentamente dalla malattia e dal dolore, per aver perso l’unico figlio nel settembre del 1976 durante una protesta studentesca repressa nel sangue dal regime. Francisco Zuardo era un desaparecidos.Francisco fu arrestato in compagnia della sua ragazza e di altri 234 studenti e nessuno fece più ritorno né quella notte né nei giorni successivi. (Era esattamente la notte del 16 settembre, quella che nel ricordo popolare viene definita come Notte delle matite spezzate.Ebbe luogo a La Plata, città adibita a quartiere studentesco in quegli anni, dove vennero sequestrati gli studenti che avevano occupato la scuola per protestare in precedenza per l'istituzione e successivamente contro l'abolizione, del Boleto Escolar Secundario (BES), un tesserino che consentiva agli studenti liceali sconti sul prezzo dei libri di testo ed una riduzione del biglietto per l'utilizzo dell'autobus). Jolanda se ne andò con le mani nelle mani di Felix, dopo giorni di dolori atroci, alienata dalla morfina per tentare di calmarli. L’ultimo sorriso prima di aver chiuso gli occhi era proprio come quello del giorno che l’aveva conosciuta. Un sorriso, quale quello che si lascia ad una persona come encomio, sapendo comunque che la vita non sorriderà più né all’uno né all’altro. La vide la prima volta alla fine di ottobre del 1948, la primavera era agli sgoccioli, gli echi della guerra ormai erano lontani e ci si preparava al Natale,avenida Corrientes era tutto un lustro di luci e locali alla moda addobbati per le imminenti festività. L’inaugurazione della Tienda (negozio) Senora Tina, che proponeva vestiti alla moda per uomini e donne direttamente e per gusto dalla Francia,fu l’occasione per conoscerla. Lei poco più che ventenne, appena assunta commessa, era fasciata in un bel vestito verde a pois bianchi. Il negozio era sito nel centro del quartiere di Banfield nell’incrocio dove l’avenida Pres.Hipolito Yirgoyen incrocia calle Alberto Larroque. La proprietà del negozio era della Senora Tina Castro, moglie di tal Martin Capello, un socio del calcio Club Atletico Banfield, il quale aveva ”prestato”, al fine di mostrare i modelli da uomo della maison, alcuni ragazzi della squadra giovanile come indossatori. Squadra allenata proprio in quel periodo da Felix Zuardo, che li aveva accompagnati e ne era il responsabile.Se ne stava in un angolo del “Defile’”, controllando i ragazzi,quando la sua attenzione fu rapita dalla chioma bruna di una bella ragazza, che sorrideva in compagnia di un amica, anch’essa commessa. Il vestito e la sinuosità di quella donna l’avevano colpito. Quando a fine sfilata il Senor Capello presentò a Felix sua moglie e le due commesse, capi che era amore al primo sguardo. Gli occhi di Jolanda erano pieni di tutto. Occhi scuri che sognano e segnano un uomo che la guarda. Inoltre quel sorriso disarmante cresciuto, forse, sulle lacrime di vite arrivate a cercar fortuna o su posizioni agiate, era prezioso come un fiore sul cemento e immenso come la forza di certe donne. Il claudicante Zuardo e la bellissima Jolanda. Gli parse di essere il protagonista di quelle storie mielose dei film americani che aveva visto in compagnia di altre ragazze al cinematografo.Ebbe la seconda occasione di vederla quando con la scusa di comperare un cappotto per l’imminente inverno si presentò al negozio. Era da più di 10 minuti che fumava nervosamente mentre aspettava al caffè che faceva angolo al lato opposto. Felix aspettava solo che nel negozio non vi fosse nessuno e che Jolanda fosse libera. Appena l‘altra commessa usci per portare immaginò lui, dei vestiti alla sarta per rimodellarli, visto il grande pacchetto fasciato di carta verde che portava con se, prese coraggio ed entrò. La rivide. Gli occhi di lei lo scrutarono con ammirazione ed arrossì un poco al suo saluto. Erano gli stessi occhi che lo avevano stregato la volta prima. Jolanda era vestita con un vestito di cotone rosso corallo che ne evidenziava lo splendido corpo. Lui le chiese un cappotto per l’inverno e parlò generalmente del tempo. Lei capi subito che all’inverno mancavano davvero troppi mesi e che quella doveva essere solo una scusa. Le porse il capo richiesto di colore blu scuro e Felix lo indossò. Dopo averlo indossato, mentre lui si specchiava, lei gli toccò la spalla sinistra.Lui la bloccò con una frase mentre entrambi si guardavano nell’immagine riflessa dello specchio: “Signorina sarei lieto di invitarla al cinematografo ma anche solo a bereun caffe!”.
Lei sorrise con il solito sorriso accattivante che aveva e guardandolo sempre attraverso lo specchio e gli rispose: “perché?… dovrei?“
Lui trasalì, pensò di aver travisato, nel mentre lei aggiunse ridendo: “Scherzavo, con molto piacere prenderò un caffè con lei. Per il cinematografo … in seguito.”
Felix si scosse, si girò,diventò un poco rosso e diede la colpa al cappotto mentre se lo sfilava velocemente aggiundo il fatto che dentro quel negozio faceva davvero troppo caldo. Scambiarono ancora qualche parola poi Felix decise di acquistare il capo e pagò. Lei gli ripose il cappotto dentro un grande sacchetto di carta verde, Felix si avviò verso l’uscita quando lei le chiese:” SignorZuardo,Giovedì è il mio giorno libero che ne dice per il caffè? alle 11.00 alla “Biela” in Recoleta? “.Lui annui, sorrise e rispose contento:“Ci sarò“.
E claudicando se ne andò.
Il giovedì mattina si videro,si sedettero nel giardino del locale che fa angolo sulla strada, sotto la frescura delle piante,presero un caffè e chiacchierarono molto, ebbero modo di conoscersi. Il Giovedì mattina diventò un appuntamento fisso al caffè la Biela. Uscirono qualche sera per andare al cinema ma mai l’invito a cena. Continuarono a vedersi.Passarono un paio di mesi e le feste natalizie ormai erano imminenti. Il giovedì prima di Natale si presentò all’appuntamento con un regalo per Jolanda. Aveva chiesto aiuto e consiglio al suo caro amico Luis Lopez, cosi era andato in un negozio di Banfield ed aveva comperato un braccialetto d’argento a maglia semplice, lo aveva fatto mettere in una scatolina rossa e lo aveva fatto fasciare con del nastro color oro. Lo teneva all’interno della giacca. Si sedettero e dopo aver ordinato due aperitivi al cameriere,Felix con un gesto un poco impacciato tirò fuori il regalo e lo porse a Jolanda. Lei lo prese, arrossì, lo scartò in un silenzio mistico e apri la confezione con mani agitate, come quelle dei bambini a Natale, tirò fuori il bracciale. Sorrise guardando Felix e gli disse:” Questo regalo è splendido. Ora finalmente ho la scusante per baciarti. Visto che in questi incontri non hai mai trovato il coraggio di farlo tu”.Felix perse “connettività” quando sentì le labbra di lei appoggiarsi sulle sue. Si guardarono subito dopo, gli occhi di Jolanda sembravano brillare, il cuore di Felix sembrava impazzito. Felix la baciò ancora e scoprirono insieme il loro gusto, rimanendo solo loro e niente altro. Jolanda era da quel momento il fiore che aveva fatto breccia nel cemento della sua vita. Passarono le feste natalizie insieme, il veglione di Capodanno lo fecero insieme anche quello, presso la sala delle feste del Club Banfield. Lì la dirigenza aveva organizzato per i suoi soci e dipendenti un cenone con veglione.Si baciarono sotto il vischio.Si baciarono sotto un cielo terso con quella brezza calda che arriva dal mare, che solo il mese di dicembre a Buenos Aires sa regalare. L’amore era sbocciato e stava fiorendo in tutti i sensi.Il frequentare quella donna, portarla in giro per i giardini di Palermo o in barca le domeniche d’estate sul Tigre ne faceva un uomo felice, la cosa si rifaceva anche sulle prestazioni della squadra giovanile che in quel periodo allenava. Alla fine dell’anno erano già sposati.Il lavoro di lei e il contratto da allenatore delle giovanili non permettevano che una modesta casa, ma quella di calle Pena fu il loro nido d’amore. Negli anni a seguire le commesse erano cresciute in numero, come era cresciuto il giro d’affari del negozio della signora Tina.Ormai era diventato un punto di riferimento nel quartiere. Tutte le persone agiate che desideravano gli ultimi gridi in fatto di moda frequentavano quella “tienda”. Jolanda era cosi diventata capo venditrice e spesso e volentieri faceva le veci della signora Tina in tutto e per tutto. Felix grazie alla sua diligenza e caparbietà nell’allenare la squadra giovanile, aveva ben impressionato la nuova dirigenza che si era da poco insediata con il presidente Florencio Sola eletto per la seconda volta. Aveva avuto offerte da altre squadre, ma il sogno era allenare la prima squadra, la stessa squadra dove aveva giocato. Erano anni in cui il quartiere si andava espandendo come si espandeva tutto quello che gravitava intorno a Buenos Aires , il boom economico sembrava inarrestabile e si era in pieno periodo Peronista. Le amicizie che avevano Jolanda e suo marito Felix, portavano la coppia spesso e volentieri a cena il fine settimana presso il Jokey Club o all’ ippodromo dove era facile vedere il gotha della società argentina di quel tempo e soprattutto gli sportivi del pallone ma anche del polo e del tennis,che era in grande espansione in quel momento. Il lusso che annusavano quotidianamente non aveva scalfito i loro personali giudizi in fatto di vita pratica, l’unico pensiero che avevano entrambi era ,però ,il fatto che Jolanda non rimanesse incinta. Anche un paio di pellegrinaggi al santuario della madonna di Lujan, pare non avessero sortito esito positivo.Infatti la ragazza rimase in cinta, per ben due volte ma nei primi mesi, in entrambe i casi perse il bambino. Solo nel 1961 finalmente riuscì a rimanere gravida dopo una cura del dottor Rotterman ed esattamente il 5 novembre 1961 venne alla luce Francisco.I mesi precedenti erano stati alquanto lieti per entrambi. Feliz aveva deciso di rifiutare l’offerta di allenare in segunda division, rinunciando ad un lauto stipendio per starle vicina. Il dottor Rottermann si era raccomandato sul fatto che la donna sarebbe dovuta stare a riposo. I buoni rapporti con la senora Tina permisero a donna Jolanda di stare a casa i primi mesi,alfine di permettere l’attecchimento del feto e poi di andare secondo le sue esigenze. Di fatto Jolanda andò poche volte. Il tempo lo passava a ricamare e a lavorare a maglia ed uncinetto il corredo del futuro nascituro, non sapendo se maschio o femmina decise di usare il colore bianco e di bordare il tutto in verde, in onore del Banfield. Felix dedicava a sua moglie tutto il tempo necessario escluso il mercoledì e la domenica in cui andava ad assistere ove possibile ,la squadra che gli aveva dato gloria ma poche soddisfazioni. Francisco fu fin da subito un bambino di sana e robusta costituzione come si usa dire. Già dalle elementari notarono che era un ottimo studente molto portato per il disegno. Sembrava che le matite fossero il prolungamento delle sue“ditine”. Disegnava e colorava ogni cosa persino i muri, difatti dietro la libreria esistono ancor oggi un paio di suoi graffiti, che Feliz aveva deciso di cancellare quando cambio disposizione alla sala e fece dipingere la casa di un giallo tenue, ma che in realtà tenne a ricordo.Unico rammarico per Felix fu che Francisco non amava il pallone come lui, non ne fu mai interessato. Preferiva di gran lunga il tennis, non disdegnava la pesca che aveva praticato da piccolo e a cui era molto legato come ricordo,perché era una cosa che aveva potuto condividere con suo padre. A Felix non piaceva la pesca ma l’amore di padre lo portò ben presto ad assecondare le voglie di Francisco. Memorabile fu la volta che andarono sul rio, famiglia al completo. Felix e Francisco stavano armeggiando con canne e pezzettini di pane bagnato, preparando gli ami delle due canne che avevano a disposizione ,dopo aver consumato uno splendido pranzo al sacco preparato da donna Jolanda.La trepidazione del bambino, l’amorevole delicatezza con cui il padre si destreggiava in una pratica non consona e che non sentiva sua, mentre la madre li guardava poco distante sdraiata su di un plaid a righe, ne facevano una famiglia invidiabile. Fu in quei momenti che il galleggiante della canna di Francisco cominciò a nascondersi sott’acqua per poi apparire nuovamente mentre la lenza cominciava a dare strattoni. Felix gridò: “Ha abboccato! Francisco tira!” Francisco emozionato rispose:” Papà che devo fare?” Felix lasciò la sua canna e con prontezza aiuto il bambino a tirare verso riva la preda, tra loro e l’acqua del fiume non cera più di un metro, quella però non aveva nessuna intenzione di mollare così presto e di finire, nella migliore delle ipotesi in una padella. La battaglia non fu pari naturalmente ,perché le braccia dell’ uomo fecero forza, i piedi si puntarono nell’acqua, le mani tirarono all’indietro nel mentre Francisco si scansò. Felix per non perdere la canna che teneva in mano, cadde all’indietro, mettendo il sedere a mollo nell’acqua tra le risa del bambino e di Jolanda che guardava da pochi metri, felici entrambi per l’eventuale pesce pescato. La preda fu tirata su dal rio e consegnata a Francisco. L’evento fu immortalato in una foto da donna Jolanda, Francisco con il pesciolino e la canna, un ricordo come si conviene con i grandi pescatori. Da quel giorno fece bella mostra in salotto di casa Zuardo in una cornice di plata.

LA CARRIERA DI UN PERDENTE
Felix Zuardo aveva cominciato a giocare al calcio nel “barrio” * (quartiere)di Liniers dove era cresciuto, tra la polvere e il letame essiccato del campetto. Lì aveva vissuto sfide interminabili immedesimando il campione del momento e vincendo coppe e titoli immaginari. Il campo veniva recuperato di giorno dal piazzale, dove la notte sostavano i camion di rientro dai loro viaggi dalle “hestancie“,qui caricavamo centinaia di capi di bestiame per portarli al macello e poi fare ritorno. Suo padre era uno dei tanti macellai che lavoravano ininterrottamente nel matadero, (Il matadero del sur, si trovava in origine accanto all’attuale Plaza Costitucion, fu trasferito ad ovest alla fine del 1800 e ribattezzato Los Corrales per poi essere definitivamente spostato alla zona periferica della città nel 1901, nella zona chiamata Nueva Chicago ora Liniers non distante da Banfield). La vista del matadero da lontano è sempre stata grottesca e a Felix fin da piccolo,faceva un po’ di paura. Era un posto rumoroso e pieno di odori non piacevoli. I capi di bestiame venivano trascinati in appositi incanalamenti e più di cento persone allora pestavano i piedi nel fango insanguinato per spingerle verso il loro ultimo viaggio all’interno dell’edificio. Lì i bovini emettono il loro ultimo muggito di morte, ancora oggi. Nel piazzale antistante si muovevano e si muovono tuttora ,venditori di bestiame, camionisti che aspettano di caricare o scaricare,mediatori, squadre di macellai e, in questo periodo, anche persone indigenti che chiedono frattaglie e viscere per poter mettere insieme ciò che l’inflazione e il governo militare gli ha levato.La figura prominente di tutto questo gruppo era ed è il macellaio. Fernando Zuardo era uno di loro un macellaio, una figura da cartolina a quei tempi,coltello in mano camicia e pantaloni da “gaucho”, avambracci e grembiule di pelle macchiati di sangue. Il mattatoio provvede a sfamare questa popolazione divoratrice di carne bovina da sempre. In casa Zuardo la carne non mancava mai. La madre di Felix ,invece ,era una signora minuta di origine Francese e ,precisamente ,della provenza nella zona vicino a Marsiglia, si Chiamava Jaqueline Dubois. Il fato e un addetto alla anagrafe però non conoscendo molto bene la scrittura l’aveva registrata alla nascita in Argentina come Jaqlina Dubois, che con la pronuncia castellana sembrava più un suono gutturale legato alla parola “ina”.
La signora lavorava presso una ditta che si occupava di triturare le ossa che si recuperavano al matadero per farne, poi, sapone. Felix ai tempi era un ragazzino mingherlino, anche se la carne non mancava mai, come a tutto il popolo argentino.Dotato di una buona tecnica, di un discreto destro ma soprattutto di un ottimo sinistro era un amante della pelota. La sua flessuosità e la sua “garra” *(grinta), facevano di lui un piccolo Sivori, per farvi capire,sempre pronto a scartare ed aggirare l’avversario con ottime giocate. Fu Luis Lopez a trovarlo. Un mediatore sportivo, se vogliamo definirlo cosi, il quale arrotondava lo stipendio da magazziniere e segretario del club Atletico Banfield, cercando nuove promesse calcistiche. Diventò in seguito il miglior amico e confidente del ragazzo.In quel periodo, dove il calcio era relegato a parte secondaria degli sport che si praticavano in grandi numeri, Lopez lo notò su quel campetto e lo invitò a provare ad affinare le sue doti in un vero club, fu così che appena 17enne diventò ,senza saperlo,un giocatore di calcio. Lopez lo accompagno durante quasi tutta la sua vita calcistica dai primi calci alla “pelota” e via via al‘interno del Club Atletico Banfield, che era stato fondato nell ormai lontano 1896. Il Banfield prende il nome in onore di Edward Banfield un dirigente britannico della compagnia ferroviaria Gran Ferrocarril del Sur, il club ,come tutte le squadre e come parecchi giocatori, hanno dei soprannomi e quello del Banfield è il “talardo” *(trapano)*. Nome derivato dalla stagione 1930 quando il giornale El Pampero definì gli attaccanti della squadra come dei trapani per la facilità con cui bucavano le difese avversarie.Tra quegli attaccanti figurava anche Felix Zuardo. Nei club, come allora, ed in parte oggi ,si poteva praticare quasi ogni tipo di sport, infatti fino alla fine del 1910 il calcio era relegato in secondo piano e primeggiavano il tennis e ,soprattutto ,il cricket. Nel 1920 il Banfield mise in bacheca il suo primo trofeo battendo il Boca Junior per due reti a uno nella Copa de Honor de la Municipalidad de Buenos Aires. Il Banfield è tradizionalmente una delle squadre più seguite nella parte meridionale dell’area metropolitana della Grande Buenos Aires, nonché la più seguita in assoluto nel distretto di Lomas de Zamora. Tornando a noi, erano gli anni venti e i club erano un ottimo punto di aggregazione e stato sociale della borghesia; se ne facevi parte , con un po’ di fortuna e qualche amicizia, potevi ambire a fare il calciatore in quei primi campionati semi professionisti ,dove venivi pagato con cibo e lavoretti saltuari più che con una vera paga. La grande depressione americana aveva lasciato il segno ma l Argentina di quegli anni era in piena espansione economica, gli immigrati arrivavano a flotte con bastimenti di ogni tipo, il quartiere la Boca straripava ogni giorno di masnade di persone provenienti dal vecchio continente e ,soprattutto, dall’ Italia. Proprio gli italiani e anche in parte gli spagnoli andarono a ingrossare la manodopera della nascente industria argentina, ma la domenica era sacra: “C’era il pallone, c’era la partita!”
Pensate che nel 1928 in argentina si ebbe addirittura un campionato a 36 squadre per poter accontentare un po’ tutti i club gravitanti a Buenos Aires e nelle provincie limitrofe. Quando Zuardo si presentò al campo di allenamento la prima volta, accompagnato da Lopez,era un ragazzino e, vedendo tutto quel lustro ,si emozionò.
La sua tecnica gli permise però di far bella figura fin da subito, gli anni passarono, lui crebbe calcisticamente e anche come uomo,fino a che ,con alterne fortune, riuscì a firmare il suo primo contratto quando ormai il calcio era diventato a tutti gli effetti professionistico. Esordi in prima squadra e si ritagliò un posto da titolare. Il club allora militava nella segunda division, parliamo della metà degli anni 20. I club più ricchi quale il Boca Juniors, il River Plate, l’Argentinos Junior, l’Huracan, il Racing Club e l’Estudiantes potevano contare su presidenti e capitani d’industria ,sia argentini che di origine inglese, i quali investivano parte dei loro soldi nell’allestimento delle squadre e che permettevano a loro di tener sotto controllo quel innumerevole folla di tifosi, ma anche“loro”lavoratori.
I lavoratori affiliandosi al club ne diventavano soci, ed era più facile manovrarli, renderli più malleabili nelle questione lavorative, cosi’ parecchi ricchi borghesi usavano questo stratagemma per imbonirsi i propri lavoratori regalando biglietti o pranzi nei club. I sindacati del lavoro erano tenuti ai margini o usati anche loro per questo scopo. Il Club Banfield ,a parte il secondo posto del 1920, si era impegnato in deludenti campionati prima divisione e aveva perlopiù vivacchiato nella segunda division come già detto. Il giorno del debutto era una domenica grigia, il Banfield ospitava il Club Belgrano, formazione di maggior caratura tecnica e di ambizioni di promozione,le ottime prestazioni di Zuardo negli allenamenti e l’opera di convincimento di Luis Lopez avevano fatto decidere l’allora trainer Hernesto Mendoza, di convocarlo per quella partita. L’allenatore, non vedeva benissimo Felix, causa il suo fisico magrolino e secondo lui poco incline al gioco maschio del calcio argentino. Il Banfield perdeva 1 -2 contro il Belgrano, l’orologio appeso al panciotto di Mendoza indicava il 68° del secondo tempo, il cielo era sempre più grigio. Mendoza decise il cambio 2 minuti più tardi, Zuardo sfoggiava la maglietta bianco verde senza numero.Venne richiamato l’ala sinistra titolare, Horacio Osorio, il campo era pervaso dalle urla dei tifosi, neanche tanto numerosi, e dalla forte agitazione di Felix. Quando il direttore di gara in giacchetta nera e cappello fece cenno di entrare … fu un sussulto al cuore. La manovra sembrava mai passare dalle sue parti, il pallone era sempre dalla parte destra o al centro e il giocatore che comandava il gioco sembrava ignorarlo. Il difensore del Belgrano su un calcio d’angolo a favore dei padroni di casa fece subito capire a Felix di che pasta era fatto lui ed il calcio argentino professionistico, assestandogli un colpo con il gomito al ventre e trattenendolo allo scatto, lasciandolo di fatto senza fiato.
Sembrava ormai che lui non fosse in campo, che nessuno si fosse accorto del suo esordio, le grida sembravano fargli fischiare le orecchie. Vedeva Mendoza agitarsi dalla panchina dall’altra parte del campo, non capiva, non si divertiva, lui voleva giocare al pallone, giocare il pallone. In quell’istante, mentre era assorto tra i suoi pensieri negativi una “spizzata” di testa, non si sa se di un avversario o di un compagno gli fecero arrivare il pallone tra i piedi. Il cielo non era più grigio, ma nero, le nuvole sembravano pronte a scatenare la pioggia, la “Garra”, ora o mai più pensò. Si mosse accarezzando la “pelota“con il piede sinistro, si insinuò sulla fascia.Un avversario vicino a lui non riuscì a raggiungerlo ed il difensore davanti a lui sembrò pronto ad abbatterlo ,come si fa al macello con i tori, lo aveva ormai davanti, la palla sembrava incollata,una magia e il pallone sparì.L’aria era già nei polmoni e pronta ad uscire come una vaporiera.Respirò, lo saltò con una finta di corpo, come si fa quando si scansa qualche ostacolo, si con quel fisico asciutto da farlo sembrare uno spaghetto, lasciò l’avversario sul posto e si avvicinò all’aera di rigore. A quei tempi la lunetta non esisteva ancora ma da quelle parti c’era smarcato, avanzato a due avversari ,Patricio Pisano detto “El carrill“,arrivato in argentina da bambino dalla toscana,suo padre ferroviere all’azienda di stato e socio del Banfield club. “El Carrill” èun omone forte e possente come una locomotiva a vapore che attraversa la pampa, ricci e neri i capelli, carnagione scura, baffi e basette setose sguardo da uomo di malaffare.
Felix come un calciatore vero alzòla testa vide Pisano e lo servì in corsa, il “delantero”ebbe solo bisogno di scagliare quella palla in porta. Efu cosi! Un tiro che sembrò una cannonata, preciso, che si insaccò e bruciò le mani senza guanti del portiere avversario. Tempo di festeggiare sotto ormai un acquazzone insistente,“El Carril“alzò il pugno al cielo e andò verso Felix:“Bravofidelito!”
Da quel giorno quel ragazzino alla “Cancha del Banfield“fu e sarà El Fidelito.Tradotto liberamente ha il significato di spaghetto, il fisico minuto ne faceva ricordare la forma anche se la tecnica gli permetteva di essere al di sopra di diversi giocatori in quell’ epoca. L’annata del 1930 fu una delle più belle vissute da Felix, fu un po’ come la consacrazioni tra i grandi. Fu l’anno che il giornale il El Pampero definì i giocatori del Banfield “Itrapani “come già accennato precedentemente in cui vinsero il campionato. La stagione seguente il Banfield fu invitato a giocare per diritto nella prima divisione, appena creata dalla associazione AFA che comprendeva solo squadre professionistiche, i dirigenti di allora declinarono l’offerta ritenendo che per il club fosse meglio non parteciparvi per rischiare di fare la cenerentola tra tanti club più ricchi e di rimanere in segunda division e vincere il campionato con i campioni che avevano già a disposizione. Felix Zuardo era ormai diventato un giocatore inamovibile, sicuramente non il più bravo, perché in quell’anno figuravano un paio di campioni come Renato Costa, Mauricio Perez, Alejandro Civeli. Questi giocatori ed anche altri però ricevettero offerte da squadre di primera division e lasciarono la squadra, a quel punto il Banfield chiese di poter partecipare alla primera division, visto l’invito dell’AFA, fatto pochi mesi prima. Fu tutto inutile il posto era stato preso dal San Lorenzo che non aveva nessuna intenzione di retrocedere a tavolino. Con una rosa decimata il giocatore più forte risultò essere il nostro Felix. Il Banfield e Felix ce la misero tutta ma alla squadra non riuscì la promozione, dopo quell’annata il club vivacchiò sempre in segunda division,giocando diverse annate tutte con giocatori di mediocre spessore tecnico e con deludenti prestazioni. Nel 1937 Felix abbandonò la carriera per via di un infortunio che ne minò la camminata per sempre. Il Banfield era sesto in classifica e ormai avulso da sogni di promozione, ospitava il Godoy Cruz di Mendoza, anch’esso ormai salvo. La partita era sul risultato di 1 – 1, mancava ormai poco al termine del primo tempo, quando con la solita giocata il regista del Banfield toccò palla per il centravanti che fece la sponda con un colpo di testa. La palla arrivò a Felix che si imbucò tra due avversari grazie alla sua velocità e con la solita finta mise in fallo anche il libero, ultimo uomo, davanti a lui solo la porta e il portiere avversario. Quello, forse impaurito usci a valanga sul povero Zuardo e nella caduta non si sa se per colpa dell’avversario o perché avesse messo male il piede,la caviglia sinistra si spezzò. Urla lancinanti provenivano dalla sua bocca mentre un silenzio incredibile avvolgeva lo stadio. Fu subito portato in ospedale con un taxi da Lopez e da una riserva suo compagno di squadra. Arrivò all’ospedale ma non venne operato e, in poco più di due mesi fu, messo in piedi con l’impossibilità di giocare per sempre. Questo perché non essendo possibile operarlo, ai tempi l’ospedale situato a Banfield non era il meglio che si potesse trovare, venne solo ingessato.
La caviglia sinistra si era saldata un poco inclinata e la gamba sinistra sembrava più corta.Anche il Professore di ortopedia dell’ospedale non ebbe esitazioni a dirgli che avrebbe dovuto cambiar mestiere, che con il pallone era finita, che avrebbe anche avuto problemi di deambulazione. Per lui fu uno strazio, la sua carriera mai decollata era già arrivata al capolinea. Non vedeva speranze per il futuro, la strada la vedeva in salita e, perdipiù, doveva farla claudicando come uno storpio.Alla fine della stagione 1938 la squadra retrocesse in terzera division; un gruppo di membri del club propose al giovane imprenditore Florencio Sola di assumere la presidenza della società. Il club era in condizioni critiche ma l’imprenditore accettò. Approfittando del fatto che amicizie vicino a lui lo avevano messo a conoscenza che il Club Estudiantil Porteno, iscritto in segunda division ,non avrebbe partecipato per dissidi con l’AFA,Florencio Sola riuscì a far ripescare il Banfield, che evitò cosi di giocare in terza divisione. Per affrontare il campionato del 1939, grazie alle sue ottime conoscenze, ottenne in prestito molti giocatori che erano riserve in squadre di primera division e con una squadra finalmente competitiva, al termine del campionato il Banfield fu promosso.Nel frattempo Felix ,il “fidelito” ,era andato a fare da secondo al direttore tecnico della squadragiovanile grazie all’intercedere del amico Luis Lopez. Il Banfield rinnovò completamente la squadra per la stagione 1940 , con giocatori del calibro di Rafael Sanz, Eduardo Silvera, John Baptist Busuzzo,Alfredo De Teran, Armando Farro e altri , si apprestò cosi per il campionato.Lo stadio del Banfield (in seguito intitolato a “Florencio Sola"), fu ricostruito nel 1940 nella città di Banfield. Per celebrare la sua inaugurazione ebbe luogo un incontro contro l’Indipendiente, che il Banfield perse 1-0 con un gol di Arsenio Erico. Nel 1941, la squadra fu punita con 16 punti di penalità per un tentativo di combine, ma la squadra riuscì comunque ad evitare la retrocessione, vincendo all'ultima giornata contro il Rosario Central. Dopo la retrocessione nel 1944, nel 1945 Joseph Agulla assunse la presidenza del club ma, a seguito di una crisi dirigenziale, fu sostituito verso fine anno da Remigio Sola, fratello di Florencio. Sotto la sua presidenza fu costruita una squadra competitiva che vinse il campionato di Seconda Divisione, stabilendo una serie di record che sarebbero stati battuti solo quarant'anni dopo.
Nel 1948, Florencio Sola divenne presidente per la seconda volta e tentò di costituire una squadra competitiva acquistando diversi giocatori, ma i risultati furono di gran lunga inferiori alle attese ed il Banfield rischiò la retrocessione. Nelle ultime cinque giornate, a causa di uno sciopero dei calciatori professionisti, tutte le squadre schierarono in campo i giocatori delle giovanili.
L'allenatore Renato Cesarini grazie ai giovani allenati da Felix Zuardo ottenne nelle ultime cinque giornate 10 punti che permisero al Banfield di conquistare la salvezza. L’anno seguente fu chiamato sulla panchina il nostro Felix, dopo che Cesarini decise di andare a tentar fortuna in un’altra squadra. Felix fu chiamato al telefono durante l’allenamento del pomeriggio della squadra giovanile ,dall’altra parte del microfono c’era il presidente Florencio Sola che lo invitava a presentarsi nel suo ufficio per comunicazioni urgenti. Zuardo lasciò l’allenamento nelle mani del suo vice e “corse” in presidenza. Ufficio che era nell’ edifico che distava poche rampe di scale dal campo di calcio. Un poco agitato si presentò alla segretaria che bussò alla porta dicendo che il signor Zuardo era arrivato. Venne fatto accomodare. Nel ufficio vi era il presidente Florencio, il fratello Remigio, il senor Capello e il segretario generale Ostencio, salutò tutti scusandosi di essere in tuta da ginnastica e ancora sudato.
Il senor Capello fu il primo a parlare, partì con un preambolo che sembrava non finire mai, dipingendo Felix come una persona di sani principi, che si intendeva di calcio e ,soprattutto, che avrebbe potuto valorizzare la squadra che si era appena salvata. Remigio fermò Capello e disse con tono pacato ma imperativo:“Bando alle ciance:Lei se la sentirebbe di allenare la prima squadra nel prossimo campionato?”
Felix perse la poca saliva che aveva, aveva anche pensato che avessero deciso di licenziarlo ed invece gli proponevano la prima squadra. Le parole fecero fatica ad uscire, per spezzare l’emozione accese una sigaretta e con sicurezza magistrale disse:“Sono onorato di accettare la squadra e i colori che hanno accompagnato tutta la mia vita”.Florencio si avvicinò con in mano un sigaro cubano ormai spento e convenne che era arrivato il momento di un brindisi, intanto si erano fatte le 11.00 del mattino. Chiamò la segretaria che si occupasse dei bicchieri e della bottiglia, fece un cenno al segretario generale di tirare fuori il contratto e ,nel mentre ,rivolgendosi sempre a Felix:“Senor Zuardo che ne dice se le duplichiamo lo stipendio che percepisce ora?”Porgendogli un sigaro. Felix accettò il cubano lo bagnò tra le labbra e, poi, si tese verso Remigio che era già pronto con un accendino acceso di ottima fattura e,sicuramente, d’oro. Tirò la prima boccata e sempre con una calma che non sembrava sua:”Senor presidente sono lusingato dell’offerta remunerativa che mi avete proposto, desidererei però solo una cosa ancora …“e lasciò cadere il discorso.
Florencio con decisione chiese:“Ci dica non ci tenga sulle spine”. Felix con voce ferma:“Vorrei che il club mi mettesse a disposizione un segretario, o meglio che fosse il mio vice non sul campo ma per quello che riguarda le comunicazioni tra me, il club ,i giocatori e voi. Quell’uomo dovrà essere Luis Lopez! Naturalmente vorrei che il suo stipendio fosse adeguato alla nova qualifica”. I quattro si guardarono perplessi, non capendo bene la figura richiesta da Zuardo, ma acconsentirono di buon grado. Infondo avevano tra le mani una promessa come allenatore che costava molto meno dei predecessori e anche l’aggiunta di uno stipendio nei confronti di Lopez, non era il problema in quel momento. Feliz Zuardo nel 1949 guidò la squadra in primera division per la prima volta.La stagione iniziò con una serie di tre pareggi che avevano fatto storcere il naso già a parecchi sostenitori del club e pure da una parte di dirigenza che era stata contraria alla sua assunzione. La formazione annoverava diversi campioni uscenti da altre squadre e giovani talenti della “sua cantera” , fu tutto molto difficile , riuscire ad amalgamare giocatori che non riconoscevano a pieno le direttive del tecnico e giovani che invece lo seguivano sperando di continuare la carriera appena cominciata .Il campionato tra alti e bassi ,fu comunque da considerare un successo ,infatti il bottino di 12 vittorie e 11pareggi con altrettante sconfitte portarono ad un onorevole settimo posto che valse la conferma a Felix . L’anno seguente con l‘ innesto di 3 giocatori chiave ,si gettarono le basi per il miracolo. Mi permetto di fare una premessa, la squadra come la maggior parte delle squadre in sud America giocava con il classico 2-3-5.

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view post Posted on 30/12/2019, 15:02
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" FEDERICO SOLARI " OSC PIER CREW GENOVA "

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